- GENERE: Horror
- ANNO: 2012
- REGIA: Scott Derrickson
- ATTORI: Ethan Hawke, Vincent D'Onofrio, James Ransone, Fred Dalton, Juliet Rylance
- PAESE: USA
- DURATA: 110 Min
- DISTRIBUZIONE: Koch Media
Sinister
Dal De Occulta
Philosophia a Shining
Ellison Oswalt (nome doppiamente allusivo perché composto da Walt e
Oswald, entrambi riconducibili a Disney e al suo mondo fatato ed
innocente che, evidentemente, in questa storia vengono minacciati) è
uno scrittore di romanzi neri basati su fatti realmente accaduti.
La
sua notorietà è in parabola discendente e il successo toccato con
il suo best seller Kentucky Blood non si è più ripetuto;
economicamente non più solidissimo, si trasferisce con la moglie
Tracy e i due figli, Travis e Ashley, in una nuova residenza nella
quale, ma in famiglia soltanto lui lo sa, si è consumato un efferato
delitto: quattro appartenenti alla famiglia che vi abitava sono stati
trovati impiccati e una loro figlia è scomparsa.
Ellison non giunge
casualmente in quel luogo, ma la sua scelta è dettata dal tentativo
di scrivere un nuovo romanzo basato proprio su quel delitto. E’ una
scelta di cattivo gusto, sottolinea lo sceriffo al momento di “dare
il benvenuto” al nuovo arrivato, verso il quale non nutre
particolare simpatia visto che nei i suoi romanzi le forze
dell’ordine non ricevono mai una adeguata considerazione.
Queste informazioni
sono sufficienti per entrare nel mondo di questo bel horror di Scott
Derrickson, un regista che si era fatto le ossa nel genere attraverso
film come Hellraiser L’inferno (2000) e L’esorcismo di
Emily Rose (2005), ma aveva sfondato al botteghino con la sci-fi
Ultimatum alla Terra (2008) grazie soprattutto alla presenza
del “matrixiano” Keanu Reeves.
Sinister resta al momento,
decisamente, il suo miglior film (nemmeno sfiorato dal successivo e
deludente Liberaci dal male), girato con un badget
ridottissimo (appena tre milioni di dollari) ed affidato, per la
parte di protagonista, ad un attore di grande richiamo come Ethan
Hawke, che per la prima volta si cimentava nel genere horror.
Quello che si
presenta di fronte ai nostri occhi è, in apparenza, un horror
piuttosto convenzionale, ma soltanto nelle premesse. La casa
infestata, la famiglia assediata, il demone in agguato sono topos che
ci aspetteremmo di veder sciorinare con tanto di mamme spaventate e
fughe verso altri lidi. Derrickson compie però un’operazione
interessante; gioca con lo spettatore e lo invita, come ci mostra con
il protagonista stesso, a guardare più a fondo, ad analizzare e
scandagliare ciò che sta vedendo.
Ellison ritrova in
una soffitta uno scatolone pieno di filmini super 8, i classici “home
movies” di cui sono piene le soffitte americane, e non solo. Il suo
viaggio di scoperta è un vero e proprio inabissamento in apnea e una
fuga verso la solitudine.
Ellison è una sorta di one man show su cui
si sofferma lo sguardo della macchina da presa e i demoni che vanno
materializzandosi sono esclusivamente suoi. La moglie è una figura
di puro contorno cui non spetta nemmeno l’onere di qualche spavento
a buon mercato. E’ Ellison che ha paura, è lui che vede i fantasmi
e li deve affrontare da solo.
Quella che conduce è
una vera e propria inchiesta all’interno del suo particolare luogo
sacro, del suo personalissimo tempio, il suo studio, dentro il quale
involontariamente invoca l’entità sovrannaturale.
Il primo
comandamento che impartisce ai figli è quello di non varcare mai la
soglia del suo studio dentro cui viene montato una sorta di altare
pagano costituito dal telo e dal proiettore in super 8. Sullo schermo
vengono a definirsi dei veri e propri sacrifici umani nel segno dei
quattro elementi del mondo sublunare: terra, aria, acqua e fuoco.
Ellison vede affogare (acqua della piscina), bruciare (fuoco
nell’auto) e penzolare per aria i componenti di famiglie che hanno
precedentemente avuto il contato con l’entità. A lui toccherà
strisciare nel pavimento e morire a contatto con l’ultimo elemento,
la terra.
Ellison evoca
involontariamente, ma non troppo, un demone attraverso un simbolo
che, stampato direttamente da un frame di uno dei filmini, diventa
l’oggetto capace di richiamare in vita le forze del maligno.
