mercoledì 9 ottobre 2013

The Millionaire

The Millionaire



REGIA: Danny Boyle
TITOLO ORIGINALE: Slumdog Millionaire
SCENEGGIATURA: Simon Beaufoy
ATTORI: Anil Kapoor, Dev Patel, Freida Pinto, Mia Drake
FOTOGRAFIA: Anthony Dod Mantle
MONTAGGIO: Chris Dickens
MUSICHE: A.R. Rahman
PRODUZIONE: Celador Films
DISTRIBUZIONE: Lucky Red
PAESE: Gran Bretagna, USA 2008
DURATA: 120 Min

Jamal Malik è un giovane ragazzo cresciuto nelle bidonville di Mumbay (ex Bombay) e che sta per coronare il sogno di molti, avendo l’opportunità di vincere 20 milioni di rupie ad un quiz televisivo (quel Chi vuol essere milionario, format occidentale e di diffusione mondiale, simbolo della nuova globalizzazione, ma anche del miraggio di un benessere di stampo capitalistico che l’India va inseguendo; quando alla fine Jamal vincerà tutta l'India applaudirà il parvenu vincitore).


Quello che è l’incipit del film ci presenta in realtà una situazione più complessa. Jamal è nello scantinato di un commissariato di polizia, torturato da un agente che vuole sapere come un ragazzo come lui sia potuto arrivare a giocarsi così tanti soldi nel quiz. I primi piani di Jamal sono alternati alle immagini del suo trionfale ingresso nello studio televisivo (che fa da contrasto con le umiliazioni subite dall’agente) e al dettaglio di centinaia di banconote che volano, quasi a confermare il sogno di successo, attraverso il denaro, che il giovane sta coltivando. Il montaggio parallelo offre immagini in analogia (come la pacca sulla spalla che il presentatore dà a Jamal in parallelo allo schiaffo che lo stesso Jamal subisce dall’agente di polizia; ad un successivo schiaffo corrisponde un Jamal stordito di fronte alle telecamere televisive; oppure la domanda posta dal presentatore su quale sia il lavoro del ragazzo e la risposta che si evince dall’interrogatorio in commissariato).




Un breve flash di uno spaesato Jamal nello studio televisivo ci dice però che la sua mente ha qualcos’altro a cui pensare e così vediamo una sorridente ragazza che guarda verso la macchina da presa nel mezzo di una stazione ferroviaria con treni in movimento (primo accenno alla metafora dell’India come treno in movimento). Tutto questo complesso mosaico contraddistingue le prime inquadrature del film e ci invita a mettere insieme, per ora, tasselli vaghi e ambigui. Lo svolgimento del film chiarirà quelle immagini di apertura e ribalterà il senso, percepito inizialmente, di alcune di esse.



Vi è poi la domanda di apertura che non è una domanda del quiz, ma è il quesito dell’istanza narrante (una sorta di narratore esterno che detta la morale) posta allo spettatore e dentro cui si racchiude il senso della storia: 
A Jamal Malik manca una risposta per vincere 20 milioni di rupie. Come ha fatto?
A) Ha imbrogliato  B) E’ fortunato  C) E’ un genio  D) Era scritto
Il film si presenta proprio come una favola del destino in cui tutto sembra scritto, quasi con un manzoniano ed ottimistico provvidenzialismo che abbraccia le miserie e i successi dei protagonisti.
Dopo questo folgorante inizio (da cui potremmo evincere anche come per il ragazzo le pressanti domande del presentatore siano una sorta di tortura, visto anche l’atteggiamento irrisorio e strafottente dello stesso anchorman) il film si apre alla vicenda, pur rimanendo costruito su più piani temporali che si intersecano e così con un flashback ci troviamo nella Mumbay di parecchi anni prima (1992), quando ancora si chiamava Bombay (cambierà nome nel 1995) e quando Jamal era un ragazzino che giocava sulla pista d’atterraggio di un aeroporto locale. Il film, tra l’altro, non ha una presentazione iniziale classica e il titolo lo si può leggere sulla maglietta di un ragazzino che porta la scritta: Slumdog Millionaire (il milionario delle bidonville).




