mercoledì 13 novembre 2013

Buster Keaton, la poetica della slapstick comedy

Buster Keaton e la poetica della Slapstick Comedy


Il termine slapstick deriva dal batacchio o bataccio — chiamato slap stick in inglese — un oggetto composto di due listarelle di legno unite tra loro a una estremità e utilizzate nella commedia dell'arte, in particolare dal personaggio di Arlecchino. Quando viene percosso, il batacchio produce un forte schiocco, anche se viene esercitata una piccola forza, alla persona colpita con esso. Gli attori possono così colpirsi ripetutamente l'un l'altro con grande effetto senza farsi male. È stato tra i primi effetti speciali dello spettacolo.


Il vaudeville
Buster Keaton nasce a Pickwick, nel Kansas, il 4 ottobre 1895 (2 mesi prima della mitica proiezione dei Lumiere che a Parigi inaugura l'arte del cinema). La leggenda vuole che il nome, il cui significato è colui che urla o il fenomeno, gli venisse dato dopo che ruzzolando dalle scale fu raccolto dal mago Houdini che esclamò: "Che fenomeno!"


Nel 1899 è già sul palcoscenico con i genitori impegnato nelle acrobazie richieste dagli spettacoli di vaudeville, l'equivalente del varietà italiano ma con una componente più circense degli spettacoli offerti, di cui il padre era protagonista. Nello show I tre Keaton, Buster era utilizzato come scopa umana (e la scopa sarà un oggetto che comparirà spesso nei suoi film) 



e suo padre, fra l'altro, era accusato di inscenare spettacoli violenti con il bambino, costretto a frequenti cadute e al proposito ricorda: "Una delle prime cose che notai, afferma Keaton, fu che ogni volta che sorridevo (dopo una caduta) o facevo capire al pubblico quanto mi divertivo, loro sembravano ridere meno. Credo che la gente si aspetti che nessuna scopa, strofinaccio, sacco di patate, o pallone da calcio umano si diverta a essere trattato in quel modo. In ogni modo facevo apposta a sembrare infelice, umiliato, perseguitato, tormentato, vessato, stupito e confuso. Altri attori fanno ridere con le loro battute. Non io. Al pubblico non piacerebbe. E mi sta bene. Per tutta la vita mi son sempre sentito felicissimo quando gli spettatori si dicevano guardandomi: "Guarda quel poveraccio!"


In realtà Buster racconta che in sedici anni di vaudeville egli saltò soltanto uno spettacolo per un infortunio, nonostante con frequenza il padre lo gettasse contro i fondali del palcoscenico o gli assi di legno del pavimento (una volta dietro una di quelle scene c'era un muro e Buster si fece un enorme bernoccolo; spesso Buster subiva calci in faccia e a seguito di uno di questi restò semisvenuto per 18 ore).


Perchè la famiglia Keaton (madre, padre e Buster) perseverava in quella vita nomade e pericolosa? Semplice, si guadagnava molto bene. Nel loro girovagare per i teatri di mezza America, in media i Keaton guadagnavano 225 dollari a settimana. In compenso il piccolo Buster non frequentò mai la scuola, se non in rarissime eccezioni. Il suo talento di mimo si fece sempre più raffinato. Egli ammise che suo padre non gli insegnò niente, ma Buster agì sempre per imitazione: "Eseguivo cadute azzardate senza farmi male perchè avevo imparato il trucco quando ero così piccolo che, in seguito, il controllo del mio corpo diventò puramente istintivo. Se sul palcoscenico non mi sono mai rotto niente è perchè ho sempre evitato di ricevere l'impatto di una caduta sulla nuca, alla base della colonna vertebrale, sui gomiti o sulle ginocchia. In quel modo le ossa si rompono. I lividi, le contusioni, vengono solo se non si sa quali muscoli flettere e quali rilassare."


Una volta papà Keaton gettò addirittura il figlio addosso ad uno spettatore di prima fila che aveva osato farsi beffe della madre che suonava il sax (la prima donna a farlo su un palcoscenico americano). Gli spettacoli si susseguivano anche nei cosiddetti matineè con sempre maggior successo, ma anche con diversi problemi che creavano le associazioni di difesa dei bambini che vedevano in quegli spettacoli un pericoloso abuso nei confronti dei minori. Nel momento che la famiglia si allargò, un movimento di protesta impedì a papà Keaton di utilizzare i bambini nelle sue performance e venne messo un limite a 5 anni all'utilizzo degli stessi negli spettacoli. A New York per due anni addirittura i Keaton non poterono esibirsi a causa dell'ostracismo di diverse associazioni (tra queste la Gerry Society) e così la famiglia emigrò per un po' di tempo in Inghilterra, siamo nel 1911, dove le esibizioni continuarono senza sosta.