Ellison non ha le caratteristiche tipiche di un sacerdote a cui si
richieda l’intercessione presso la forza evocata e che invoca
nominandola o usando un simbolo (come nel nostro caso). Il simbolo,
in effetti, ha proprio la funzione di limitare l’accesso all’entità
ai soli in grado di interpretarlo e conoscerlo (eliminando dalla
possibilità gli impuri e i non degni); il sacerdote deve essere non
solo puro, ma anche sapiente, deve sapere e conoscere la via verso lo
spirito, sia esso maligno o benigno. Queste parole le traiamo da
Cornelio Agrippa, un filosofo esoterico del Cinquecento il cui libro
più famoso, De Philosphia Occulta Libri Tres, compare abbastanza
visibile nei titoli di coda del film, come fosse stato un testo di
riferimento per gli autori della sceneggiatura. Alcune delle tavole
che compaiono nei titoli sono tratte dallo stesso libro, mescolate ad
altre completamente inventate, a partire dallo stesso simbolo di
Baghuul il demone protagonista della storia.
Agrippa ci parla di
magia e la suddivide in tre grandi settori: la magia naturale, la
magia celeste e la magia cerimoniale. Quest’ultima è preposta
all’evocazione degli spiriti e delle forze che governano il mondo,
tutte espressione dell’unico grande spirito che è Dio.
L’evocazione involontaria dello spirito, specie se maligno, ha
conseguenze imprevedibili. Ellison, del tutto impreparato,
involontariamente dona materialità al demone che compare nei filmini
amatoriali, ma questo comparire sembra veramente un effetto
dell’involontaria evocazione.
Nel filmato dell’impiccagione, ad
esempio, Baghuul non compare fino a che Ellison non lo riconosce
mimetizzato tra gli alberi, ma la comparsa di Baghuul sulla pellicola
è successiva alla scoperta del filmino. Ecco allora che la pellicola
diventa il veicolo attraverso cui lo spirito si muove e ricompare.
Nel finale, non casualmente, Baghuul porta via Ashley proprio
attraversando lo schermo ed entrando nello spazio della proiezione.
Ma Ellison non sa, non ha la sapienza, tant’è che guardando per la
prima volta quei video scrive su un foglio diverse domande che non
hanno risposta: Chi ha girato il video? Dov’è Stephanie? Perché è
stato filmato? Sono tutte domande che presuppongono uno scandaglio
analitico approfondito, che Ellison intraprenderà, ma che non
tengono conto di quanto occultamente abbia scatenato.
Così si esprime
Agrippa a proposito della Magia Cerimoniale: Chiunque voi siate
che intendete dedicarvi a questa scienza, custodite in fondo al
vostro cuore una dottrina tanto eccelsa, occultatela con ferma
costanza, non arrischiatevi a parlarne. Perché, disse Mercurio, è
un offendere la religione il confidare al pensiero irreligioso delle
masse parole impregnate della maestà divina e Platone proibì di
divulgare tra la plebe i secreti contenuti entro i misteri. Anche
Pitagora e Porfirio obbligavano i loro discepoli al segreto intorno
alla religione e Orfeo esigeva da coloro che iniziava alle cerimonie
delle cose sacre il giuramento del silenzio, per impedire che i
segreti della religione giungessero sino alle orecchie profane.
Perciò, nel suo
inno al verbo consacrato, egli canta: Io esorto voi, amici della
virtù, ad ascoltate le mie parole e a tendere le vostre menti. E voi
invece che disprezzate le leggi sante, allontanatevi, profani
disgraziati!
…Così pure non
si ricevevano che gli iniziati durante la celebrazione dei misteri di
Cerere Eleusina, e l’araldo imponeva a gran voce ai profani di
allontanarsi dal luogo delle cerimonie. Noi leggiamo in Esdra lo
stesso comandamento intorno ai misteri cabalistici degli ebrei:
Offrite questi libri a coloro che hanno la saggezza e che conoscete
capaci di comprenderli e di custodirne il secreto. Gli egiziani
scrivevano i segreti delle cerimonie su papiro ieratico con caratteri
occulti sacri. Macrobio, Marcellino e gli altri Storiografi dicono
che questi caratteri erano chiamati geroglifici e che i profani non
erano in grado di leggerli.
Ebbene Ellison ha
scomodato, involontariamente, le forze dell’occulto per un mero
impulso egoistico nella speranza di scrivere un libro che gli ridoni
fama e autostima. Ma questa sua volontà va contro il senso della
rievocazione sovrannaturale e i bambini, vittime di Baghuul, che
invitano al silenzio lo fanno in prima persona a Ellison, ma questi
non comprende ed infrange la prima regola, proprio quella del
silenzio stesso.
