giovedì 11 febbraio 2016

Babadook


Babadook


GENERE: Drammatico , Horror , Thriller
ANNO: 2015
REGIA: Jennifer Kent
ATTORI: Essie Davis (Amelia), Noah Wiseman (Samuel), Daniel Henshall, Hayley McElhinney, Barbara West, Benjamin Winspear
SCENEGGIATURA: Jennifer Kent
FOTOGRAFIA: Radek Ladczuk
MONTAGGIO: Simon Njoo
MUSICHE: Jed Kurzel
PRODUZIONE: Causeway Films, Smoking Gun Productions
DISTRIBUZIONE: Koch Media
PAESE: Australia, Canada
DURATA: 93 Min



La regista Jennifer Kent è alla prima regia di un lungometraggio, ma sembra avere già le idee molto chiare. Quella che racconta in Babadook è una storia di affetto familiare malato e minato da un trauma. La morte del marito di Amelia, coincidente con la nascita del figlio, ha prodotto una insanabile frattura psicologica nella donna che non riesce a risolvere il dolore per la perdita se non rimuovendo il dolore stesso. Questo però si ripresenta come senso di colpa che attanaglia la donna, senso di colpa che si materializza nella percezione della propria inadeguatezza come madre e nei dubbi affettivi che la legano al figlio Samuel. Tutto ciò ha prodotto una dissociazione anche nel figlio che vive in modo astratto il proprio passaggio edipico immaginandosi un mostro notturno che lo insidia e che poi insidia la madre impossessandosene. I fantasmi dell’uno derivano da quelli dell’altro e viceversa e in fondo il film racconta anche questo, ovverosia la redenzione della madre che passa attraverso il sacrificio di prendere su di sé i fantasmi del figlio fino ad annullarsi. A quel punto il bambino avrà la conferma dell’amore materno, troppo flebile prima, tanto da sentirlo incerto e continuamente richiamato con quelle insistenti invocazioni “mamma, mamma”, ossessive e lancinanti. Vediamo nel dettaglio.

Amelia, la madre, sogna di un incidente, lei è dentro una macchina, guidata da un uomo, che si ribalta; probabilmente lei è incinta; colui che guida sta mettendo a rischio la vita del bambino che porta in grembo (è il riproporsi dell’incidente in cui morì il marito di Amelia che era incinta di Samuel) una voce infantile la richiama alla realtà è suo figlio Samuel che, come lei, ha fatto un brutto sogno. Madre e figlio hanno gli incubi, le loro notti sono viaggi nelle paure nascoste e represse.



 
La favola dei tre porcellini che racconta la morte del lupo cattivo, rassicura il bambino. Questa la premessa di Babadook. Una madre sola, un figlio impaurito e disorientato.

 

Su una copertina di un libro di magia c’è una domanda: gli spiriti ritornano? Qual è lo spirito che Amelia potrebbe veder ritornare? Il figlio consola la madre.


Amelia, che si occupa di accudire anziani sembra non essere in grado di gestire le difficoltà del figlio che emergono, in tutta la loro evidenza, nei rapporti sociali a scuola dove, come può constatare la madre, Samuel è semplicemente un bambino come tutti gli altri e non “Samuel”. Tanto negli incubi, quanto nella realtà, la presenza di Samuel è ossessiva per Amelia che non riesce mai a liberarsi del pensiero ed anche della presenza fisica del figlio (quel continuo richiamo materno, una voce ossessiva, che è anche il segno di un estremo bisogno di affetto profondo, che non permette ad Amelia alcuna distrazione).



Il film racconta questo rapporto esclusivo, totalizzante che prosciuga le forze e le energie di Amelia. Nei primi dieci minuti non vi è alcun cenno orrorifico tranne che negli effetti sonori di colpi che svegliano la madre la mattina e che sono prodotti da un marchingegno anti mostro prodotto dal figlio che è convinto che nella casa ci sia una entità maligna (ma questa in realtà non c'è ancora). Ecco però che compare un libro di cui Amelia pare non sapere niente, il libro di Babadook. Ciò che contiene il libro attira l’attenzione di Amelia ma ancora una volta le invocazioni del figlio la richiamano ad altro.  Tant’è vero che, una volta da sola, Amelia torna a leggere le pagine di quello strano libro rosso.
 



