venerdì 19 agosto 2016

Guerra e Pace





Guerra e pace
Titolo originale: Voyna i mir   Anno di produzione: 1966   Produzione: Unione Sovietica
Regia: Sergey Bondarchuk
Interpreti: Sergey Bondarchuk as Pierre, Lyudmila Savelyeva as Natasha, Vyacheslav Tikhonov as Andrei, Victor Stanitsyn as Count Rostov, Oleg Tabakov as Nikolai

Il film di Bondarchuk è un’opera immane che ha preso corpo negli anni Sessanta con l’intento di riappropriarsi del mondo di Tolstoj attraverso il linguaggio cinematografico restituendo al popolo russo una versione filmica del grande capolavoro della loro letteratura (e rispondendo al film di King Vidor, una coproduzione italo americana che aveva ottenuto un grande successo anche in Unione Sovietica.
Il film ebbe il sostegno dello stato sovietico che mise a disposizione l’Armata Rossa ed aprì alla collaborazione dei più importanti musei dell’Unione Sovietica. Nonostante la supervisione dello stato sovietico il film, maestoso e grandioso, non tradisce lo spirito di Tolstoj anche nei suoi aspetti che potrebbero stridere con l’ideologia comunista, evidenziando un grande sentimento religioso che pervade evidentemente il popolo russo e celebrando la pace come necessità affinché l’uomo, al di là delle razze e delle idee, possa vivere appieno l’esistenza nel suo scorrere vitale e naturale.

Tolstoj: L’artista per poter influire sugli altri deve essere in costante analisi, perché la sua opera sia una costante ricerca. Se sa e ha trovato tutto e se vuole insegnare o divertire, non può agire. Il lettore, lo spettatore, l’ascoltatore si associa al suo studio solamente se è alla ricerca
La gente deve vivere in pace
La guerra, che fenomeno incomprensibile per l’umanità
Non faccio differenza tra le razze, per me è indifferente se un uomo è russo o giapponese. Io sono per i lavoratori, gli oppressi e gli infelici di ogni razza…cosa avranno da guadagnare da questo conflitto? Stampelle, sofferenza, morte…

Incipit

Tutte le idee che generano grandi conseguenze sono semplici: poiché i malvagi fanno lega tra loro per costituire una forza è necessario che gli onesti facciano altrettanto


Così una voce off, un ideale narratore, introduce il film. Pierre compare nella sequenza d’apertura a Pietroburgo, nel palazzo aristocratico di Anna Pavlovna Scherer, nel 1805. Una musica che allude a qualcosa di magico accompagna tanto le iniziali sequenze aeree, tanto quelle negli interni del palazzo frequentato da personaggi che parlano francese tra loro (la lingua della nobiltà europea del XIX secolo).


La genesi del Mondo
In realtà il film si apre con una sequenza che mostra il generarsi della vita (preceduta, sui titoli iniziali, dal suono di una campana), dalla cellula al rifiorire della natura che trova il suo compimento nel mondo. L’uomo diventa il frutto più maturo di questa catena vitale, colui che mette in scena il conflitto tra il Bene e il Male, ma colui anche che dovrà essere sottoposto al giudizio di Dio (l’echeggiare del Dies Irae nelle musiche non è casuale).

L’uomo sembra materializzarsi tra le nuvole come se una parte dell’essere umano avesse a che fare con una dimensione diversa da quella semplicemente biologica, pur facendone parte (la stessa colonna sonora accompagna le immagini della natura e quelle dei nobili alla festa di Anna Pavlovna). Cinque minuti di incipit potente e mistico.

Pietroburgo 1805
I personaggi sono statue di carne tra statue di marmo, una società quasi immobile ed estatica in attesa del vento napoleonico che rischia di spazzarla via


Uno degli ospiti allude ad una alleanza tra stati europei, con a capo la Russia, che sia in grado di spazzare via la minaccia napoleonica. In un sol colpo i presupposti esistenziali della premessa trovano una loro immediata corrispondenza politica. Per analogia la Russia rappresenta gli onesti, Napoleone, nella sua identificazione con l’Anticristo, i malvagi.
Perché gli uomini non possono fare a meno della guerra, si chiede la voce off, mentre vediamo Andrej in procinto di partire al seguito del generale Kutuzov.
Pierre di fronte ad Andrej conferma la sua convinzione che questa guerra sia assurda da parte dei russi che si impegnano nell’aiutare Inghilterra ed Austria contro un grande uomo come Napoleone. Non è una guerra per la libertà; Andrej non parte per inseguire grandi ideali ma per correre dietro alla sua personale ambizione e dare un senso ad una esistenza che trova priva di bellezza e grandezza. Lo stesso matrimonio è per Andrej una sorta di tomba delle ambizioni che ti condanna ad una vita di frivolezze e banalità, un’esistenza che non morde la vita e non ne assaggia il succo più profondo. Napoleone ha azzannato la vita mentre Andrej, come una delle statue che lo circondano è immobile nella sua vita trascorsa tra salotti, balli e noiosi inviti di circostanza.


Pierre ha però anche un lato oscuro, la sua mansuetudine contrasta con una ebrezza di vita che esplode nelle riunioni notturne a casa dei Kuragin; orge di vino e donne che stordiscono Pierre e lo conducono in una dimensione irreale che gli fa dimenticare la sua condizione di bastardo e figlio illegittimo, tollerato in un ambiente di figli purosangue (la mdp traballa con lui che pur di farsi accettare sfida la morte di fronte ai compagni di bisboccia). Il dramma di Pierre è quello dell’esclusione, sentita più che effettiva, da quel mondo di cui fa parte illegittimamente; i baccanali dai Kuragin sono una sorta di rito di iniziazione con il quale spera di veder certificata la sua appartenenza a quel mondo che Andrej sembra al contrario fuggire con disgusto.


