giovedì 11 febbraio 2016

A ciascuno il suo

A ciascuno il suo [Italia 1967] 
REGIA Elio Petri.
CAST Gian Maria Volonté, Irene Papas, Salvo Randone, Mario Scaccia, Gabriele Ferzetti.
SCENEGGIATURA Elio Petri, Ugo Pirro (tratta dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia). FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller. MUSICHE Luis Enriquez Bacalov.
Drammatico, durata 99 minuti.


 

Il professor Laurana, Gian Maria Volontè, è un intellettuale siciliano immerso in una realtà che non gli appartiene, è una sorta di pesce fuor d'acqua che sopravvive e boccheggia muovendosi incautamente tra predatori di ogni tipo. E' la vittima sacrificale della storia di Sciascia che Elio Petri ha portato sugli schermi nel 1967 ed è l'indiscusso protagonista di una vicenda paradigmatica della Sicilia, ma direi dell'Italia intera di allora e, forse, di oggi. Il professor Laurana è un cretino, ribadisce una voce del coro nel finale pirotecnico del film, l'apoteosi dei furbi macchinatori che hanno la meglio sugli onesti e gli ingenui. Eh si, Laurana e come lui tutti quelli che ancora credono nella verità e nella giustizia, sono dei cretini, è l'amaro epilogo che il film di Petri e il romanzo di Sciascia ci lasciano in eredità.

 
 
 

Siamo nella bellissima Sicilia, più esattamente a Cefalù (per quanto la città non venga mai nominalmente citata, quasi a sottolineare la universalità, quanto meno regionale, delle atmosfere evocate) verso cui scendiamo con un volo aereo che ci conduce nel centro di quella città, ovvero alla piazza della cattedrale, cuore pulsante e ventre materno della stessa. Da quella chiesa, simbolo di religiosità, ma anche e soprattutto, simbolo di potere, partiamo e a quella chiesa ritorniamo al termine della storia, anzi in quel ventre materno rientreranno tutti i personaggi della storia diventati ombre oscure ed indistinte.

 

Il farmacista Manno riceve lettere di minaccia da un anonimo interlocutore, gli amici lo rassicurano e lo invitano a rivolgersi alla polizia perchè è a loro che spettano le indagini. Tra gli amici che parlano ci sono l'avvocato Rosello (Ferzetti) e il professor Paolo Laurana (il cognome ci ricorda quello del pittore autore del quadro La città ideale e forse non è casuale l'accostamento con un personaggio, quello di Volontè appunto, che aspira ad un ideale di verità e giustizia senza però avere gli strumenti per difenderlo) che sono i personaggi chiave della vicenda. Il gruppo di amici è incastonato tra le colonne di un edificio che ricorda la millenaria storia dell Sicilia e quegli uomini paiono provenire da un'altra epoca, vecchi ed immobili come quelle colonne. Ma vecchie ed immobili sono le logiche che sottendono i rapporti umani all'ombra di quelle colonne piuttosto che gli attori in scena, sempre nuovi, sempre diversi.

 

Quell'invito a lasciare alla polizia il compito di indagare è l'invito a lasciare che a ciasuno spetti il proprio compito, la propria posizione sociale cristallizata e codificata. E' il senso del titolo del romanzo (certo amaramente ironico), citazione biblica tratta dalla Lettera di San Paolo ai Romani che riportiamo parzialmente: 
...Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, 5 così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri.  Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; 7 chi ha un ministero attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento; 8 chi l'esortazione, all'esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia...(Romani 12)

 

Chi ha il dono dell'insegnamento attenda all'insegnamento, è il monito di san Paolo che il professor Laurana non raccoglie. E' lui che scopre l'appartenenza di quei frammenti di giornale al quotidiano L'Osservatore Romano (organo ufficiale di stampa del Vaticano), ed è lui che legge la scritta in latino che riporta al detto biblico, ma l'ingenuo professore sa leggere tra le righe di un quotidiano, ma ahimè per lui, non sa leggere il cuore degli uomini, specie di coloro che lo circondano. Ecco allora che intraprende un personale percorso di indagini che si fa più indiscreto e pressante dal momento che il farmacista e il suo amico, il dottor Roscio, rimangono uccisi in un agguato durante una battuta di caccia, ma questo suo percorso gli sarà fatale, proprio per una sorta di nemesi dovuta alla trasgressione dell'ordine biblico. 