L’inseguimento del poliziotto ai due fratelli (Jaale Salim) ci conduce dentro il mondo delle bidonville attraversato di corsa (una soggettiva quasi continua) tra la sporcizia e il degrado che lo contraddistingue. Una Mercedes bianca compare d’improvviso dentro questo inferno e il poliziotto mostra riverenza per colui che vi siede all’interno. Questo personaggio tornerà nella vicenda (sarà colui che porterà Latika nella propria villa e che assolderà Salim come gangster).


Con uno stile carico di colori, con un montaggio frenetico ed inquadrature sofisticate e mosse (a questo proposito si può discutere sulla scelta stilistica di rendere quel mondo così colorato e di filmarlo in modo così spettacolare, ma torneremo sopra alla questione più avanti), la storia prosegue e ci mostra come il protagonista sia letteralmente emerso dalla merda. Una immagine simbolica che ben rende l’idea del punto di partenza del percorso di Jamal. Per ottenere l’autografo di una stella del cinema indiano Jamal si getta dentro gli escrementi e ne emerge (ogni episodio ricordato da Jamal entra in relazione con le risposte date al quiz, lasciando emergere il peso del destino e del caso nella vita). L’autografo è qualcosa di prezioso e personale, il bambino ne va fiero ma il fratello vende ben presto quella “reliquia” per ricavarne del denaro e, del resto, lo stesso Salim controllava i bagni per ricavarne dei soldi. Emerge dunque, con chiarezza, la differenza tra i due fratelli nel modo di vedere ed intendere la vita: uno più idealista (Jamal) l’altro più opportunista e realista (Salim). Quest’ultimo rappresenta proprio l’indiano che fugge dalla vita delle baracche grazie al compromesso e alla continua ricerca di una affermazione personale attraverso il denaro e il potere, il percorso di Jamal sarà ben diverso.


Nel 1992 l’India è percorsa dai fremiti di una vera e propria guerra di religione; musulmani, induisti, adoratori di Rama si scontrano di continuo. In una di queste incursioni Jamal perde la propria madre. Il doppiaggio del film ci indica i musulmani come autori di tale scempio (un uomo tra la folla grida: scappiamo sono musulmani. Ma la frase originale è: prendiamoli sono musulmani); in realtà, come sappiamo, la famiglia di Jamal è musulmana e dunque sembra un errore di traduzione quello che vorrebbe i seguaci di Allah autori dell’attacco alle bidonville. Nella scena si può notare l’uso intenso di un punto di vista soggettivo: noi vediamo e sentiamo ciò che accade attraverso il punto di vista di Jamal, tant’è che l’arrivo dei fanatici è, acusticamente, distorto e soffocato perché il protagonista è immerso nell’acqua e quando ne emerge ha difficoltà a sentire normalmente. Spesso la macchina da presa è ad altezza di bambino e un bambino è anche il Rama che i due fratelli incontrano tra i vicoli della città di baracche, un’altra piccola ed inconsapevole vittima del fanatismo religioso.



Sulla falsariga della prima domanda il quiz prosegue e per ogni quesito si apre un flashback che è occasione per chiarire la vicenda del protagonista, ma anche una finestra sull’India e sulle sue contraddizioni ( il motto che campeggia sulla bandiera indiana, è una delle domande indica che il paese è uno stato basato sulla verità, sulla truffa, sulla moda o sul denaro? Domanda che ha un chiaro riferimento alla strada che il colosso sta prendendo. E’ la domanda chiave rivolta da un intero popolo in marcia, come un treno in corsa che non si può fermare).