Da contraltare al mondo del libertinaggio e della depravazione risuonano le campane delle mille chiese di Mosca nelle quali riecheggia il fervore mistico del popolo russo. Pietroburgo è il luogo della frivolezza e della superficiale gioia di vivere, Mosca rappresenta la Russia più composta e devota e qui Pierre viene spedito dopo la bravata in casa dei Kuragin, quasi ad espiare le proprie colpe. Pietroburgo delle statue è in contrasto con la Mosca di coloro che lavorano, è dinamica, in movimento pur nella sua compostezza indirizzata da una forte presenza religiosa.


In casa Rostov:
La comparsa di Natasha, figlia del nobile Rostov, è come un fulmine di luce in questo ambiente così composto e Pierre ne è abbacinato. Natasha, una bambina che è sulla soglia della scoperta del mondo, dell’amore e della sofferenza che ad esso si lega. Nel bacio della cugina Sonia e di Nicola, fratello di Natasha, cristallizzato in una immagine fantasmatica, di fronte agli occhi di Natasha, sembra materializzarsi per la prima volta tutto questo. Tra le piante e i fiori di una serra Natasha bacia il suo Boris e la colonna sonora mescola gli effetti dell’incipit con le campane a creare una atmosfera di sogno e a suggerire come l’amore sia una delle forze vitali emerse dalla natura madre. Natasha ha con sé il dono dell’amore come energia, impulso e forza primigenia ancora non inquinata dalla società e dalle esperienze della vita.



Pierre si sente come un corpo estraneo in quella società:
Nel banchetto a casa di Natasha i notabili discutono della guerra, ogni famiglia sembra avere qualcuno che è partito per combattere, perché la guerra in nome dello zar è sacra, è un atto dovuto e non la si deve discutere. Pierre ascolta assorto quelle discussioni, anche in questo lui è fuori dai giochi.

La morte del conte Besukov
Il ballo in casa Rostov a cui partecipa un disorientato Pietro, si alterna con le immagini dell’estrema unzione del conte Besukov, patrigno dello stesso Pietro. Quest’ultimo fa da collante tra le due sequenze che sono però strettamente collegate attraverso dissolvenze a tendina che mescolano la vacuità delle danze in casa Rostov con la solennità della cerimonia in casa Besukov. La vita e la morte si intrecciano in modo quasi ossimorico e quando Pietro, richiamato al capezzale del patrigno, vede la mano del conte protesa in una innaturale posizione che sembra prepararlo al trapasso, questi non può che collegare quel momento carico di pathos con la frivolezza della vita delle feste, una frivolezza che mostra tutta la propria inconsistenza di fronte ai grandi quesiti della vita.



Il conte che accenna un sorriso guardando verso il cielo sembra essere un segno di una trascendenza che Pierre va cercando e sembra aprirsi ai suoi occhi; in lui il dolore sembra essere sovrastato da questa interiore inquietudine, che è ricerca di risposte esistenziali. Nello stesso momento però i suoi fratellastri stanno litigandosi i documenti dell’eredità ed ecco che la vita, nei suoi aspetti più superficiali, torna prepotentemente ad affacciarsi. E’ sorprendente, in un film “di regime” come questo, l’insistenza sull’elemento trascendente, sottolineata anche dalla solennità mistica delle musiche e degli effetti sonori che accompagnano la cerimonia dell’estrema unzione. “Tutto finisce con la morte…e la morte è terribile” dice il fratellastro a Pierre sgomento e pallido, un richiamo ad un nichilismo che lo stesso Pierre cerca in cuor suo di dominare. A Pierre non resta che dormire perché risposte non ne ha.


I Bolkonski
Andrej è in partenza per la guerra e si concede un ultimo saluto con i suoi familiari, la sorella, la moglie e il padre che sono ospiti del palazzo di campagna di quest’ultimo. E’ una sorta di prigione dorata al cui interno la severe disciplina del generale Nicolaj Bolkonski non viene meno nemmeno di fronte alla partenza del figlio. Questi lascia la moglie incinta nelle mani del freddo genitore. La sorella Maria gli regala un crocifisso e gli ricorda che solo in Cristo vi sono verità e vita. Andrej non è convinto, non crede ma accetta l’omaggio della sorella. Il rapporto con suo padre scorre sul filo del timore misto al rispetto e dell’amore misto al dovere filiale. Andrej teme il padre ma gli chiede di prendersi cura del nascituro togliendolo dalle mani della madre inaffidabile che Andrej proprio non riesce ad apprezzare. L’onore in guerra prima di tutto; la morte del figlio sarebbe, per il conte, preferibile alla vergogna di una sua condotta pavida.



La guerra in Austria
Le truppe russe in Austria sfilano di fronte ai contadini festanti (echi di Eisenstein). I soldati cantano in armonia con il mondo e il cielo sembra osservarli con ammirazione. L’esercito russo inviato da Dio per liberare il mondo dal tiranno. I buoni contadini e i buoni soldati uniti contro il Male. Un esercito che canta è in marcia ma gli alleati sono sconfitti e Kutuzov è solo contro Napoleone.




La prima scena di battaglia che vediamo rappresentata nel film vede la retroguardia di Kutuzov resistere e tenere la posizione per rallentare l’avanzata dei francesi e permettere alle avanguardie russe di ritirarsi con ordine. E’ una prima scena di massa di grande impatto che prelude alle magnifiche scene delle battaglie successive. Non vi è retorica bellica se non a sprazzi, vi è però la ricerca di una rappresentazione che ci restituisca la grandiosità numerica dell’evento e la sua cruente ferocia. Figure di soldati di secondo piano prendono la scena offrendoci un mosaico composito dell’indomabile spirito russo che dovrebbe scaldare i cuori degli spettatori sovietici.