La sua confessione al poliziotto (il vice tal dei
tali, come compare sullo screen del suo telefonino, una figura
apparentemente insignificante, ma proprio per questo indegna di
entrare a far parte dei misteri) è la trasgressione del precetto che
prevede la inevitabile punizione. Alcuni numeri compaiono sullo
schermo, sono le cifre del countdown dei video, ma sono anche numeri
evocativi (il 3, il 6, l’8, una delle bobine che si appresta a
vedere è numerata 66!) che hanno un preciso significato esoterico ed
Ellison nuovamente vede ma non comprende, anzi non afferra, tant’è
che all’apparire del numero 8 questi è addirittura di spalle.
Ecco
che il demone può materializzarsi ed entrare nella dimensione del
reale grazie alla ignoranza (poco dotta) e alla angusta capacità di
vedere e pre-vedere di Ellison. A più riprese Baghuul guarda verso
Ellison, colui che lo ha richiamato in vita, lo guarda sfidandolo,
contando sulla limitata capacità divinatoria dello scrittore. Questi, convinto del proprio potere investigativo, induttivo e razionale non si rende conto dei limiti del proprio agire e della propria capacità di vedere a fondo nelle cose.
Questa immersione
nella filosofia esoterica cinquecentesca non deve farci sfuggire gli
elementi di modernità del film. Siamo nuovamente di fronte ad un
refrain dell’horror contemporaneo. I figli sono insidiati da forze
maligne che vogliono separarli dal nido familiare. Mr. Boogie (così
è nominato nei disegni che i bambini fanno degli efferati delitti
che compiono) non è altro che il demone che si insinua tra le crepe
delle pareti domestiche.
Ellison rappresenta il padre assente che è
capace di trasmettere un ordine ma non crea un feedback affettivo con
i figli. Il suo isolamento è sottolineato dalla stessa moglie che lo
invita a lasciar perdere il libro, perché i suoi figli sono più
importanti e non torneranno più. Ellison non sa rispondere altro che
balbettando frasi di circostanza introdotte dall’egocentrico
“potrei…potrei…potrei…” che diventa l’alibi per il suo
disimpegno dal ruolo di padre.
Il successo che va cercando di
ritrovare è tutto nelle sbiadite e difettose vhs che, solitario,
riguarda con un velo di malinconia; vhs che trasmettono vecchie
interviste al noto scrittore sulla cresta dell’onda. Sono forse le
immagini che Ellison riesce a tradurre con maggior chiarezza, tanto
che non può trattenere una smorfia di delusione riguardandole, ma,
ingannando se stesso, vuole emulare, come riavvolgendo il nastro,
provando a ritrovare quel successo perduto.
Ecco allora che la sua
solitudine nel luogo inaccessibile è ancora più appariscente; i
figli gli lanciano dei segni che coglie troppo tardi, Ashley usando
il codice sacro delle immagini nelle quali, ad esempio, vediamo
inizialmente dipinti degli unicorni gialli (il simbolo di Cristo)
sostituiti alla fine (in una sorta di colpevole sostituzione), quando
la bambina si decide a “dipingere” l’intera casa col sangue
delle vittime sacrificali, dal simbolo di Baghuul, segno del male e
della carneficina. L’esclamazione che Ashley porge al padre prima
di ucciderlo è terribilmente centrata: Tranquillo papà
diventerai di nuovo famoso.
Questa punizione
dell’egoismo e dell’egocentrismo è la lucida linea rossa che
tratteggia il film, contrassegnato dai filmini familiari inizialmente
rassicuranti e pronti a nascondere efferate verità, in una
situazione di continua incertezza che quelle scatole vuote
sottolineano; l’instabilità familiare e il pericolo stanno nella
precarietà del possesso del luogo, della casa, nel duplice trasloco,
nel bambino che finisce dentro una scatola come se fosse un arredo da
spostare, ma stanno anche, a livello extradiegetico, laddove la
pellicola del film inizia a presentare i difetti, i salti e le
imperfezioni dei super 8 dell’orrore; lentamente, ci mostra con
raffinatezza Derrickson, il nostro protagonista sta costruendo il suo
personale filmino dell’orrore di cui diverrà involontario
protagonista;
Baghuul non è in lui, come poteva essere posseduto il
Jack Torrence di Shining cui Sinister deve molte delle proprie
atmosfere (a partire da quel padre che si aggira con una mazza da
baseball per la casa, fino all’ascia insanguinata finale), ma gli è
a fianco e il risultato è lo stesso; per interposta persona a
Ellison riesce quello che a Jack Torrance, un figlio un po'
impertinente e “illuminato”, aveva impedito, ovvero, sterminare
la famiglia. Purtroppo però lui stesso è la vittima principale.
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