Titolo originale: Life Animated
Regia di Roger Ross Williams.
Interpreti: Jonatha Freeman, Gilbert Gottfried, Owen Suskind, Ron Suskind.
Genere Documentario - USA 2016, durata 91 minuti.
Distribuito da I Wonder e Fil Rouge Media.
Il
film, che si basa sul libro Life, Animated: A
Story of Sidekicks, Heroes, and Autism
scritto dal padre del protagonista, Ron Suskind, noto giornalista di
carta stampata, ha ricevuto numerosi riconoscimenti ed è stato anche
candidato all'Oscar come miglior documentario nel 2017.
Il film si
articola su tre piani che corrono paralleli: da una parte la vicenda
reale di Owen Suskind, il giovane ventitreenne affetto da autismo,
costruita sulle immagini dei filmini familiari dell’infanzia e
sulle riprese dal vivo delle sue vicende quotidiane nell’anno in
cui ottiene il diploma e va a vivere per conto proprio lontano dalla
famiglia;
dall’altra le sequenze dei cartoni animati Disney che
contrassegnano la sua esistenza, la contrappuntano e diventano
decisive per la sua comprensione del mondo; infine il cartone animato
realizzato appositamente per il film e tratto dal breve racconto che
lo stesso Owen ha scritto e nel quale sono, in modo fantastico,
raccolte le sue paure e le sue speranze. Quest’ultimo piano fa da
sintesi perfetta dei due precedenti e dà il senso complessivo
dell’opera.
Nel cartone
animato vediamo infatti Owen diventare un personaggio di fantasia che
si muove in mezzo ad altri personaggi di fantasia. Questi ultimi sono
i cosiddetti Sidekicks che nel gergo dei cartoni animati e delle
fiabe risultano essere gli aiutanti degli eroi.
Sono personaggi
all’apparenza secondari ma che in realtà ricoprono un ruolo
decisivo per le sorti delle vicende narrate. Pensiamo al grillo
parlante in Pinocchio o ai sette nani in Biancaneve, tanto per fare
due esempi celeberrimi. Nel sottotitolo del documentario Life
Animated si legge: Non esistono personaggi
secondari. Ecco Owen è un personaggio
apparentemente secondario nello scenario sociale in cui vive. Ha una
prima esperienza scolastica di insuccessi e frustrazioni, è
emarginato e fuori dal contesto dinamico della società americana. In
questo senso il documentario è anche un ottimo spaccato di vita
scolastica di quel paese, con tutte le sue contraddizioni.
Non siamo
di fronte alla scuola dell’inclusione nostrana, dove la legge
obbliga l’inserimento dei diversamente abili nei percorsi
scolastici normali, ma siamo di fronte ad un sistema che relega i
ragazzi come Owen in strutture ad essi dedicate, con specialisti e
percorsi specifici di apprendimento e con un sostegno anche dopo il
raggiungimento degli obiettivi scolastici minimi. A ognuno degli
spettatori rimane la possibilità di scegliere quale sia il sistema
migliore. Personalmente rimango affascinato dalla organizzazione
costruita per seguire questi ragazzi nelle loro difficoltà,
dall’altra non posso non dimenticare che Owen è figlio di un
importante giornalista e che questi percorsi se li può
economicamente permettere (non mi sembra, ad esempio, di aver visto
ragazzi di colore tra gli studenti di queste scuole speciali).
Tornando al
cartone, Owen proietta nella sua storia le sue paure (il bosco
oscuro, i mostri che lo abitano) che sono le paure della solitudine e
dell’abbandono soprattutto, ma conclude lo stesso con una nota di
speranza, con l’apparizione magica di un protettore degli aiutanti
(un aiutante degli aiutanti) che salva questi ultimi e li fa uscire
dal bosco tenebroso.
Se questo partorisce la fantasia di Owen in
contrappunto vediamo il fratello e i genitori non nascondere la
preoccupazione (senza mancare di una americana fiducia nel futuro)
per ciò che attende Owen, una volta staccato dal cordone ombelicale
della famiglia. In questo senso il momento più malinconico è
rappresentato proprio dal compleanno del fratello, occasione per
stilare un bilancio che è anche riflessione sul futuro.
Nel mezzo
stanno i cartoni Disney che sono gli altri invisibili protagonisti
del documentario. Il mondo Disney è, a suo modo, aiutante (sidekick)
di Owen. La realtà semplificata dei cartoni animati offre una chiave
di lettura della realtà che è accessibile anche a Owen. Se
guardiamo al percorso logico degli inserti dei cartoni nel
documentario ci accorgiamo che non sono inserti casuali: si parte da
Peter Pan, dal bambino che non vuole crescere, si passa per le
esperienze di amore e di lotta, di paura e anche di morte (vedi
Bambi) di molti personaggi per concludersi con il trionfo
dell’ottimismo e della fiducia nel futuro, nell’happy end.
Ma
l’ultima immagine Disney che vediamo è quella del Re Leone che
ruggisce. Il Re Leone che perde il padre e lo sostituisce. Owen
poteva rimanere un Peter Pan nascosto dietro la propria disabilità,
giustificato nel suo desiderio di non voler crescere e invece, grazie
anche alla illuminante lungimiranza e alla pervicace ostinazione dei
suoi familiari, ha trovato gli strumenti per crescere e poter sperare
di vivere una vita autonoma ed indipendente (il lavoro, le sue seppur
sfortunate esperienze amorose), provando a sconfiggere il malvagio di turno che non era Jafar o Capitan Uncino, ma la stessa malattia dell'autismo.
Ecco allora
che veramente il messaggio Disney si fa vita. I cartoni Disney
terminano quasi sempre con un necessario distacco dalla realtà
precedente, con la nascita di una nuova esistenza, con la presa di
coscienza che una fase della vita è passata e se ne deve affrontare
di nuove. Disney non indulge nel panismo (Peter Pan a vita) ma
richiama al dovere di affrontare l’esistenza con il carico di
dolore e difficoltà che presenta. Non sappiamo se ognuno di noi
troverà un aiutante che lo guiderà in questo percorso (Owen ha
trovato i cartoni, ma soprattutto la sua famiglia), ma il percorso è
quello e non ci sono alternative.
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