lunedì 1 ottobre 2018

Sinister


  • GENERE: Horror 
  • ANNO: 2012
  • REGIA: Scott Derrickson
  • ATTORI: Ethan Hawke, Vincent D'Onofrio, James Ransone, Fred Dalton, Juliet Rylance
  • PAESE: USA
  • DURATA: 110 Min
  • DISTRIBUZIONE: Koch Media
Sinister
Dal De Occulta Philosophia a Shining
Ellison Oswalt (nome doppiamente allusivo perché composto da Walt e Oswald, entrambi riconducibili a Disney e al suo mondo fatato ed innocente che, evidentemente, in questa storia vengono minacciati) è uno scrittore di romanzi neri basati su fatti realmente accaduti. 

La sua notorietà è in parabola discendente e il successo toccato con il suo best seller Kentucky Blood non si è più ripetuto; economicamente non più solidissimo, si trasferisce con la moglie Tracy e i due figli, Travis e Ashley, in una nuova residenza nella quale, ma in famiglia soltanto lui lo sa, si è consumato un efferato delitto: quattro appartenenti alla famiglia che vi abitava sono stati trovati impiccati e una loro figlia è scomparsa. 

Ellison non giunge casualmente in quel luogo, ma la sua scelta è dettata dal tentativo di scrivere un nuovo romanzo basato proprio su quel delitto. E’ una scelta di cattivo gusto, sottolinea lo sceriffo al momento di “dare il benvenuto” al nuovo arrivato, verso il quale non nutre particolare simpatia visto che nei i suoi romanzi le forze dell’ordine non ricevono mai una adeguata considerazione.
Queste informazioni sono sufficienti per entrare nel mondo di questo bel horror di Scott Derrickson, un regista che si era fatto le ossa nel genere attraverso film come Hellraiser L’inferno (2000) e L’esorcismo di Emily Rose (2005), ma aveva sfondato al botteghino con la sci-fi Ultimatum alla Terra (2008) grazie soprattutto alla presenza del “matrixiano” Keanu Reeves. 

Sinister resta al momento, decisamente, il suo miglior film (nemmeno sfiorato dal successivo e deludente Liberaci dal male), girato con un badget ridottissimo (appena tre milioni di dollari) ed affidato, per la parte di protagonista, ad un attore di grande richiamo come Ethan Hawke, che per la prima volta si cimentava nel genere horror.
Quello che si presenta di fronte ai nostri occhi è, in apparenza, un horror piuttosto convenzionale, ma soltanto nelle premesse. La casa infestata, la famiglia assediata, il demone in agguato sono topos che ci aspetteremmo di veder sciorinare con tanto di mamme spaventate e fughe verso altri lidi. Derrickson compie però un’operazione interessante; gioca con lo spettatore e lo invita, come ci mostra con il protagonista stesso, a guardare più a fondo, ad analizzare e scandagliare ciò che sta vedendo. 


Ellison ritrova in una soffitta uno scatolone pieno di filmini super 8, i classici “home movies” di cui sono piene le soffitte americane, e non solo. Il suo viaggio di scoperta è un vero e proprio inabissamento in apnea e una fuga verso la solitudine. 

Ellison è una sorta di one man show su cui si sofferma lo sguardo della macchina da presa e i demoni che vanno materializzandosi sono esclusivamente suoi. La moglie è una figura di puro contorno cui non spetta nemmeno l’onere di qualche spavento a buon mercato. E’ Ellison che ha paura, è lui che vede i fantasmi e li deve affrontare da solo.
Quella che conduce è una vera e propria inchiesta all’interno del suo particolare luogo sacro, del suo personalissimo tempio, il suo studio, dentro il quale involontariamente invoca l’entità sovrannaturale.

Il primo comandamento che impartisce ai figli è quello di non varcare mai la soglia del suo studio dentro cui viene montato una sorta di altare pagano costituito dal telo e dal proiettore in super 8. Sullo schermo vengono a definirsi dei veri e propri sacrifici umani nel segno dei quattro elementi del mondo sublunare: terra, aria, acqua e fuoco. Ellison vede affogare (acqua della piscina), bruciare (fuoco nell’auto) e penzolare per aria i componenti di famiglie che hanno precedentemente avuto il contato con l’entità. A lui toccherà strisciare nel pavimento e morire a contatto con l’ultimo elemento, la terra. 


Ellison evoca involontariamente, ma non troppo, un demone attraverso un simbolo che, stampato direttamente da un frame di uno dei filmini, diventa l’oggetto capace di richiamare in vita le forze del maligno. 