Andrej si muove tra queste masse di uomini destinate a versare sangue ed in questo contesto la voce di un soldato lo richiama al confronto con la morte che di quel contesto è padrona: Se ognuno di noi sapesse cosa c’è dopo la morte non ci sarebbe più motivo per averne paura, dice il soldato. Ma la paura, la paura dell’ignoto resta ugualmente, l’anima andrà in cielo? Sono quesiti che attanagliano la mente dei soldati (raccolti da lunghe carrellate) nel loro laborioso, ma allo stesso tempo angoscioso prepararsi allo scontro.
Il Cielo non esiste, esiste solo l’atmosfera, prosegue una voce di un soldato (il capitano Tushin). I colpi dei cannoni improvvisamente fermano queste riflessioni (tagliate nella versione italiana). Un sacerdote nasconde testi sacri in un baule la cui effige, un angelo, è evidenziata da un dettaglio.
Per Andrej comincia una esperienza terribile ed eccitante. I campi lunghi delle masse in movimento si alternano ai primi piani dei soldati, spaventati, spavaldi, attenti, puri, pronti al sacrificio. La soggettiva di una bomba, voci indistinte che sembrano accompagnare il passo marziale dei soldati, gli effetti sonori e visivi contribuiscono a comporre il quadro di un evento, la battaglia, di cui non si vuole esaltare la dimensione epica ma di cui si vuol restituire l’elemento tragico dell’umanità coinvolta e vittima. Che Dio sia con noi, esclama il comandante russo alle sue truppe. L’abbondanza di riferimenti religiosi ci restituisce si un quadro realistico del tempo ma, allo stesso tempo, prende le distanze da un mero cinema di propaganda in cui si voglia demonizzare o ridimensionare un aspetto fondamentale della vita dell’Ottocento ma che nel presente sovietico era bandito. Se Eisenstein è richiamato in certe scelte iconiche siamo però lontani dal suo spirito dissacrante e dissacratorio e si è distanti dall’accostamento tra religione e potere oppressivo. I sacerdoti ortodossi si muovono con discrezione, non sono i gretti profittatori descritti da Eisenstein, tra gli eventi cui non manca una decisa aspirazione trascendente.
Il fratello di Natasha, Nicola, colpito invoca Dio per la propria salvezza. Non è possibile che vogliano uccidermi tutti mi vogliono bene…è l’ingenua affermazione di un ragazzo che non ha ancora capito cosa sia veramente la guerra. L’epica dell’eroismo del popolo russo riemerge qua e là, come quando vediamo una batteria di cannoni del piccolo capitano Tushin (inquadrata con potenti carrelli dal basso) resistere strenuamente all’avanzare delle truppe francesi nel mezzo di un fuoco che oscura il cielo e lo rende notturno, irreale; resistere fino al sopraggiungere delle vere tenebre. La retroguardia di Kutuzov ha fatto il suo dovere, il generale Bagration ha resistito permettendo la ritirata dei 35000 uomini che componevano il grosso delle truppe russe.

Pierre a Pietroburgo
In contemporanea ai grandi eventi bellici si consumano le piccole storie dei nobili pietroburghesi e Pietro, rimasto isolato tra i giovani partiti in buona parte per la guerra, si unisce in fidanzamento con Helena, la cugina acquisita, in un contesto di immobile e silenziosa pace, rotto dal rumore dell’acqua di una fontana, stridente contrasto con il frastuono proveniente dai campi di battaglia. Amore e morte, amore e guerra, guerra e pace (in un senso più superficiale, vedremo che con Andrej assumerà un significato più alto) le dicotomie in atto.


La battaglia di Austerlitz
Andrej si muove tra le sagome dei soldati pronti alla battaglia confidando a se stesso la sete di gloria, l’inestinguibile desiderio di essere ammirato e amato da persone che non conosce, una sorta di tarlo che lo corrode e lo consuma e gli mostra Napoleone come un modello da raggiungere, un simbolo da imitare (uno split screen chiarifica in modo esemplare quello che è uno dei temi dominanti del film e del romanzo: Andrej rappresenta l’uomo dominato dall’ambizione, accecato da un desiderio più forte di lui di afferrare la vita attraverso la gloria e il riconoscimento altrui, sacrificando i beni più dimessi, quelli della famiglia e del matrimonio, che alla lunga però si riveleranno i più solidi e profondi). Andrej intraprende un percorso senza uscita e destinato al fallimento. Prima della battaglia Napoleone e Andrej sembrano uno di fronte all’altro, sembrano guardarsi come se la sfida fosse prima di tutto tra di loro e le loro ambizioni. Napoleone non ha un volto, è una sorta di sagoma, una icona.



Andrej rimane ferito brandendo la bandiera e il suo volto pare scoprire il cielo: Tutto è vano, tutto è illusione tranne il cielo e forse nemmeno quello, forse non c’è altro che silenzio, quiete e riposo (parole pronunciate su un significativo black screen); che Dio sia lodato, sono le parole conclusive di Andrej cui per la prima volta si apre una dimensione nuova che lo obbliga a vedere il mondo con una prospettiva diversa. Il cielo è l’oggetto del suo sguardo e non più Napoleone. La guerra e la pace, quella più profonda, dell’animo umano, pace in vita o pace eterna, ma anche guerra non solo con le armi, ma guerra interiore che costringe al conflitto e non consente tregua. Ma sotto quel cielo compare nuovamente Napoleone che richiama Andrej sulla Terra: Ecco una bella morte, sono le parole di Napoleone di fronte al corpo inerme di Andrej. Il vorticare del cielo e il vorticare della battaglia inghiottiti nel cielo che si apre di fronte a noi con una inquadratura che ci conduce verso lo spazio infinito.