 
 

Nella sequenza della caccia il paese è sullo sfondo, immobile nella sua maestosità con la chiesa che troneggia. A me la Sicilia piace a quest'ora (l'ora dell'alba) dice Roscio, vuoi dire che ti piace senza i siciliani, replica il farmacista!!! Di nuovo siamo di fronte al contrasto tra la bellezza, questa volta dei luoghi, e l'asprezza degli uomini. ...Una terra (la Sicilia) in cui non puoi più confidarti con un amico, gli americani almeno hanno la psicanalisi prosegue Roscio; il suo personaggio ci invita ad inquadrare le vicende in un'ottica psicanalitica ed è un invito che ci giunge dallo stesso regista grande appassionato di Freud e del cinema americano il cui stile è ripreso in tutti i suoi film, in particolare in questo.


 

Se l'uso dello zoom è un marchio di fabbrica del cinema di quegli anni, il montaggio serrato, il massiccio utilizzo del teleobiettivo e l'uso intensivo ed espressivo della musica ci rimandano al poliziesco americano, all'action movie alla Peckimpah ed anche al western leoniano.

 

Mostrato il delitto, l'attenzione della vicenda si sposta sul professor Laurana e sul suo mondo che, in fondo, è tutto nella sua stanza privata, nello studio nel quale sta, emblematicamente, dormendo.

 
Laurana è un intellettuale aperto (vediamo i poster di Marylin accanto a quelli di Gramsci, la cultura pop mescolata con la cultura alta, secondo clichè che anticipano la moderna figura dell'intellettuale di fine secolo), ma, nello stesso tempo, un uomo fragile ed incapace di decifrare la realtà che lo circonda, o meglio che sa intuirla, sotto certi aspetti, ma non ha gli strumenti per affrontarla adeguatamente.

 

Così egli ripropone in sè una sorta di reincarnazione della figura di un eretico, che lui stesso cita durante una interrogazione che tiene in uno dei suoi esami, come quella di frate Diego La Matina, aspramente in lotta con il potere del suo tempo (il Seicento) ma inevitabilmente destinato al rogo e alla sconfitta terrena (citazione ed anche omaggio al romanzo di Sciascia La morte dell'inquisitore che proprio quella vicenda racconta).

 
 

Ma Laurana è anche un personaggio psicanaliticamente castrato (come definito dallo stesso Petri), un uomo innamorato della vedova Roscio che non sa cogliere il frutto del suo amore che ha sfumature feticistiche (la sua ossessione per le gambe della donna) ed è coronata dall'inevitabile fallimento dovuto alla sua (presunta) impotenza allusa da qualche malevolo concittadino. Nel generale clima maschilista e sessista, della Sicilia, ma anche dell'Italia tutta, ogni titubanza è interpretata come inequivocabile segno di debolezza sessuale (Sciascia, e con lui Petri, accentuano queste caratteristiche del personaggio, insistendo sulla presenza ingombrante della madre che ancora porta la colazione nella camera del figlio e sulla assenza di una qualsivoglia figura maschile nell'ambito familiare del professore).


 

Paolo legge e scrive, come dice la madre, è astratto puntualizza lui come astratti sono i quadri di Picasso alle pareti. Paolo si lava per svegliarsi dal torpore, mentre compare una croce vuota che preconizza la croce che lo accompagnerà, nell'ultimo solitario viaggio.