 
Che sia in una parola o in uno sguardo non puoi liberarti di Babadook, recita una delle frasi contenute nel libro, un monito ad Amelia a non ritenere semplice liberarsi dei fantasmi. Con la notte, per Amelia, non arrivano soltanto gli incubi ma anche i turbamenti erotici tutt’altro che sopiti dopo la morte del marito (evidenti le allusioni erotiche nei programmi tv che sta guardando Amelia).
 




Madre e figlio, per motivi diversi, sono entrambi svegli nel cuore della notte. Anche l’orgasmo viene interrotto dal figlio. Il figlio vuole proteggere la madre di cui percepisce la debolezza e fragilità ed edipicamente dorme con lei nel lettone interrompendo la pulsione erotica della donna, nuovamente frustrata e rinviata. “Non voglio che ti succeda niente di brutto” gli dice il bambino, che non ha un padre da uccidere simbolicamente e così lo crea facendone un mostro terribile. Tale mostro possederà la madre e il figlio lo ucciderà simbolicamente nella scena dello scantinato in cui lega la madre stessa.


La madre sembra avere più paura del figlio. Uscendo prima dal lavoro, Amelia si ritaglia uno spazio tutto per sé in cui riesce a gustare un gelato e a sentire risvegliarsi i sensi. Ma ancora una volta la telefonata della sorella che guarda Samuel interrompe il suo momento magico (la sequenza è caratterizzata dalla predominanza cromatica bianca).

Il figlio ricorda alla madre la presenza di Babadook che se la mangerà. Amelia vede materializzarsi il mostro che si crea dalla sua paura di abbandonare il figlio, di non amarlo abbastanza e dunque di lasciarlo solo con i suoi fantasmi. Ecco perché lei sembra avere più paura di Samuel. Samuel, al contrario, sente di dover prendere il posto del padre e difendere la madre, dunque adempiere al ruolo maschile di protezione che manca nella casa.
 




 
 
Il complesso edipico prende forma, la madre non può essere di nessun altro, il padre è ormai soltanto una fotografia sul comodino, i fantasmi di un suo sostituto vengono allontanati con tutte le armi possibili. Nella cantina dove Samuel si reca per compiere le proprie magie si trovano gli oggetti del padre che lui ora vuole sostituire. Amelia non pare gradire che Samuel abbia la chiave della stanza del padre. I vestiti neri dismessi all’ingresso della cantina danno forma ad una sagoma che ricorda quella di Babadook, dall’ombra del padre (che vuole tornare, ricordiamo la copertina del gioco di magia) nasce il mostro.
 
 
Il figlio ha ricostruito una sagoma del padre, che era un musicista. C’è dunque l’ambivalenza, in Samuel, del mago che vuol far tornare gli spiriti in vita (quello del padre) dall’altra la paura che questi spiriti siano maligni e neri, mostri minacciosi che vogliono portargli via la mamma. Nel momento che la madre pare allontanarsi ecco materializzarsi il fantasma di Babadook. Amelia distrugge il libro e con esso spera di distruggere tutto ciò che implica (la foto con il marito deturpata è la materializzazione della minaccia edipica che lei pensa stia portandogli il figlio).



Nel compleanno di Ruby vengono fuori tutte le verità tenute fin lì nascoste: Amelia non ha superato il trauma della scomparsa del marito; lei ammette di non nominarlo mai ed in questo modo non si rende conto di dare ulteriormente ragione alla sorella che la accusa di non essersi ancora ripresa da quella tragedia (non lo nomina, i suoi oggetti li ha relegati nella cantina e così ne ha creato un enorme fantasma che aleggia per la casa); se la madre non ha mai affrontato il trauma della perdita, il figlio ha i sensi di colpa per non avere un papà e se ne è creato uno immaginario che però fa paura perché comunque Samuel ama in modo esclusivo la madre e quel papà immaginario è un avversario ancora più pericoloso e letale di un padre vero, un concorrente terribile che contende a Samuel l’amore per la mamma.
 