Il padre di Andrej piange la morte (presunta) del figlio ma soprattutto maledice l’avventatezza dei comandi delle truppe che hanno mandato allo sbaraglio la miglior gioventù russa nella disfatta di Austerlitz. La gioia dei Rostov per il ritorno di Nicola si contrappone al dolore dei Bolkonski per la perdita di Andrej. Le vivide e mosse immagini del ritorno di Nicola si contrappongono alle statiche inquadrature di casa Bolkonski dove però una nuova vita va prendendo forma. Le due donne si aggrappano a quella creatura in fieri mentre il principe non sa trovare alcuna consolazione. La visione della vita di Andrej è profondamente influenzata da quella del padre incline all’esaltazione di valori che si rivelano poi, all’atto pratico, effimeri e vacui.


Il duello tra Pierre e Dolochov
Nessuna donna soffocata da un marito insulso rinuncerebbe a trovarsi un amante. Con questa frase Elena umilia il marito Pierre che si è sporcato le mani di sangue in duello con Dolochov presunto amante della moglie.


Pierre ed Elena sono distanti anni luce, vivono insieme ma non hanno niente in comune, del resto Pierre pare essere un oggetto estraneo in tutto l’ambiente nobiliare moscovita. Anche alla cena di celebrazione di Bagration Pierre, unico giovane presente a non aver preso parte alla guerra, è additato come un cretino dallo stesso Nicola Rostov. Il duello diventa per Pierre l’occasione per toccare con mano la paura della morte, per avvicinarsi a quei giovani che la morte l’hanno conosciuta da vicino in guerra. L’inetto Pierre è disprezzato per la sua codardia che in realtà nasconde una sensibilità singolare ed inascoltata. Il gelo dell’inverno avvolge le relazioni umane in casa di Pierre.

La “resurrezione” di Andrej coincide con il momento del parto della moglie di fronte alla quale egli invoca Dio misericordioso. Una vita sta nascendo ma un’altra si va spegnendo, come la luce della candela, un’altra ancora è tornata a nuova vita. Volevo tanto bene a tutti, non ho mai fatto del male a nessuno e voi cosa avete fatto di me. La voce di Lisa echeggia nella mente di Andrej che proietta su di lei i sensi di colpa di averle portato via la vita sacrificandola alla necessità di un figlio. E’ la voce della coscienza di Andrej che si materializza nel corpo inerme di Lisa. Il gelo invernale della morte avvolge la casa dei Bolkonski.



L’esplosione della primavera e della vita
Andrej e Pierre si ritrovano dopo tempo a un confronto che diventa un primo consuntivo della loro vita (questo passaggio si trova nel romanzo al capitolo XII del libro II e si compone di riflessioni che hanno a che fare con la recente ammissione di Pierre alla massoneria, cosa che il film omette completamente; dentro la fratellanza massone Pierre sembra poter trovare quelle risposte esistenziali convincenti e definitive che mancano invece ad Andrej); immersi nella natura che sta per esplodere nei suoi colori primaverili i due si scambiano confidenze che ci offrono un senso della loro maturata visione della vita: l’uomo è parte di un tutto che non muore, si trasforma e imperituramente rinasce.

Andrej di fronte alla morte della moglie ha maturato un pessimismo che lo rende simile alla quercia che non vuole fiorire nel rigoglio primaverile. Egli sente che tutto è ingannevole e destinato a svanire e si affaccia in lui un velato nichilismo che amaramente lo conduce a ritenere la sua, l’età della presa di coscienza e del distacco dalle cose terrene che solo nell’ingenua vitalità giovanile possono assumere un significato. Pierre sembra non demordere e al contrario dell’amico prova ancora a cercare un senso etico e mistico alla vita, un inno al panteismo, ma anche all’apertura al prossimo: Bisogna vivere, vivere e amare e credere profondamente che non viviamo soltanto l’attimo che passa in questo lembo di terra, ma che abbiamo già vissuto e vivremo ancora eternamente in tutto quello che esiste nell’universo…; un senso che è nell’amore e nel Bene, nel rispetto del prossimo e nel fuggire la sofferenza e il dolore soprattutto se inferti agli altri.

La voce di Natasha è come un improvviso richiamo per Andrej, una scossa che lo coglie nella notte e lo conduce verso una nuova apertura alla vita. La quercia è ora verde e lui, a 31 anni, è pronto nuovamente a vivere riflettendo se stesso nella vita degli altri. Il cielo che ha scorto nella battaglia di Austerlitz è nuovamente pronto ad aprirsi ai suoi occhi.



Il ballo a Pietroburgo
Giugno 1807 a Tilsit incontro tra Napoleone e lo zar Alessandro inquadrato in uno split screen essenziale che si contrappone ad una inquadratura non in split screen ma analoga nella composizione tripartita (un lungo piano sequenza) che vede Natasha confidarsi con la madre dei propri sogni e dei propri sentimenti. Il pubblico e il privato scorrono paralleli senza ancora incontrarsi decisamente.  Nel dialogo con la madre si accenna all’appartenenza di Pierre alla Massoneria. Natasha è come un folletto notturno che vaga tra i dormienti ambienti del palazzo signorile.