Certo che i primi spettacoli furono accolti con una certa freddezza: "Dalla galleria venne qualche risolino, ma la platea, i palchi e le balconate ci accolsero con un silenzio perfetto", racconta Buster a proposito della prima a Londra (al Palace Theatre, il più famoso teatro di vaudeville del mondo). Uno degli impresari così commentava con papà Keaton: Gli hai fatto paura (al pubblico ndr), credono che tu stia facendo del male a Buster. Lo spettacolo è troppo brutale per loro". Un altro gli chiese: E' un bambino adottato quello che usate nel vostro spettacolo? Chi, Buster? Esclamò il babbo. "Certo che no, è mio figlio" "A giudicare dal modo in cui lei lo sbatte di qua e di là, pensavo fosse stato adottato e che a lei non importasse niente di lui".
In realtà la seconda parte della tourneè fu un successo e i Keaton poterono tornare negli Stati Uniti con una certa soddisfazione. 


A New York i Keaton recitarono in quello che era considerato il più importante teatro di vaudeville americano, lo Hammerstein's Victoria, per quanto furono portati in tribunale per lo sfruttamento dei bambini e fu loro impedito di fare spettacoli a New York per due anni. Del vaudeville che veniva presentato in quel teatro Buster ebbe a dire: "Il vaudeville è varietà e Willie (l'impresario del teatro ndr) cercava di dare ai suoi spettatori tutto ciò che potesse divertirli, affascinarli, stupirli, confonderli, incantarli. E intendo dire tutto, da Sober Sue, "La ragazza che non ha mai riso", a Don il cane parlante, mangiatori di fuoco, prestigiatori, clown, uomini in grado di fare operazioni matematiche difficilissime, cavalli che sapevano contare, melodrammi, commedie, tuffatori, pattinaggio sul ghiaccio e squadre di pallacanestro in bicicletta...Willie forniva di ortaggi il pubblico che poteva così sfogarsi sugli attori che non gradiva...". Gli spettacoli dei Keaton, che duravano in media sui 15 minuti, proseguirono con successo anche sulla West Coast per quanto il padre di Buster fosse sempre più dedito all'alcol e i loro numeri di acrobati rompicollo, giocati sulla estrema precisione e sincronismo dei movimenti, risultassero rischiosissimi con uno dei protagonisti non esattamente sobrio. "Nel nostro spettacolo, dice Buster, il tempo era importantissimo. Essere mezzo secondo in ritardo nel tirare un calcio o scansare un pugno voleva dire rompersi le ossa. Il babbo non diventò mai un ubriacone incerto sulle gambe. Ma bastava molto meno per mettere in pericolo la salute di tutti e due". Le mutate condizioni del padre indussero Buster e la madre ad abbandonare la tourneé nell'ovest. 

Il cinema
Buster si diresse a New York dove fece l'incontro della vita, era il febbraio 1917, con l'attore comico Lou Anger che lavorava nel cinema con Roscoe Fatty Arbuckle. Quest'ultimo, da poco passato a produrre per Joe Schenk, offrì a Buster l'opportunità di lavorare con lui nei Colony Studios, su suggerimento di Anger che ben conosceva gli spettacoli dei Keaton.


Del suo primo film, un due rulli (20 minuti circa) dal titolo The butcher boy, così ricorda Buster: "Arbuckle, che pesava quasi un quintale, mentre lavorava con il produttore Mack Sennett era diventato un maestro nel lanciare torte in faccia. Quel giorno scoprii che era capace di mettere il cuore, oltre a tutti i suoi chili, nel lanciare con una devastante precisione i sacchi di farina. In quel sacco c'era tanta forza da farmi capovolgere letteralmente...Mi entrò tanta farina in bocca e nelle narici da poterci fare una delle torte che preparava la mamma. E poiché ero nuovo del mestiere, mi aiutarono a tirarmi su e mi tolsero la polvere di dosso. Ma ci vollero quindici minuti prima che potessi respirare liberamente."