Tuo padre ha preferito morire così non stava con te, dice la cugina a Samuel e rincara la dose dicendo che anche la mamma non lo vuole.
 
 
La madre esasperata urla al bambino che Babdook non esiste, ma in realtà sta parlando anche a se stessa, sta gridando a se stessa, quel fantasma non esiste. Amelia ordina al dottore una cura di sedativi per il figlio e il dottore rimarca come solitamente le madri evitino di arrivare a tali estremi. E’ una ulteriore dimostrazione di come Amelia possa sentirsi inadeguata nel crescere da sola il figlio. Samuel ha paura di perdere la madre e il mostro rappresenta colui che può condurla via (il sostituvo del padre). Con il bambino sedato le paure sono tutte della madre che vede ricomparire il libro di Babadook alla porta.
 




Nel libro ritrovato c’è una frase chiave: più tu neghi più io sarò forte. Più tu neghi la presenza ingombrante del fantasma del marito più questa presenza si fa forte. Fammi entrare, si legge nella pagina in cui il mostro minaccia la donna. Amelia produce un’ombra enorme dietro di sé. Babadook cresce proprio sotto la tua pelle!!!!
 
 
La polizia, a cui Amelia si rivolge, rappresenta un principio di autorità maschile, un principio di realtà equiparabile a quello del padre e non è un caso che Amelia veda nel commissariato una sagoma del vestito di Babadook. Lei ha paura di quegli uomini che la guardano con sospetto.
 


 
Con il crescere del senso di inadeguatezza materno (la cucina in disordine, l’invasione degli insetti, il bambino che non viene più mandato a scuola, l’arrivo degli assistenti sociali) il fantasma si fa più concreto, quel fantasma che può portare via Samuel, l’autorità paterna che giudica la madre e la condanna alla solitudine.


 
Babadook compare per la prima volta in casa della vecchia signora che guarda occasionalmente Samuel; il padre assente minaccia chi ha preso il suo posto e cresce suo figlio. Un nero e mostruoso padre sta giudicando Amelia e la sta mettendo di fronte alle proprie mancanze.

Dov’è la mamma Skip? I koala non abbandonano mai i figli. Questo dice un ragazzino alla tv e quella frase risveglia Samuel che si stava addormentando. Oscure ombre si addensano sulla casa. Le paure ora sono tutte della madre che inconsciamente si fa carico della presenza che ossessiona il figlio affrontandola lei al posto suo. Babadook è ora lì per lei e non per Samuel. Lei arriva al sacrificio estremo facendosi possedere dal fantasma, introiettando il mostro dentro di sé. In questo modo ingloba in sé la figura paterna mancante, dall’altra libera il figlio dal fantasma paterno, assume su di sé il carico di angoscia di quella situazione.



 
 
Babadook ora è dentro di lei per salvare Samuel dalla persecuzione. Ormai il mostro è talmente dentro di lei che lo vede in immagini televisive come quelle dei film di Melies che compaiono di fronte a lei (il mostro è entrato anche nel suo personale spazio di evasione fantastica che era rappresentato dalla tv). Amelia è ora la vera malata e sempre più isolata; tratta Samuel con la decisione e la cattiveria di un padre severo abbandonando i modi materni e protettivi che non avevano fruttato alcun beneficio. Un sussulto fa ritornare in Amelia un sentimento materno ma l’ambivalenza interna, il dissidio che la consuma si materializza nel dolore al dente che la assilla. Proprio come il marito, Amelia riprende il violino tra le mani. Si è sostituita a lui prendendone lo spirito ed annullando lentamente, o quasi, la propria componente materna (sono sempre più frequenti gli scatti d’ira e i rimproveri verso il figlio).