Il ballo a Pietroburgo, una vera esplosione di vitalismo, nel quale, alla presenza dell’imperatore, sembra festeggiarsi la ritrovata pace, nello sfarzo di una grandiosa sala, segna anche l’incontro tra Andrej e Natasha ed è l’apice della mondanità spensierata che avvolge le vite dei russi prima della nuova tempesta napoleonica (nel romanzo di Tolstoj si sottolinea la provincialità della nobiltà moscovita come quella dei Rostov a confronto con l’alta società pietroburghese e il disagio iniziale di Natasha, il suo sentirsi trascurata sembra sottolineare anche questa sfumatura del romanzo). Il ballo, visto con gli occhi raggianti di Natasha e dunque filtrato dal suo entusiasmo ingenuo nel credere tutti i partecipanti ugualmente felici, è rappresentato con avvolgenti movimenti di macchina, sfavillanti giochi di luce e addirittura carrelli aerei che ricordano quelli delle battaglie e che non possono non richiamare allo stridente contrasto tra gli eventi di Guerra e gli eventi di Pace che irrimediabilmente verranno ad incrociarsi (analogamente farà Bondarchuk in Waterloo, ponendo l’arrivo di Napoleone e il suo esercito in parallelo allo svolgersi di una festa da ballo).




L’amore di Andrej e Natasha
L’amore di Natasha e Andrej si compie secondo un rituale molto compassato dentro cui i sentimenti paiono congelati e trattenuti nella sola interiorità. Da parte di Andrej vi è poi una sorta di ripensamento dovuto al naturale meccanismo del desiderio che, quando realizzato, pare perdere il proprio fascino e la originaria energia (Schopenhauer docet).



Pierre è sempre più cupo nelle sue continue riflessioni sulla vita che pare essere un assurdo affaccendarsi per dimenticare il nulla che l’avvolge. La terribile “lei”, la vita così la definisce Pierre.

La caccia e il carnevale
Natasha sembra invece voler succhiare il nettare della vita fino in fondo e con il fratello Nicola si concede una caccia al lupo e un momento di intense emozioni nella casa dello zio dove musica e cibo si accompagnano in modo mirabile. Il pensiero dell’anno che deve attendere affinchè possa sposare il suo Andrej sembrano immalinconirla, ma la sua fiducia nella vita non viene mai meno anche quando si confida con il fratello e ragiona sui massimi sistemi confermando a se stessa che l’anima è eterna e che il mondo non è destinato a dissolversi nel nulla. Natasha è veramente il contraltare del cupo e contrastato pessimismo di Pierre e Andrej.


L’arrivo del Carnevale è il materializzarsi di questi contrasti, la maschera nasconde le inquietudini ed è un ennesimo richiamo alla vita che esplode nell’ebbrezza della corsa delle slitte sulla neve.


L’umiliazione di Natasha in casa del conte Bolkonskji (che la riceve in pigiama) chiarisce bene la distanza che c’è tra le aspirazioni del conte, proiettato verso l’alta nobiltà pietroburghese e le scelte matrimoniali del figlio, innamoratosi di una giovinetta della nobiltà provinciale moscovita. Ma ecco che Natasha cade nella passione per il principe Kuragijn, fratello di Helena moglie di Pierre e per la prima volta la fanciulla può consumare quella energia amorosa che la pervade baciando intensamente l’ufficiale, così come aveva sempre sognato. La magia dell’amore nei salotti che diventano incantati ed eterei grazie ad immagini di grande raffinatezza e ricercatezza compositiva.




Natasha è veramente l’oggettivazione del desiderio e tutte le figure maschili principali le ruotano attorno come predatori sulla preda (emblematico lo split screen in cui vediamo ei dormiente e Kuragjin ebbro di desiderio muoversi con eccitazione e fermento). La sa vitalità accende di passione coloro che alla vita sembrano aver poco da chiedere. Natasha rappresenta veramente la vita con la sua forza e la sua energia inestinguibile.

La cometa del 1812
Ma se le vicende di Natasha rientrano nel normale corso della vita non altrettanto si può dire dell’invasione napoleonica, preceduta dall’apparizione di una stella cometa, un evento che è “contro la ragione e la natura umana” come dice una perentoria voce off mentre vediamo le truppe della coalizione europea entrare in Russia. Il ballo di corte è bruscamente interrotto, le vicende della vita pacifica sono stravolte dalla tempesta in arrivo. Ecco che la religione diventa un approdo verso cui volgere le speranze. Il cannone e le croci diventano i simboli di questa vita stravolta.




La madre Russia
In un contesto autunnale, mentre all’orizzonte divampano le fiamme dovute alla tattica della terra bruciata, una parte della Russia muore (come il conte Bolkonskji) e si inaridisce come gli alberi d’autunno.


La Russia oltraggiata si aggrappa ai suoi uomini più valorosi. Kutuzov rappresenta la saggezza, Andrej rappresenta la gioventù valorosa che ha sacrificato se stessa per il bene della patria e il bagno dei giovani soldati, il bagno di massa nel fiume della madre patria unisce in una sola immagine tutta la gioventù gagliarda (così la definisce Kutuzov) che difende la patria dall’invasore, a costo della vita e del sacrificio supremo (ai corpi frementi dei giovani che si bagnano si contrappongono i corpi straziati degli stessi soldati feriti).

La Russia come microcosmo in pericolo che si stringe attorno ai suoi figli (meno consiglieri e più soldati invoca Kutuzov guardando verso la mdp, è un appello al popolo russo, anche agli spettatori dell’epoca). Pierre diventa il testimone muto di quegli eventi. Il regista, protagonista getta il suo occhio su quegli avvenimenti e vi si introduce anima e corpo per restituirci il senso di un evento collettivo che ha contribuito a forgiare lo spirito del popolo russo. Il vestito bianco ed immacolato di Pierre si muove tra le divise insanguinate dei compatrioti.  