Ellison non ha le caratteristiche tipiche di un sacerdote a cui si richieda l’intercessione presso la forza evocata e che invoca nominandola o usando un simbolo (come nel nostro caso). Il simbolo, in effetti, ha proprio la funzione di limitare l’accesso all’entità ai soli in grado di interpretarlo e conoscerlo (eliminando dalla possibilità gli impuri e i non degni); il sacerdote deve essere non solo puro, ma anche sapiente, deve sapere e conoscere la via verso lo spirito, sia esso maligno o benigno. Queste parole le traiamo da Cornelio Agrippa, un filosofo esoterico del Cinquecento il cui libro più famoso, De Philosphia Occulta Libri Tres, compare abbastanza visibile nei titoli di coda del film, come fosse stato un testo di riferimento per gli autori della sceneggiatura. Alcune delle tavole che compaiono nei titoli sono tratte dallo stesso libro, mescolate ad altre completamente inventate, a partire dallo stesso simbolo di Baghuul il demone protagonista della storia.



Agrippa ci parla di magia e la suddivide in tre grandi settori: la magia naturale, la magia celeste e la magia cerimoniale. Quest’ultima è preposta all’evocazione degli spiriti e delle forze che governano il mondo, tutte espressione dell’unico grande spirito che è Dio. L’evocazione involontaria dello spirito, specie se maligno, ha conseguenze imprevedibili. Ellison, del tutto impreparato, involontariamente dona materialità al demone che compare nei filmini amatoriali, ma questo comparire sembra veramente un effetto dell’involontaria evocazione. 

Nel filmato dell’impiccagione, ad esempio, Baghuul non compare fino a che Ellison non lo riconosce mimetizzato tra gli alberi, ma la comparsa di Baghuul sulla pellicola è successiva alla scoperta del filmino. Ecco allora che la pellicola diventa il veicolo attraverso cui lo spirito si muove e ricompare. Nel finale, non casualmente, Baghuul porta via Ashley proprio attraversando lo schermo ed entrando nello spazio della proiezione. 

Ma Ellison non sa, non ha la sapienza, tant’è che guardando per la prima volta quei video scrive su un foglio diverse domande che non hanno risposta: Chi ha girato il video? Dov’è Stephanie? Perché è stato filmato? Sono tutte domande che presuppongono uno scandaglio analitico approfondito, che Ellison intraprenderà, ma che non tengono conto di quanto occultamente abbia scatenato. 

Così si esprime Agrippa a proposito della Magia Cerimoniale: Chiunque voi siate che intendete dedicarvi a questa scienza, custodite in fondo al vostro cuore una dottrina tanto eccelsa, occultatela con ferma costanza, non arrischiatevi a parlarne. Perché, disse Mercurio, è un offendere la religione il confidare al pensiero irreligioso delle masse parole impregnate della maestà divina e Platone proibì di divulgare tra la plebe i secreti contenuti entro i misteri. Anche Pitagora e Porfirio obbligavano i loro discepoli al segreto intorno alla religione e Orfeo esigeva da coloro che iniziava alle cerimonie delle cose sacre il giuramento del silenzio, per impedire che i segreti della religione giungessero sino alle orecchie profane.
Perciò, nel suo inno al verbo consacrato, egli canta: Io esorto voi, amici della virtù, ad ascoltate le mie parole e a tendere le vostre menti. E voi invece che disprezzate le leggi sante, allontanatevi, profani disgraziati!
Così pure non si ricevevano che gli iniziati durante la celebrazione dei misteri di Cerere Eleusina, e l’araldo imponeva a gran voce ai profani di allontanarsi dal luogo delle cerimonie. Noi leggiamo in Esdra lo stesso comandamento intorno ai misteri cabalistici degli ebrei: Offrite questi libri a coloro che hanno la saggezza e che conoscete capaci di comprenderli e di custodirne il secreto. Gli egiziani scrivevano i segreti delle cerimonie su papiro ieratico con caratteri occulti sacri. Macrobio, Marcellino e gli altri Storiografi dicono che questi caratteri erano chiamati geroglifici e che i profani non erano in grado di leggerli.
Ebbene Ellison ha scomodato, involontariamente, le forze dell’occulto per un mero impulso egoistico nella speranza di scrivere un libro che gli ridoni fama e autostima. Ma questa sua volontà va contro il senso della rievocazione sovrannaturale e i bambini, vittime di Baghuul, che invitano al silenzio lo fanno in prima persona a Ellison, ma questi non comprende ed infrange la prima regola, proprio quella del silenzio stesso. 