Così se viene chiamato in causa un grande poeta indiano che offre una propria preghiera al Dio Ganesha, nello stesso momento vediamo bambini rovistare tra i rifiuti, montagne di rifiuti.
Qui fa la sua comparsa il vero e proprio orco di questa moderna favola. Si presenta con la dolce gentilezza di una brava persona che offre una Coca Cola ai poveri bambini assetati, ma in realtà si rivelerà essere nient’altro che uno sfruttatore, sadico e senza scrupoli capace di accecare le proprie vittime per farne delle perfette macchine da elemosina (bambini raccolti tra i rifiuti, essi stessi rifiuti umani e il camioncino dell'orco ha gli stessi colori del camion che raccoglie la spazzatura). In questo senso Salim capisce perfettamente la logica di quella situazione e non si fa scrupolo si suggerire ai malcapitati compagni di sfruttare il pianto di una piccola bambina per ottenere maggiori guadagni (una inquadratura ci mostra i ragazzini chiedere le elemosina con una soggettiva, quasi che fossimo noi spettatori a essere chiamati in causa). Jamal sogna una vita di benessere in una villa con Latika e non sa che quel destino sarà della bambina, ma a costo della perdita della felicità.




Il treno in corsa, la fuga dell’orco, Salim che lascia volontariamente la mano di Latika ci conducono ad un flash forward (una corsa in avanti) di alcuni anni che rotolano come i nostri eroi. Il treno è il simbolo dell’India che avanza (e treni compaiono continuamente, anche nel flash del film bollywoodiano evocato dal piccolo Jamal), si modernizza, dell’India che fa di Bombay la moderna Mumbay e dentro cui si muovono e lottano per sopravvivere i due bambini, ora ragazzi;


di fronte a loro, emergente tra la polvere di un turbinio che sembra avvolgere ogni cosa, il Taj Mahal, uno dei monumenti più famosi dell’India, costruito da un re per ricordare la moglie defunta (di nuovo il contrasto tra il nuovo e l'antico, la tradizione, il luogo simbolo del mito indiano). Ecco però anche l’India dei turisti, storica, esotica e colorata (ma Boyle non ha forse fin dall’inizio lo voglia di vedere un mondo colorato come quello che si aspetta un turista?).



La luna ci introduce poi al momento dell’opera: è in scena l’Orfeo ed Euridice (la storia del poeta che con il proprio canto smuoveva le montagne e che scende fino agli inferi per ritrovare l’amata Euridice uccisa dal morso di un serpente), Jamal è involontario spettatore e quando vede l’attore piangere la morte della fanciulla che ama, ecco correre le immagini di Latika che si perde nel buio (dunque come morta) e che cerca qualcosa, cerca Jamal forse e Jamal vuole essere un nuovo Orfeo che va fino agli inferi per ritrovare la propria amata. A chiudere la sequenza ecco la domanda sul denaro, sulla banconota da cento dollari; di nuovo il protagonista è richiamato alla realtà di un gioco in cui sono in ballo premi in denaro e il suo sogno, che invece è legato all’affetto per una ragazza, niente ha a che fare con il desiderio di arricchirsi. Tutto ciò è confermato dalla battuta del commissario che dice: “Non sembri molto interessato ai soldi” e dalla scena in cui Jamal regala 100 dollari al cieco apparentemente senza motivo, in realtà perchè riconosce in lui il povero Arvind, il bambino che l’orco aveva accecato. 


Un uomo sta inondando la scena con un macchinario che nel cinema è utilizzato per creare artificialmente l’effetto della nebbia e dello smog. La finzione si scopre, in mezzo alla nebbia camminano Jamal e Samil alla ricerca di Latika che Arvid ha detto essere diventata Cherry e si trova nel quartiere a luci rosse. 