La Vergine di Smolensk
Di fronte alla pianura di Borodino Pierre vede svolgersi una scena potente e toccante. Una processione taglia le fila dei soldati, la Madonna di Smolensk viene portata nel mezzo delle truppe e c’è un momento di forte commozione e accensione spirituale. Tutti pregano, tutti si inginocchiano, dal più umile contadino al generale Kutuzov, l’anima religiosa russa sembra risorgere e fortificare tutti gli uomini. Anche Pierre non può sottrarsi alla generale devozione mentre il cielo avvolge quelle masse pronte al sacrificio. Una sequenza lunga e suggestiva che permea di un profondo senso spirituale l’intero film (stiamo parlando della produzione di stato di un regime comunista, non dimentichiamolo).





Di fronte al dramma collettivo si consuma quello individuale di migliaia di uomini. Andrej compendia in sé le paure di tutti questi: la paura del dolore e della morte, la paura dell’annientamento, della trasformazione (perché niente abbandona questo universo ma cambia forma e sostanza).
Nel suo ultimo incontro con Pierre, Andrej confida di essere convinto che lo spirito di chi combatte sia decisivo nella vittoria di una battaglia e non le tattiche, non il numero, non la disposizione delle truppe, ma è anche convinto che in guerra non ci debba essere pietà per i nemici, specie se, come i francesi, vengono nella tua patria per depredarla e distruggerla. Napoleone è un’ombra nella notte e ancora non ha un volto.


La battaglia di Borodino
Evocato, ingiuriato e ammirato, Napoleone trova finalmente un volto in questo racconto filmico all’inizio della battaglia di Borodino, una sequenza spettacolare ed epica che si dipana per oltre trenta minuti. Napoleone compare tra le nubi delle esplosioni e chiede: Cosa fanno i russi? Mentre Pierre osserva il campo dalla parte russa ed è colpito dalla terra smossa da una di queste esplosioni. La soggettiva di Pierre ci fa decisamente entrare nel cuore della battaglia per quanto un soldato si frapponga tra il nostro narratore e la stessa invitando l’ospite a farsi da parte. 





Napoleone
Napoleone è presentato come il grande nemico del popolo russo e dunque se ne accentuano l’arroganza, la supponenza e il disprezzo per la vita dei suoi soldati e dei suoi nemici. La sequenza della colazione (che peraltro lo accomuna all’analogo pasto d Kutuzov) accentua questa coloritura negativa del personaggio che assume contorni grotteschi. I volti dei soldati russi, segnati dalla fatica e dal dolore, ma mai privi del giusto spirito, si alternano a quelli dell’alto comando francese, impassibile, immobile, inespressivo. Il popolo russo contro la prevaricazione del potere francese e il nobile Pierre che decisamente abbraccia la causa dei compatrioti (che pure sbeffeggiano la sua goffa presenza).

La battaglia si trasforma repentinamente in un inferno in cui, per assurdo, i due protagonisti occupano posizioni antitetiche (Andrej a tenere la retroguardia, Pierre tra le artiglierie del fronte), sempre ad un passo dalla morte che Andrej vede in faccia quando una bomba sibila di fronte a lui; la natura sembra ribellarsi con lui che lancia un disperato grido di amore alla vita, forse troppo tardivo. Entrambi i personaggi si muovono in quell’inferno nel tentativo di dare un senso alla loro presenza, cercando di sentirsi utili ed importanti, ma entrambi forse falliscono nella loro impresa rimanendo ai margini della contesa (Pierre vorrebbe portare delle casse che però esplodono di fronte a lui; Andrej vorrebbe combattere ma è costretto all’inazione nelle retrovie che intanto vanno comunque riempiendosi di cadaveri).




Come una sinfonia che va in crescendo, le scene della battaglia diventano sempre più concitate, i lunghi carrelli si alternano a dettagli e campi lunghi che danno l’idea di un muoversi convulso e concitato di migliaia di uomini in un frastuono di rumori e deflagrazioni e in un accendersi continuo di esplosioni che producono un fumo irreale, veramente infernale. Come Pierre anche noi spettatori siamo dentro la battaglia, immersi nei suoni e nei colori. Più che i singoli duelli Bondarchuk ci restituisce un dramma collettivo in cui la confusione è lo specchio della paura e della violenza in cui il singolo si perde e si annulla, in cui la follia e la morte sono compagne di viaggio (Pierre sta per uccidere un uomo poi si ferma e fugge al pari del suo avversario). Nel mezzo della contesa si sente un suono indistinto di campane quasi un richiama alla umanità che si perde quel contesto e che un Dio comunque misericordioso sta probabilmente osservando con senso di pietà (Kutuzov parla della sua terra come “la santa Russia”).




Andrej si inserisce con il suo dramma personale e il suo carico di umanità e ricordi (il riecheggiare delle nenie della balia che lo accudiva) e trova di fronte a sé l’odiato Kuragin che condivide ora la sua stessa triste sorte.

Fantasmi si aggirano per il campo di battaglia mentre le campane suonano a morte e su tutti loro risuona la nenia della balia nel comune destino che accomuna gli uomini di quella tragedia. L’ammasso dei corpi, le luci e i colori sembrano riportarci alla pittura di Gericault, il tutto introdotto da un effetto che sembra collegare le lacrime di Andrej alla visione del campo di battaglia carico di cadaveri. Questo carico di sofferenza ricade tutto su un uomo cui non è risparmiato il giudizio impietoso del narratore (Napoleone sul suo cavallo ripercorre il terreno della battaglia carico di cadaveri, una croce sembra indirizzarsi verso di lui come una lancia puntata verso la sua persona); Napoleone è il solo, vero colpevole, un uomo che ha agito contro il Bene e la Verità e dunque contro l’umanità stessa.


Pierre – Bondarchuk si aggira in quell’inferno implorando la fine di quell’assurda carneficina. Una voce off imperiosa sullo scorrere dei primi piani eizensteiniani di soldati del popolo russo celebra la vittoria morale dello stesso popolo sul nemico invasore, è la vittoria del soldato semplice, è la vittoria dello spirito russo che si eleva al cielo nell’ultima inquadratura della battaglia.