La sua confessione al poliziotto (il vice tal dei tali, come compare sullo screen del suo telefonino, una figura apparentemente insignificante, ma proprio per questo indegna di entrare a far parte dei misteri) è la trasgressione del precetto che prevede la inevitabile punizione. Alcuni numeri compaiono sullo schermo, sono le cifre del countdown dei video, ma sono anche numeri evocativi (il 3, il 6, l’8, una delle bobine che si appresta a vedere è numerata 66!) che hanno un preciso significato esoterico ed Ellison nuovamente vede ma non comprende, anzi non afferra, tant’è che all’apparire del numero 8 questi è addirittura di spalle. 

Ecco che il demone può materializzarsi ed entrare nella dimensione del reale grazie alla ignoranza (poco dotta) e alla angusta capacità di vedere e pre-vedere di Ellison. A più riprese Baghuul guarda verso Ellison, colui che lo ha richiamato in vita, lo guarda sfidandolo, contando sulla limitata capacità divinatoria dello scrittore. Questi, convinto del proprio potere investigativo, induttivo e razionale non si rende conto dei limiti del proprio agire e della propria capacità di vedere a fondo nelle cose.
Questa immersione nella filosofia esoterica cinquecentesca non deve farci sfuggire gli elementi di modernità del film. Siamo nuovamente di fronte ad un refrain dell’horror contemporaneo. I figli sono insidiati da forze maligne che vogliono separarli dal nido familiare. Mr. Boogie (così è nominato nei disegni che i bambini fanno degli efferati delitti che compiono) non è altro che il demone che si insinua tra le crepe delle pareti domestiche. 

Ellison rappresenta il padre assente che è capace di trasmettere un ordine ma non crea un feedback affettivo con i figli. Il suo isolamento è sottolineato dalla stessa moglie che lo invita a lasciar perdere il libro, perché i suoi figli sono più importanti e non torneranno più. Ellison non sa rispondere altro che balbettando frasi di circostanza introdotte dall’egocentrico “potrei…potrei…potrei…” che diventa l’alibi per il suo disimpegno dal ruolo di padre. 


Il successo che va cercando di ritrovare è tutto nelle sbiadite e difettose vhs che, solitario, riguarda con un velo di malinconia; vhs che trasmettono vecchie interviste al noto scrittore sulla cresta dell’onda. Sono forse le immagini che Ellison riesce a tradurre con maggior chiarezza, tanto che non può trattenere una smorfia di delusione riguardandole, ma, ingannando se stesso, vuole emulare, come riavvolgendo il nastro, provando a ritrovare quel successo perduto. 

Ecco allora che la sua solitudine nel luogo inaccessibile è ancora più appariscente; i figli gli lanciano dei segni che coglie troppo tardi, Ashley usando il codice sacro delle immagini nelle quali, ad esempio, vediamo inizialmente dipinti degli unicorni gialli (il simbolo di Cristo) sostituiti alla fine (in una sorta di colpevole sostituzione), quando la bambina si decide a “dipingere” l’intera casa col sangue delle vittime sacrificali, dal simbolo di Baghuul, segno del male e della carneficina. L’esclamazione che Ashley porge al padre prima di ucciderlo è terribilmente centrata: Tranquillo papà diventerai di nuovo famoso.

Questa punizione dell’egoismo e dell’egocentrismo è la lucida linea rossa che tratteggia il film, contrassegnato dai filmini familiari inizialmente rassicuranti e pronti a nascondere efferate verità, in una situazione di continua incertezza che quelle scatole vuote sottolineano; l’instabilità familiare e il pericolo stanno nella precarietà del possesso del luogo, della casa, nel duplice trasloco, nel bambino che finisce dentro una scatola come se fosse un arredo da spostare, ma stanno anche, a livello extradiegetico, laddove la pellicola del film inizia a presentare i difetti, i salti e le imperfezioni dei super 8 dell’orrore; lentamente, ci mostra con raffinatezza Derrickson, il nostro protagonista sta costruendo il suo personale filmino dell’orrore di cui diverrà involontario protagonista; 


Baghuul non è in lui, come poteva essere posseduto il Jack Torrence di Shining cui Sinister deve molte delle proprie atmosfere (a partire da quel padre che si aggira con una mazza da baseball per la casa, fino all’ascia insanguinata finale), ma gli è a fianco e il risultato è lo stesso; per interposta persona a Ellison riesce quello che a Jack Torrance, un figlio un po' impertinente e “illuminato”, aveva impedito, ovvero, sterminare la famiglia. Purtroppo però lui stesso è la vittima principale.


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