Era l'inizio della sua carriera da straccio umano, una carriera che lo vedeva retribuito con 40 dollari a settimana, ben misero compenso in confronto a quanto guadagnava con il vaudeville (dove portava a casa anche 250 dollari a settimana), tanto che il padre rifiutò le prime offerte di fare cinema così rispondendo ad un produttore che glielo proponeva:  "Cosa sta dicendo? Vuole proiettare I tre Keaton su un lenzuolo per 10 cents?" Quelle che venivano definite ombre sui muri erano disprezzate da molti attori di vaudeville che mai avrebbero pensato che quelle ombre presto avrebbero rimpiazzato proprio il teatro nelle preferenze degli americani.
Ma il cinema ormai era in piena evoluzione. Nel 1919, attori del calibro di Charlie Chaplin (anch'egli con un passato nel varietà e Keaton lo vide in uno sketch da vaudeville rimanendone impressionato pur non immaginando che sarebbe diventato il più grande comico di sempre), Mary Pickford e Douglas Fairbanks crearono la United Artists insieme al regista D. W. Griffith. Keaton, che veniva dalla esperienza della guerra in Europa, trovò il cinema americano spostato verso ovest, ad Hollywood e in uno dei nuovi studios realizzati in quell'anno, i Metro di Marcus Loew, realizzò come protagonista un film da sette rulli dal titolo The saphead.


Così racconta Keaton: "Mentre giravo The Saphead, Joe Schenck comprò gli studios di Chaplin e li ribattezzò Keaton Studios. Quando finì quel film mi assegnò la troupe di Arbuckle e mi propose un nuovo contratto, che consisteva in 1000 dollari la settimana, più il 25 per cento dei profitti dei miei film. Dissi di voler fare solo commedie lunghe nel futuro, ma lui non fu d'accordo. Schenck insisté perché facessi quelle da due rulli. Non riuscii a convincerlo che l'affare del futuro erano le commedie lunghe. Se ce l'avessi fatta, la mia carriera avrebbe preso un'altra strada. In quei giorni né Chaplin, né Llooyd facevano commedie lunghe, e avrei avuto su di loro il vantaggio di essere partito per primo".


Nei primi anni Venti, l'epoca d'oro delle commedie, Chaplin incassava 3.000.000 di dollari a film, Lloyd 2.000.000, Keaton poco di meno (per un costo a film di 200.000 dollari) e i loro rimanevano film di due rulli i cui biglietti costavano di più dei normali lungometraggi di qualsiasi altro genere. Keaton comunque non guadagnerà mai come i due suoi concorrenti ma di questo non avrà mai a lagnarsi ammettendo che "... diventare molto ricchi elimina alcuni degli incentivi per fare i clown e le cadute sul sedere che faccio ogni volta che lavoro...Grazie alle nostre tasse, non c'è pericolo che diventi milionario".


Con la Metro Keaton girò anche i suoi primi due rulli autonomi da Arbuckle e mise su un gruppo di collaboratori fissi di cui si fidava. Tra questi vi erano anche un gruppo di sceneggiatori che in realtà non scrissero mai sceneggiature nel senso classico del termine, ma si specializzarono nel buttar giù gag, sketch e canzoni. In questo senso Keaton ci tiene a precisare: "Non erano letterati. Non dovevano esserlo. Le uniche parole che si dovevano scrivere erano quelle dei titoli e dei sottotitoli. Meno sottotitoli si usavano, meglio era per il film. Nei nostri film muti il pubblico rideva per quello che vedeva accadere sullo schermo. I commenti che scrivevamo servivano a sottolineare l'assurdità delle cose, delle azioni degli attori, l'illogicità delle situazioni in cui si infilavano i personaggi e da cui dovevano scappare. Ogni tanto chiamavamo degli autori famosi e brillanti da New York. Non ne ricordo uno, di questi romanzieri, giornalisti e sceneggiatori di Broadway, che riuscisse a scrivere il materiale di cui avevamo bisogno"


Nonostante questo per Buster la storia rimaneva una componente essenziale dei suoi  "due rulli" (al contrario di Arbuckle) ma ammette: "Una cosa che non facevamo mai, mentre giravamo le nostre commedie mute, era di buttare giù sulla carta la storia. D'altro canto non sarei mai stato d'accordo a cominciare a girare prima di avere in mente un finale soddisfacente. L'inizio era facile, la parte di mezzo andava avanti da sola, e sapevo che per quanto riguardava le gag, io e gli autori ne avremmo trovate di buone strada facendo".
Il cast dei due rulli era sempre ridotto, in genere erano tre i personaggi, un cattivo, Keaton e una ragazza che, come diceva lo stesso comico, "era lì perchè io e il cattivo avessimo qualcosa per cui lottare".


Questo clima di allegra creatività fu interrotto bruscamente una mattina di settembre del 1921 quando scoppiò lo scandalo Arbuckle. Il comico fu coinvolto nella morte accidentale di una giovane ragazza che partecipò ad una festa da lui organizzata nell'albergo dove alloggiava a San Francisco e dove festeggiava la fine delle riprese della sua ultima fatica.