Consiglio di guerra
Di fronte allo sguardo di una bambina (che rappresenta il popolo russo innocente e da difendere) Kutuzov decide di abbandonare Mosca e ritirarsi.


I francesi a Mosca
Prima di abbandonare la propria casa i Rostov si riuniscono in raccoglimento e preghiera. Pierre vaga come un folle tra le fila dei moscoviti che stanno abbandonando la città mentre Napoleone è trionfalmente all’orizzonte. I francesi invadono Mosca e mentre Pierre salva un ufficiale invasore da morte certa, Napoleone e le sue truppe si trovano a sfilare in una Mosca deserta in cui sono rimasti imponenti e silenziosi i simboli di un popolo e del suo retroterra culturale e religioso (Napoleone è spesso inquadrato in prospettive che lo pongono di fronte a campanili, a croci, a guglie di chiese). Gli invasori sono sotto gli occhi invisibili di uno spirito (lo spirito hegeliano di un popolo) che li giudica e li prepara al giudizio finale. Napoleone, ebbro della propria ambizione, che si materializza nella statua fatta arrivare da Parigi è circondato da croci ed icone verso cui non sente, almeno in apparenza, alcun richiamo. Un piccolo Napoleone scompare letteralmente in un salone pieno di icone, mentre il dettaglio di alcune di esse sottolinea il contrasto tra l’uomo e la divinità, tra il singolo e la fede di un popolo, tra l’ambizione politica e la profondità del sentimento religioso.











Il soldato con cui pranza Pierre glorifica Napoleone che ha ormai finito di essere ammirato dal conte Bezuchov. Natasha, che nel frattempo ha saputo della presenza, tra i profughi di Mosca, di Andrej ferito, sembra aver spento ogni entusiasmo vitale.


Pierre vaga per Mosca
Napoleone, con il suo arrivo, rappresenta una sorta di resa dei conti per tutti i personaggi principali della storia. Ecco allora che, mentre Mosca sta bruciando, Andrej e Natasha si incontrano sul letto di morte del giovane, mentre Pierre, che ha in cuore di uccidere Napoleone, si trova suo malgrado a salvare una bambina dalle fiamme ed una giovane fanciulla dalle attenzioni di un soldato francese.



 Andrej vede di fronte a sé scivolare via la vita con il carico di rimpianti che lo angustia, Natasha si pente del dolore che ha causato e capisce il vero senso dell’amore devoto e sincero, Pierre trova un senso alla propria esistenza spendendosi per il prossimo pur senza un progetto coerente ed organico (il suo è un vagare casuale tra i grandi avvenimenti che si svolgono attorno a lui). La ferma volontà di uccidere Napoleone pare in realtà una sorta di impulso deviato da altri eventi che catturano l’attenzione di Pierre e lo allontanano da quanto in apparenza andava cercando con maggior convinzione. La sua incapacità di dominare gli eventi e se stesso (iniziata con l’intenzione di abbandonare le orge di Kuragin) rappresenta il lato più tragico della personalità di Pierre tormentato, inetto, cerebrale fino all’inazione, governato da impulsi buoni che non trovano una sufficiente forza d’animo che li sostenga (Natasha ha la forza e l’energia ma probabilmente ha meno profondità d’animo di Pierre e per questo la sua carica vitale si perde in rivoli che la conducono ad azioni contraddittorie ed avventate; Andrej ha la forza d’animo e la volontà ma manca dell’acutezza di Pierre e per questo finisce per perdere se stesso dietro alle parvenze di valori che si dimostrano fatui ed illusori).
Anche la parte centrale dell’incendio è vista e filtrata attraverso lo sguardo di Pierre. Un ospedale in fiamme, un Cristo che brucia ed un giovane che pare proprio un Cristo vivente, un bambino che piange. Di nuovo il dramma individuale si mescola e si perde nelle imperiose scene collettive. Il fuoco è negli occhiali di Pierre. Ciò che simbolicamente vede Pierre è soprattutto la degradazione dell’uomo, la sua bestialità, l’annientamento di ogni valore e di ogni senso più profondo della vita. Il fuoco non purifica ma distrugge in un inferno quasi alla Bruegel.




Pietroburgo e Mosca
Torna anche il contrasto con Pietroburgo, città quieta, sfarzosa, lontana dalle sofferenze di Mosca, del popolo, chiusa nella sua aristocratica immobilità, lontana dallo spirito vitale della vera Russia e dunque falsa e impalpabile come un fantasma.

I tre protagonisti si sono immersi nel ciclo vitale e ne sono stati travolti. Le statue del salotto Pavlovna (che ci riportano alle statue del palazzo d’Inverno che già Eisenstein aveva immortalato come immagine di un potere indifferente e distante dal popolo) sono un lontano ricordo, ora di fronte a Pierre ci sono volti sfigurati dal dolore, Andrej stesso è una icona vivente del dolore. Pietroburgo, vista con occhi più moderni, rappresenta lo spirito russo che la rivoluzione comunista ha soffocato facendo emergere quello più profondo e vitalistico del popolo. Pietroburgo è veramente il luogo della conservazione reazionaria, Mosca il cuore della nuova Russia che si realizzerà nel Ventesimo secolo. In realtà in Tolstoj la dicotomia non era così evidente (a Pietroburgo, ad esempio, egli sottolineava come si preparasse la strategia per difendere la Russia) o meglio non si colorava di sfumature politiche ma prendeva una dimensione diversa, più simbolica; se vogliamo Pietroburgo era padre e Mosca era madre. A Pietroburgo prima la frivola superficialità dei salotti, poi la fredda distanza razionale della decisione strategica della guerra a tavolino; a Mosca la vita pulsante più vera e il dramma vivo della distruzione e dell’offesa, ma anche il luogo natale di Natasha, simbolo della vitalità e della Natura.



