lunedì 30 ottobre 2017

Effetti Collaterali


Effetti Collaterali

Cast: Jude Law, Rooney Mara, Catherine Zeta-Jones, Channing Tatum, Vinessa Shaw
Regia: Steven Soderbergh    durata: 106'
Produzione: Endgame Entertainment   sceneggiatura: Scott Z. Burns    fotografia: Peter Andrews   montaggio: Mary Ann Bernard    musiche: Thomas Newman 
In un appartamento di New York, che sembra far parte di un alveare, composto di celle tutte uguali, si è consumato un delitto. Il rosso del sangue si associa a quello del rossetto che tinge le labbra della protagonista, Emily Taylor, una grafica di 28 anni che lavora nella Grande Mela; Emily si sta truccando in macchina per poter andare a trovare il marito, Martin, in carcere da ormai 4 anni; il dettaglio del trucco ci dice due cose: che lei si trucca come se dovesse andare in scena qualcosa (l’allusione alla doppiezza del suo personaggio) e l’allusione al trucco in sé, all’inganno che vedremo mettere in atto.



La successiva sequenza di lei che cammina per strada, inquadrata di spalle, ci cela il suo volto, che è specchio dell’anima, perché la sua vera anima è celata dietro un velo, è nascosta, pronta ad emergere. L’immagine emaciata e sofferente della ragazza, gli occhi azzurri che trasmettono un velo di malinconia sono dettagli che sviano dalla vera identità del personaggio e sembrano presentarci una vittima.

Nel colloquio con la madre del marito si accenna all’Insider trading. Lei appare come una figura dentro a un quadro (in un colloquio con lo psicologo Emily ammetterà che Martin, quando erano fidanzati, la guardava come fosse un dipinto), di nuovo di spalle a celare la sua identità più profonda. Il tentativo di suicidio è in realtà una via di uscita da una situazione opprimente, come allude l’enorme scritta Exit che è stampata sul muro dove va a sbattere con la macchina.



Il dottor John Banks è colui che prende in carico il caso della paziente Emily Taylor. Sembra un uomo ragionevole che sa leggere nelle situazioni, come quella dell’haitiano che vede il padre morto (è il dolore che fa vedere le persone morte) ed ammette, con una battuta, che la chimica aiuta a vivere. Dietro di lui, di fronte alla Taylor, di nuovo una enorme scritta Exit (rossa stavolta).


Le viene indicato un farmaco che agisce sulla serotonina impedendo al cervello di farti sentire infelice. Nel bagno Emily è di fronte ad uno specchio, è doppia, nella stessa posizione la suocera viene inquadrata in modo che non vi siano due donne.  Il colloquio con lo psicologo serve ad inquadrare definitivamente il personaggio di Emily, che arriva dalla provincia e che già in passato ha sofferto di depressione. A questo proposito chiama in causa una certa dottoressa Siebert che l’ha già avuta in cura. La prima volta che vediamo la dottoressa la mdp indugia sul suo tesserino medico prima di mostrarci il volto della donna. Costei parla di Emily come di una donna a cui manca una figura maschile di riferimento, non essendosi mai sentita amata dal padre. Quando la dottoressa consiglia al dottor Banks di usare il farmaco Ablixa, di nuovo alle loro spalle compare la scritta Exit. Un farmaco per uscire dalla depressione.


Di nuovo si insiste sul volto di Emily che si sta truccando, che è pronta a recitare, a truccare le carte. La recita questa volta avviene in società, di fronte a tutti. Spesso la figura di Emily emerge da uno sfuocato accentuato come se ci fosse qualcosa che non si vede chiaramente in lei. Del resto, lungo il film, si moltiplicano le immagini cariche di senso legate al riflesso degli specchi, anche deformanti, come ad esempio nella scena della festa.



La depressione è l’incapacità di costruire un futuro, dice il dottor Banks non sapendo che Emily è proprio quello che sta facendo, giocando sulla depressione stessa. L’attenzione della donna è catturata da una barca a vela in una vetrina ed è la barca che abbiamo visto nella sua casa insanguinata nella sequenza iniziale. La confezione delle pillole domina il comodino della ragazza mentre la foto dei due sposi è nell’ombra in un angolo. Nei sogni Einstein ha intuito la teoria della relatività e Paul Mc Cartney ha elaborato canzoni, Emily addirittura uccide colui che ama.