La ragazza ebbe un malore (sembra in seguito ad un cocktail di gin) e morì pochi giorni dopo in ospedale. I dettagli della serata furono oggetto di indagini (sembra che Arbuckle avesse provato del ghiaccio sulle gambe della ragazza seminuda, per verificare che fosse svenuta, e da questa indiscrezione si fosse arrivati a denunciarlo di aver violato con il ghiaccio le parti intime della giovane tanto da provocarne la morte) e il comico fu oggetto di una campagna denigratoria che, accompagnata ad una accusa per omicidio preterintenzionale, segnò la fine della parabola di Arbuckle. Ben tre processi non portarono a niente se non al completo scagionamento di Arbuckle, ma l'odio che si scatenò nei suoi confronti fu sufficiente a minare l'autostima di Roscoe che comunque trovò in Hollywood un ambiente meno spietato e cinico di quanto si potesse aspettarci (riprese in breve a lavorare per quanto non raggiunse più il successo dei film del periodo 1917-1920).


Per Keaton, se da una parte finì la collaborazione con Arbuckle, dall'altra iniziò la folgorante carriera da "solista" che ebbe in One Week il primo film che lo vide protagonista. In questa pellicola Keaton andò incontro ad uno dei suoi numerosi infortuni, rimediando echimosi e gonfiature su tutto il corpo a seguito di una caduta, prevista dal copione, da una porta messa per sbaglio al secondo piano. Il terreno era stato "ammorbidito" scavando una buca e riempiendola di paglia ma per Keaton l'impatto fu tutt'altro che indolore. Qualche anno dopo si sarebbe addirittura rotto l'osso del collo in una famosa sequenza del film Sherlock Junior che prevedeva una sua caduta da una cisterna di acqua. Così la descrive l'attore: "In questa scena correvo sul tetto di un treno e mi aggrappavo a una fune che penzolava da un deposito dell'acqua per calarmi a terra. Così potevamo girare la gag dell'acqua che si rovesciava fuori. Ma avevamo sottovalutato la massa d'acqua che mi sarebbe caduta addosso da quell'apertura di un metro. Mi colpì con una forza tale da farmi perdere la presa sulla fune. Caddi e il mio collo sbatté con forza proprio sui binari".




Nel 1923 Buster abbandona i film in due rulli e inizia l'avventura con i lungometraggi. Così spiega il passaggio: "I lungometraggi richiedevano otto settimane di lavorazione contro le tre normalmente richieste dai due rulli. Questo nuovo tipo di impegno mi consentiva di avere molto più tempo a disposizione per la costruzione della storia e per tutto il lavoro di preparazione (aveva firmato con la Metro un contratto per due film l'anno). In una o due delle ultime due-rulli avevo cercato di inserire una storia. Ma questo non si era rivelato sempre possibile e, nelle commedie corte, più spesso c'erano le gag e meglio era. Nei lungometraggi capii che era necessario presentare dei personaggi credibili in situazioni che il pubblico avrebbe accettato. il modo migliore, scoprii, era cominciare con una situazione normale, poi inserire qualche complicazione, ma non tale da impedire le risate.


Questo ci permetteva di far vedere i personaggi entrare e uscire da situazioni non difficili. Era nella parte finale del film che infilavamo i personaggi nei problemi grossi, scatenando così le grandi risate, che raggiungevano il massimo all'avvicinarsi della catastrofe. non ripetevo mai una gag, nè usavo due volte la stessa trama se non le avevo camuffate così bene da renderle irriconoscibili. Spesso la storia era basata su una situazione melodrammatica...ma non era necessario che la situazione fosse sempre seria...una delle prime decisioni che presi fu quella di smetterla con le torte in faccia. Smettemmo anche di usare le gag che chiamavamo impossibili o da cartone animato (e lui cita la gag della piscina in Hard Luck)".



Tratto da Memorie a rotta di collo (Conversazione di Buster Keaton con Charles Samuels; Edizioni Feltrinelli, 1993)


Volendo riassumere gli elementi del comico keatoniano, nella sua prima fase dei film a due rulli, possiamo dire: 
L'origine della slapstick va cercata nel circo, nella commedia dell'arte, nel burlesque e non nella letteratura o nel teatro più tradizionale. Come il burlesque, la slapstick si fonda su spettacoli di breve durata, su una frenetica concatenazione di gag e su una recitazione (se così la vogliamo chiamare) basata sulla mimica e sulla improvvisazione. Nel cinema americano il padre fondatore del genere è il produttore Mack Sennett che nel 1912 fonda la Keystone per cui, peraltro, Keaton, anche con una punta di orgoglio, non girerà mai un minuto di pellicola.