La resurrezione di Pierre
Pierre, imprigionato dai francesi assiste anche ad una orribile decimazione, con la fucilazione di un ragazzo innocente. E’ il punto più basso della sua esperienza terrena, quello nel quale appare egli stesso più vicino alla morte.

Ma nel luogo di prigionia (non prima di aver giaciuto disorientato tra reliquie distrutte all’interno di una chiesa in disfacimento) egli conosce un uomo misericordioso e carico di una saggezza popolare (Platon Karataev, ex contadino ed ex soldato) che sa vedere la vita in modo semplice e diretto (Dove c’è giudice non c’è giustizia; Ciò che accade al mondo è per volere di Dio…) e che agli occhi di Pierre appare come l’incarnazione di una rivelazione. Lo stesso Tolstoj scriveva a proposito: (Pierre) aveva l’impressione che quel mondo, caduto poc’anzi in rovina, con una bellezza nuova, in questi momenti, su non so quali nuove ed incrollabili basi, risorgesse nel suo animo…
Ancora una volta l’incontro con l’altro apre nuove prospettive di pensiero per Pierre che scopre la possibilità di una visione chiara, semplice e decisiva della vita.



Andrej, La morte è un risveglio
Andrej muore all’interno di un convento, tra bianche e spoglie pareti che contrastano con lo sfarzo dei luoghi in cui ha vissuto, ma la verità si apre di fronte a lui in tutta la sua evidenza, non vi possono essere orpelli od ornamenti inutili; la morte è un risveglio, è l’estrema verità che Andrej percepisce (e qui entrano anche vicende autobiografiche del regista che era stato colto da un grave malore durante la lavorazione del film ed era stato considerato clinicamente morto per alcuni minuti). Il bianco, il nero, il cielo dentro tutto questo finisce la vicenda terrena del principe che pare dissolversi nel nulla.




Pierre, La vita è tutto
La morte di Platon compagno di Pierre, nella ritirata al seguito delle truppe francesi in fuga da Mosca, segna il punto di arrivo della riflessione di Pierre: la vita è tutto, questa la semplice deduzione che il conte Bezuchov trae quasi al termine delle sue ultime esperienze. Ecco allora la sua beffarda risata di fronte al soldato che lo tiene prigioniero: Vogliono fare di me uno schiavo, ma io ho un’anima libera, dice Pierre guardando verso la mdp in una affermazione dal sapore kantiano in cui anche visivamente si accomuna l’uomo alle stelle, è mio l’universo perché io vivo, vivo in ogni cosa e ogni cosa vive in me.






Petja Rostov
Si apre quasi come una parentesi la vicenda del giovanissimo Rostov che entra in un drappello di milizie non ufficiali russe per dare la caccia ai francesi e muore in una delle incursioni in cui viene liberato Pierre. Ciò che vive Petja è la stessa vicenda umana dei protagonisti della storia; egli vuole partecipare alla Storia, ma deve fare i conti con il destino e la morte. Così la notte rima della battaglia anche per Petja si aprono gli orizzonti della riflessione che lo conduce a vedere la vita e la morte nel loro indissolubile legame. Dalla Terra al Cielo anche per Petja si celebra il rito del ciclo vitale. Il suo sacrificio è necessario affinchè poi Pierre e Natasha si ritrovino e lo stesso ciclo vitale possa aprirsi in una nuova vicenda esistenziale.






Pietà per i vinti
Benedetto il popolo che trasforma il sentimento di vendetta in pietà. Inseguendo la massa dei francesi vittime della vuota retorica di Napoleone (le cui parole riecheggiano beffarde sulle immagini dei soldati sofferenti e prostrati), i Russi sembrano avere misericordia e Kutuzov ordina di non accanirsi ulteriormente sui francesi. La retorica si ribalta e da quella pomposa e prepotente di Napoleone si passa a quella della concordia dei russi. L’omissione del massacro della Berezina e della feroce vendetta dei russi è un falso storico che si concede il film proprio in dirittura d’arrivo quasi a voler stemperare ogni possibile accusa di manicheismo nel nome invece di una idea di concordia universale (i francesi in difficoltà sono uomini come i russi vincitori e tutti insieme cantano una canzone in lingua francese), ma è soprattutto l’estremo omaggio al pensiero di Tolstoj così intriso di pacifismo e così decisamente avverso alla guerra e alle divisioni tra gli uomini che essa provoca. Lo stesso Tolstoj inoltre tendeva a minimizzare l’episodio della Berezina ritenendolo non così catastrofico, in quanto il frutto di un imbottigliamento naturale dell’enorme massa di fuggitivi. I Russi non è che non volessero aiutare i francesi, dice Tolstoj, non potevano perché avevano giusto il necessario per sopravvivere. Inoltre l’idea di Kutuzov di non accanirsi sui francesi era spiegata da Tolstoj in modo meno semplicistico: Kutuzov conosceva bene lo stato delle proprie truppe e non le trovava pronte a nuovi scontri pur con un esercito in rotta. Lo zar lo avversava e propugnava una controffensiva verso Occidente, molti ufficiali non lo approvavano e Kutuzov era ormai stanco di guerre.  





Epilogo
Il ritorno di Pierre a Mosca vede l’aprirsi del suo amore per Natasha, ora sagoma nera, quasi irriconoscibile ma pronta a sbocciare nuovamente e ritrovare il candore bianco perduto. La voce off su immagini aeree riprende il filo del discorso iniziale ricordando come l’unità di intenti tra uomini buoni sia garanzia del rinnovarsi del miracolo della vita.