Dopo la scena della liberazione della ragazza torniamo al quiz e il presentatore ricorda a Jamal che sta vivendo un sogno; la fiaba prende corpo ed Orfeo ritrova la sua Euridice. Tutto questo per poco, perchè l’ombra minacciosa di Salim torna per rovinare tutto; il fratello si è ormai venduto a chi può offrirgli quel successo che ha sempre cercato e Jamal esce sconfitto, almeno per il momento; Latika viene portata via da Salim. A questo punto entriamo nel mondo di Jamal dipendente del call centre (un’altra dichiarazione di finzione è quando un addetto al call centre, rivolgendosi verso la macchina da presa, dice che sono vietate le riprese); il nuovo incontro con Salim ci dice che il fratello di Jamal è ormai parte dell’India che è cresciuta, ma è al centro di un mondo in espansione che si fonda sui traffici di un ex gangster delle baracche (le costruzioni sono riflesse sugli occhiali da sole di Salim, arricchitosi, ma evidentemente vendutosi anche a corruttori e loschi trafficanti). Salim ha coronato il proprio sogno, ma è felice? Jamal lo guarda con sorpresa pregare Allah.




Arriviamo al castello dorato dove è rinchiusa la principessa da liberare. Latika è letteralemente prigioniera (la vediamo dietro le sbarre) di un mondo dorato di cui fa parte anche Salim. Jamal prova a portarla fuori, le dà appuntamento alla Victoria Station, ma di nuovo Salim si frappone al suo sogno portandole via la principessa.

 


Un nuovo passaggio di montaggio ci riporta alla realtà del quiz. Dal Jamal disperato della stazione, passiamo a quello pensieroso, letteralmente a testa in giù, così come lo vediamo di riflesso nello specchio del bagno, dove il presentatore cerca di ingannarlo scrivendo sul vetro appannato la risposta sbagliata alla successiva domanda. Qui emerge l’invidia dell’anchorman che rappresenta l’esempio vivente di chi ce l’ha fatta ad uscire dagli slums in maniera onesta e diventare qualcuno, ma Jamal sta per rubargli la scena e questo è inaccettabile: “Da accattone a sultano” (dagli slums al Taj Mahal aggiungiamo noi) un percorso unico che non può essere condiviso.


Salim si redime liberando Latika ed uccidendo il nuovo orco prima di farla finita nella vasca da bagno, riempita di quel denaro che ha inseguito per tutta la vita e che ora vede come un inutile ingombro.


I due giovani, finalmente ricongiunti possono ballare la propria felicità e scompaiono tra le nebbia che avvolge in treni fermi alla stazione. Quella nebbia sappiamo che è falsa (abbiamo letteralmente visto chi la produce artificialmente nel film) e dunque il finale può essere letto come un atto dovuto allo happy ending di certo cinema, ma rimane illusorio e precario come la condizione dei giovani di un paese che stenta ad offrire lo spazio del sogno per le nuove generazioni.



L'India come luogo di contraddizioni che Boyle evidenzia anche attraverso il proprio stile (filmare la miseria con i colori fiammanti di un musical hollywoodiano o imitando la Bollywood dei melodrammi kitsch e sgargianti; basti vedere i titoli di coda realizzati coi classici caratteri Bollywood e il regista che si inscrive su una immagine con una donna che porta un sacco sulla testa e un ponte che si slancia verso il futuro);


l'India come un treno in corsa che sembra non fermarsi verso un progresso che deve però fare i conti con una tradizione primitiva dura a morire (e non è un caso che il ballo finale si svolga tra i binari di una stazione);


tradizione che viene  presentata come una realtà che vede sopravvivere un'anima tribale e mitica (vedi le improvvise escalation di violenza fanatica e religiosa); il tutto raccontato con un impianto per niente realistico (a partire dallo stile da videoclip) che è tanto nella trama favolisitica (di favola si tratta e gli elementi di finzione ben evidenziati son lì a dimostrare le intenzioni non realistiche di Boyle), quanto nella definizione dei personaggi che sembrano vere e proprie maschere o tipi delle fiabe (l'eroe, la principessa rapita da salvare, l'orco, le prove da superare, come le domande del quiz che sembrano, nella loro stretta aderenza alla vita di Jamal, gli enigmi ancestrali che l'eroe deve risolvere per ingraziarsi la divinità ed avere salva la vita).




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