 
 
Laurana è dentro un mondo che vediamo sfilare al funerale delle vittime dell'agguato. Il commissario che riprende con una telecamera di nascosto il funerale, vuole indagare sui volti dei paesani, vuole farsi un'idea di quel mondo proprio come il regista che, alla fine, farà la stessa cosa al matrimonio di Luisa, girando quasi con la stessa tecnica di macchine da presa semi nascoste. I notabili, gli uomini importanti, sono tutti presenti, tutti imparentati tra di loro. Il professor Laurana è come un corpo estraneo e non appartiene ad alcun partito (si muove con fare guardingo ingobbito su se stesso). E' stato comunista, un tipo che non si capisce, lo definirei antisociale, come risulta dalle informazioni dell'ufficio politico dice il collaboratore del commissario. Intanto va in onda la recita della vedova Roscio, in nero, che si contrapporrà al bianco candido del finale. Il cugino avvocato Rosello, sembra in confidenza con la donna. Una messa in scena perfetta che, di fronte alle telecamere degli inquirenti non lascia trapelare niente di significativo e di nuovo su quella realtà cristallizzata.

 
 
Così scrive magistralmente Sciascia: Si preparavano intanto i funerali, con quella grandiosità che si addiceva alla condizione delle vittime e delle loro famiglie, alla risonanza del caso, al compianto della cittadinanza: e la polizia decise di solennizzarli ed eternarli con una ripresa filmata, preparata in tale segreto che non ci fu uno di quelli che parteciparono all'accompagnamento funebre che poi non affiorasse sullo schermo con una faccia che pareva che dicesse all'obiettivo, all'operatore, agli inquirenti - lo so che ci siete, ma state perdendo tempo: la mia è la faccia di un galantuomo, di un innocente, di un amico delle vittime.


 

Rosa, la giovane fanciulla amante del farmacista è un'altra esclusa dai clan; così come Paolo fatica ad inserirsi nei clan maschili, lei è esclusa (per questioni d'onore) da quelli femminili, anche cromaticamente diversa nel suo bianco candido che contrasta con il nero a lutto delle altre comari.


 

Altra figura solitaria, fuori dal coro, è quella del padre di Roscio, che Laurana va a trovare nel suo isolato palazzo sul mare, carico di storia e di arte, pieno com'è di oggetti del passato. L'uomo (Salvo Randone) è cieco ma sembra capire e vedere le situazioni meglio di chiunque altro. E' lui che consegna il diario del figlio al Laurana (che incautamente consegnerà alla vedova Roscio) ed è lui che pronuncia frasi che sono pesanti come macigni, anticipatrici di quello che avverrà: C'è qualcosa nella morte di mio figlio che mi fa pensare ai vivi e mi fanno pena i vivi (il riferimento è allo stesso Laurana), bisogna aiutarli i vivi...un padre è sempre colpevole di quello che accade al figlio...
 



Un altro solitario è il prete (anche lui immerso in luoghi fuori dal tempo e circondato da oggetti d'arte e di pregio, tra colonne semiabbandonate) che, di fronte al Laurana snocciola i nomi dei notabili più in vista della provincia, nomi che quasi sfumano in bocca al prelato. Come mai ignora tutto del suo paese? Il tempo dei poeti tra le nuvole è finito, sono le taglienti parole del prelato che, in questo modo, fa scacco matto a Paolo, aggiungendo la postilla che riguarda l'insospettabile (per Laurana) Rosello: è il più potente (notabile) di tutti. 



Nella fuga alla pensione Trinacria a Palermo (città che rappresenta una sorta di luogo paterno, il luogo della giustizia e del giudizio, della violenza esplosiva, degli esami e delle politica, di contro alla materna e protettiva Cefalù) Paolo porta con sè il Moby Dick di Melville, il romanzo che racconta l'immane lotta dell'uomo contro le forze del male, e lui è un novello Achab che lotta contro il sistema corrotto del suo paese.



