lunedì 15 gennaio 2018

Le confessioni



REGIA: Roberto Andò
ATTORI: Toni Servillo, Connie Nielsen, Pierfrancesco Favino, Daniel Auteuil, Lambert Wilson, Richard Sammel, Marie-Josée Croze, Moritz Bleibtreu, Togo Igawa, Johan Heldenbergh, Andy de la Tour, John Keogh, Aleksey Guskov
SCENEGGIATURA: Roberto Andò    FOTOGRAFIA: Maurizio Calvesi     MONTAGGIO: Clelio Benevento
PRODUZIONE: Bibi Film TV, Barbary Film, Rai Cinema    PAESE: Italia, Francia     
ANNO: 2016   DURATA: 100 Min

                                    
Quello che Roberto Andò ci offre nel suo ultimo film “Le confessioni” è una riflessione, intrisa di echi letterari e filosofici, sul mondo presente dominato da logiche economico-politiche che paiono sfuggire alla comune percezione e trovano la loro ragione d’essere in complicati meccanismi di potere occulto ed inaccessibile. Il pianeta, sembra dirci l’autore di “Viva la libertà”, è nelle mani di pochi potenti che possono deciderne le sorti e spostare il destino di milioni di uomini. Il film, nel suo procedere tra atmosfere noir (c’è un morto, un presunto delitto da svelare) e metafisiche (la presenza di Servillo, ma non solo, anche l’ambientazione plumbea mitteleuropea, inducono a sentire l’echeggiare del Sorrentino de “Le conseguenze dell’amore”) ci conduce tra le stanze di un hotel di lusso, sperduto nel cuore della Germania, dove i ministri dell’economia degli otto paesi più potenti del mondo stanno accordandosi per varare una manovra economica su scala mondiale che cambierà il destino di milioni di persone.

L’idea degli sceneggiatori è quella di entrare in quel luogo inaccessibile facendoci introdurre da un personaggio che appare come un invitato fuori luogo: il frate certosino Roberto Salus (Toni Servillo). La sua tonaca bianca, anche cromaticamente, si muove per contrasto tra personaggi ingessati in abiti scuri portando un vento di novità che occhi indiscreti scrutano con curiosità ed interesse. Salus è la nota dissonante in una sinfonia cupamente armonica nella quale politici, economisti e banchieri, al di là delle divergenze di facciata, trovano modo di venirsi incontro su un comune piano di interessi incrociati.



Ma Salus non è il solo personaggio divergente, c’è anche una scrittrice per bambini, Claire Seth (interpretata da Connie Nielsen il cui personaggio richiama quello della scrittrice di Harry Potter, J. K. Rowling) la cui presenza sensuale e discreta ammanta di ulteriore mistero l’atmosfera del film. Una intellettuale e un religioso scombinano i piani dei potenti e portano una ventata di scandalo pasoliniano (un “Teorema” aggiornato) tra i corridoi e le stanze del potere.


Ma la presenza più misteriosa del film è quella di un cane, Rolph, di fronte al quale i potenti, in una sequenza di grande forza, sembrano nutrire una sana e genuina paura. Rolph si aggira furtivo nei corridoi dell’albergo nella notte della morte del banchiere Rocher (Daniel Auteuil), si ribella al padrone (il ministro tedesco) ed è attratto da Salus che seguirà nella sequenza finale del film.


Chi è Rolph? Salus lo ribattezzerà Bernardo (nome monacale per eccellenza) facendone una sorta di domenicano in senso letterale (cane del signore), quasi a voler riconoscere in quell’animale una presenza trascendente che ha richiamato i potenti alla fragilità della loro condizione umana. E qui sta forse il succo tematico del film: gli uomini che decidono le sorti del pianeta, chiusi nei lussuosi, ma ugualmente angusti spazi del potere, non possono evitare di fare i conti con la propria umanità, fragile e sofferente. Rocher scopre di avere un tumore e di fronte alla morte sente il bisogno di aprirsi ad un confessore che porta tra i G8 lo scandalo della presenza di Dio.


Salus cita a più riprese Sant’Agostino (chiamato in causa fin dal titolo) ricordando a coloro che lo incrociano la precarietà della condizione umana (in questo senso il discorso di Andò sembra riprendere il rosselliniano “La presa del potere di Luigi XIV”): Lei parla del tempo come se lo potesse dominare, dice Salus a Rocher, ma il tempo è una dimensione dell’anima e la frase, detta da un uomo che dice di non possedere altro che il silenzio, suona ancora più destabilizzante per chi ha creduto di possedere il mondo.


Tra equazioni incomprensibili e segreti non svelati, tra l’evocazione di ingiustizie palesi ed apocalissi economiche, la presenza del personaggio del monaco offre l’unica serena certezza che il film sembra nutrire, quella della percezione dell’esistenza di qualcuno o qualcosa che giudica ed osserva gli uomini nel loro muoversi tra i corridoi dell’esistenza: Il servo conosce solo l’azione del padrone ma non lo scopo. Dio soltanto conosce i fini. (citazione di Pascal evocata da Salus).


Pubblicato dall'autore del blog sulla rivista Oreundici

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