John assiste ad un programma tv in cui si discute del farmaco Ablixa e del suo legame con l’omicidio di Martin; il farmaco è illuminato al centro della scena mentre la sagoma della moglie di Banks è scura e sfuocata. Il farmaco è una presenza dominante che sembra in grado di cambiare i destini degli uomini ed annullarne la volontà cosciente, prendendo possesso di quella inconscia. John è sotto esame, il suo intero comportamento deontologico è sotto osservazione. Ciò che ci distingue dagli insetti è che abbiamo una coscienza, dice Banks all’udienza per il processo. Nelle sue personali indagini il dottore ripercorre le tappe dei tentati suicidi di Emily la cui foto compare di fronte a lui appesa ad una parete: l’immagine è, come di consueto, sfuocata, il dottore non sembra ancora riuscire a mettere a fuoco le coordinate mentali della paziente. Le scritte Exit addirittura si moltiplicano nel corridoio del tribunale.




Chi vede le bugie, il passato o l’infelicità? Si chiede la dottoressa Siebert che aveva scritto un articolo sul sonnambulismo provocato dalla Ablixa.

Ogni giorno alle tre è come se una nebbia velenosa mi calasse sulla mente e mi paralizzasse, citazione da William Styron (Darkness visible. A memoir of madness) che è la stessa frase che Emily aveva pronunciato in precedenza al dottore.  

Nella verità raccontata da Emily uno squarcio di sole in una vicenda immersa in una nebbia velenosa; questa lenta uscita dalla nebbia è allusa nel movimento di macchina che ci porta dalla parete bianca allo studio del dottore che sta ormai svelando la verità. La felicità assaporata e bruscamente interrotta e la discesa nella nebbia che è nel bianco in cui è immersa Emily dopo che hanno catturato il marito e che diventa lo scuro grigiore in cui compare la dark lady dottoressa Siebert. 



Se lui sparisce (il marito) andrà tutto meglio, dice Emily. Il comportamento passato è il miglior modo per predire quello futuro, se hai tradito una volta lo farai di nuovo, Emily ha tradito Martin e così fa anche con la dottoressa Siebert.

Emily è in nuovo casermone di finestre tutte uguali (vedi l’inizio del film), un labirinto inestricabile come la sua mente da cui non può fuggire. La famiglia di Banks è ricostituita, l’innocenza è ristabilita, innocenza incarnata nei bambini che escono dall’asilo e che decisamente si è perduta negli adulti coinvolti nella vicenda.




L’abuso di psicofarmaci nelle terapie psicologiche che evidenzia una scarsa individuazione delle vere e profonde problematiche che sono alla base dei disturbi psichici analizzati, con diagnosi talvolta approssimative ed incomplete. Le lobby dell’industria farmaceutica che influenzano il mercato ed hanno stretti legami con la finanza. Sono tutti temi civetta che in realtà nascondono il vero e più profondo discorso di Soderberegh che è quello di descrivere un mondo cinico, rappresentato da Emily, finta innocente e vittima, che in realtà ha la spietatezza di una lady Macbeth, una donna capace di recitare una parte, di autocondannarsi alla solitudine pur di mantenere uno status di benessere che ha assaporato e che poi si è vista portare via.

Quello che insegue Emily è un puro miraggio, la rimanenza di un sogno spezzato i cui contorni sono incerti ed indefiniti, come del resto è incerta ed indefinita, spesso, la sagoma di Emily, intrappolata nella propria mente, vittima di una depressione latente cui cerca di sfuggire inseguendo il sogno vago ed indefinito di un benessere puramente materiale (la villa, la barca, il conto in banca); quelle scritte Exit continuamente esposte, onnipresenti nel film, ci dicono che l’uscita è quanto ricerca la ragazza, l’uscita dal dramma della sofferenza interiore, ma l’uscita è impossibile, è sempre lì a portata di mano, ma non percorribile (ad un certo punto le Exit sembrano moltiplicarsi), tanto che alla fine Emily è prigioniera di un cubo (l’ospedale psichiatrico) come lo era all’inizio (l’appartamento grigio nel cuore di New York).