I luoghi della slapstick sono generici, spesso luoghi reali in esterni (e ciò non era molto usuale per l'epoca del muto), i personaggi sono poco più che maschere immediatamente riconoscibili per i comportamenti o i costumi che li caratterizzano, la narrazione è elementare, quasi primitiva nella sua parossistica ripetizione e accumulazione seriale di gag.


Vi è fondamentalmente una sorta di anarchia creativa con un crescendo di spettacolarità delle gag fino alla grottesca esplosione finale di violenza e acrobazie preludio alla finale ricomposizione (per quanto in Keaton i finali non siano mai il ritorno alla piena normalità, ma lascino un senso di precarietà e incompiutezza). Il movimento ha la meglio sul pensiero, il caos combatte contro la ragione e ne esce spesso vincitore.


Specie nei film con Arbuckle l'intreccio è veramente minimo, i luoghi ridotti a due tre scenografie (il primo The butcher boy è quasi interamente ambientato all'interno di un emporio di paese pieno di oggetti pronti a diventare altrettante armi comiche nelle mani dei protagonisti), tanto che Fatty confida a Keaton, peraltro mai troppo convinto su questo: "Non dimenticare mai che il pubblico del cinema ha un'età mentale di dodici anni".


I meccanismi della slpstick possono poi essere esasperati nel crescendo emotivo e di tensione della storia, così che i piccoli inconvenienti dell'inizio si fanno via via sempre più catastrofici, disastrosi e persecutori. Il sogno entra spesso in scena come variabile che permette l'uscita da quelli che si possono identificare come veri e propri incubi, dove l'ordine razionale del mondo è continuamente messo in discussione e le aspettative del pubblico vengono regolarmente disattese e ribaltate. La regola è preda o sfocia essa stessa (come nel caso di One Week) nel caos e nell'anarchia.


Lo spiazzamento del pubblico non si conclude nei finali dei film di Keaton, in quanto talvolta il ritorno alla realtà è soltanto fittizio o temporaneo e i personaggi non finiscono quasi mai per ritrovarsi in una realtà solida che sgombri del tutto le apparenze del sogno e dell'incubo. Il tutto condito dalla abilità circense dei protagonisti, a partire dallo stesso Keaton, che fanno della comicità un meccanismo ad orologeria praticamente perfetto e basato su maestria, abilità e virtuosismo e su una messa in scena di millimetrica precisione.


La commedia di Keaton ci presenta un personaggio proiettato verso un mondo tipicamente adolescenziale dove la componente del sogno è fondamentale. Non solo, ma la dimensione del gioco la fa da padrone, un gioco di imitazione e fuga da una realtà che si fatica ad accettare così com'è e si presenta con un volto ostile quando non assurdo.


Ecco allora la continua evasione onirica (e aggiungiamo anche cinematografica, specie in Sherlok Junior, con la sua fugga letterale dentro lo schermo) ed anche il rapporto con le donne è sempre sul filo di una tenerezza quasi infantile (pensiamo ai casti e timidi baci che Buster concede alle donne che conquista o ai giochi di seduzione infantili, come i bigliettini d'amore scambiati attraverso una staccionata, in The neighbors). 


La stessa dimensione spaziale è deformata, e Keaton si muove o è inquadrato in luoghi che sono sempre o troppo grandi o troppo piccoli per lui (l'insistenza del campo lungo che fa sperdere o scomparire la figura di Keaton). Le sue sono storie di formazione, ma una formazione inconsapevole e in continuo conflitto con una tendenza alla regressione. Gli oggetti, ed in particolare le macchine, per quanto gigantesche, non sono mai ostili come per Chaplin, sono semmai seducenti e attrattivi, ma molto spesso ingovernabili ed ingestibili, con regole (vedi il montaggio della casa in One Week), che paiono assurde ed incomprensibili al povero Buster.


Questi si trova catapultato nel mondo adulto (mondo sul quale incombono il caos e il disordine), suo malgrado, e da subito cerca disperatamente di tornare al punto di partenza e se proprio accetta la sfida e  lotta per cambiarlo, è destinato inesorabilmente alla sconfitta.


Volendo concludere questo percorso dentro il mondo slapstick di Keaton potremmo dire che la sua grandezza sta forse proprio nella fusione di una componente anarchica che è nei contenuti delle storie e di una componente virtuosistica e perfettamente regolata come un orologio svizzero che è nella forma dei meccanismi delle gag.



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