 

La sua soppressione è una sorta di rimozione totale. Paolo viene sepolto sotto un cumulo di macerie e con lui tutto il suo mondo, la sua intelligenza, la sua onestà, la sua sensibilità.


 

Il corteo di auto (che vediamo aprire la sequenza finale) che pare seguire un carro funebre (forse quello di Paolo) in realtà sta dirigendosi verso un matrimonio. Paolo, con la sua croce vuota, è lasciato solo a se stesso, il branco è attorno alla veste bianca della tutt'altro che innocente vedova Roscio futura signora Rovello.




 

Quei notabili, quelle signore imbellettate son pronte per il rito finale e diventano ombre indistinte dentro il ventre materno della moderna Moby Dick, la Santa Romana Chiesa, nel suo volto più terribile, quello del potere incarnato dallo zio arciprete, possessore delle copie incriminate dell'Osservatore Romano e che officia il nuovo matrimonio. La musica tribale di Bakalov (africaneggiante in più momenti, compreso quello del pestaggio del professor Laurana) ci suggerisce il senso archetipico della vicenda appena raccontata. Il branco ha distrutto il singolo debole per il tramite del capo dominante e cinico.
 




 

Sciascia non apprezzò appieno il film, lo riteneva troppo poco siciliano (ebbe a dire che si sarebbe tranquillamente potuto girarlo in Puglia) e forse lo stile americano di Petri e la musica aggressiva di Bakalov fecero il resto, ma in realtà la pellicola ebbe un grande successo di pubblico e di critica tanto che vinse la Palma d'oro per la migliore sceneggiatura al festival di Cannes.


 

Volontè, fino ad allora utilizzato in ruoli d'azione nei western all'italiana, iniziò la sua parabola di attore impegnato, per quanto il ruolo di Laurana fosse stato inizialmente pensato per Mastroianni. We styill kill the old way (Ammazziamo ancora alla vecchia maniera) fu il titolo americano del film in quanto era stato preso per un film di mafia, pur parlando di metodi mafiosi ma non della Mafia canonicamente intesa. Se i motivi politici sembrano annacquarsi nella visione di Petri (limitati all'incontro di Laurana con l'amico deputato a Palermo interpretato da Alfonso Brescia ed allusivi della spaccatura allora in corso tra le diverse anime del P.C.I., incontro che avviene in un parco in cui compare l'emblematica scritta: cittadini proteggete i vostri giardini...dalla corruzione e dalla malvagità aggiungerebbe volentieri lo stesso Petri) non si perde nel film la lucida visione di una realtà italiana in cui è forte la collusione dei poteri, in cui le istituzioni, religiose, politiche e giudiziarie sembrano convivere in un vuoto pneumatico morale ed etico (la polizia indaga per poco sul caso Roscio e poi scompare lasciando che la società rimargini le sue ferite ed espella autonomamente le cellule impazzite come il professor Laurana).



Chiudiamo mostrando la locandina con il titolo americano e quella italiana che ebbe, all'epoca dell'uscita del film, problemi con la censura in quanto l'immagine centrale sembrava poter alludere ad uno stupro. Del resto lo stesso Petri ha ammesso che il film era scomodo per l'epoca essendo uscito in un contesto di generale disimpegno, almeno nel mondo del cinema, specie politico, dovuto alla stretta sorveglianza operata dalla censura preventiva democristiana di quegli anni.
Così si espresse il regista a proposito delle difficoltà distributive che incontrò, almeno inizialmente, il suo film ed in particolare la locandina dello stesso"Una scena normalissima, i due giovani sdraiati su un prato, lui le tiene un braccio sotto la nuca e tenta di baciarla e lei, vestitissima, si sottrae; nel movimento, si vedono un pochino le gambe. Tutto qui. Eppure sono stati rapidi come razzi in questa nostra Italia dove per far qualsiasi cosa ci vogliono secoli. È perlomeno sospetto."

 


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