 
 
Il nuovo atteggiamento aggressivo di Amelia è nel nome di un autoritarismo paterno che lei ora incarna. Niente entrerà in casa stanotte dice la mamma col tono autoritario del custode maschile che protegge la proprietà (padre, custode, poliziotto). Io sono la mamma e tu sei il figlio, prendi la pasticca (come un ordine). Il bambino eludendo l’ordine trasgredisce alla regola del padre e compie e rinnova un rituale edipico di lotta al padre che vede con il coltello in mano, e dunque suo potenziale carnefice.


 
 
L’impulso finale della madre-padre è quello di sopprimere il figlio che ha causato la morte del marito e ricomporre l’idillio iniziale, idillio che si materializza nella cantina dove la madre immagina di ritrovare il marito e abbracciarlo. Possiamo stare insieme, devi solo portarmi il bambino (il vero colpevole del distacco) dice il marito. Babadook è il padre e viceversa, e per lui Samuel è semplicemente il bambino come lo era per il preside della scuola.



 
Ora che Amelia ha chiarito a se stessa che il marito non c’è più perché il figlio glielo ha portato via (e quindi inconsciamente giustifica i suoi dubbi sull'affetto che prova per il figlio), ecco che la possessione è completa, lei ora è Babadook. Fammi entrare ora lei parla come Babadook. Guarda che maiale a sei anni te la fai ancora sotto è veramente la voce del padre che si fa sentire. Quante volte ho sperato che a morire fossi stato tu e non lui. Tu non sei mia madre risponde Samuel e la combatte con le armi preparate per Babadook realizzando finalmente la lotta edipica di liberazione dal padre. Il figlio imprigiona la madre-padre deve nuovamente operare un delitto edipico confermato dalla frase di Samuel rivolta alla madre: Tu non mi vuoi bene, lo so, Babadook non te lo permette…l’hai fatto entrare lo devi far uscire….
 


 
Le carezze del bambino mentre lei cerca di strangolarlo fanno riemergere il senso materno soffocato dalla bile nera portata da Babadook che a questo punto viene espulso dal corpo della donna. Per uccidere definitivamente Babadook la madre deve di nuovo uccidere il marito che cade morto ai suoi piedi (il sogno si interrompeva prima del sopraggiungere della morte del marito).

 
 
Con la decisione e l’autorità di un padre, Amelia sembra riuscire a cacciare il mostro che emerge letteralmente dal buio della propria casa e sappiamo che la casa rappresenta la mente, il buio dunque del suo inconscio da cui deve rimuovere quella sagoma ingombrante.




Una volta affrontato e sconfitto Babadook, l’ombra del padre, torna nello scantinato per rimanervi confinato per sempre, ma accudito dalla madre che ha capito che il fantasma non può essere rimosso ma si deve convivere con esso. La ritrovata armonia affettiva è come un rifiorire degli alberi attorno alla casa, che è tornata completamente nelle mani della donna.
 



 
 
Finalmente Samuel può tornare a scuola e può festeggiare il compleanno che sostituisce il lutto per la scomparsa del marito che coincideva con quella data. Sotto le rose permane il buio però (una sequenza lynchiana è lì a ricordarcelo), nello scantinato sopravvive il mostro, coltivato, proprio come le rose, da Amelia. Il mostro è nella stanza del padre e qui lo rinchiude Amelia non rimuovendolo ma curandolo ed accudendolo. La sofferenza che esso porta con sé è lì, una compagna per Amelia, non più un fantasma nascosto.



 

Finalmente Amelia può augurare buon compleanno al figlio.
 

Il film, nello zapping compulsivo della protagonista, mostra alla tv sequenze da film horror del passato, ma non solo. Partendo da Melies, passiamo per Il fantasma dell’opera con Lon Chaney, fino a I tre volti della paura di Mario Bava, senza dimenticare che la sagoma di Babadook riecheggia, in alcuni tratti, quella del vampiro di Murnau.