REGIA: Roberto Andò
ATTORI: Toni Servillo, Connie Nielsen, Pierfrancesco Favino,
Daniel Auteuil, Lambert Wilson, Richard Sammel, Marie-Josée Croze, Moritz
Bleibtreu, Togo Igawa, Johan Heldenbergh, Andy de la Tour, John Keogh, Aleksey
Guskov
SCENEGGIATURA: Roberto Andò FOTOGRAFIA: Maurizio Calvesi MONTAGGIO: Clelio Benevento
PRODUZIONE: Bibi Film TV, Barbary Film, Rai Cinema PAESE: Italia, Francia
ANNO: 2016 DURATA:
100 Min
Quello che Roberto Andò ci offre
nel suo ultimo film “Le confessioni” è una riflessione, intrisa di echi
letterari e filosofici, sul mondo presente dominato da logiche
economico-politiche che paiono sfuggire alla comune percezione e trovano la
loro ragione d’essere in complicati meccanismi di potere occulto ed
inaccessibile. Il pianeta, sembra dirci l’autore di “Viva la libertà”, è nelle
mani di pochi potenti che possono deciderne le sorti e spostare il destino di
milioni di uomini. Il film, nel suo procedere tra atmosfere noir (c’è un morto,
un presunto delitto da svelare) e metafisiche (la presenza di Servillo, ma non
solo, anche l’ambientazione plumbea mitteleuropea, inducono a sentire
l’echeggiare del Sorrentino de “Le conseguenze dell’amore”) ci conduce tra le
stanze di un hotel di lusso, sperduto nel cuore della Germania, dove i ministri
dell’economia degli otto paesi più potenti del mondo stanno accordandosi per
varare una manovra economica su scala mondiale che cambierà il destino di
milioni di persone.
L’idea degli sceneggiatori è
quella di entrare in quel luogo inaccessibile facendoci introdurre da un
personaggio che appare come un invitato fuori luogo: il frate certosino Roberto
Salus (Toni Servillo). La sua tonaca bianca, anche cromaticamente, si muove per
contrasto tra personaggi ingessati in abiti scuri portando un vento di novità
che occhi indiscreti scrutano con curiosità ed interesse. Salus è la nota
dissonante in una sinfonia cupamente armonica nella quale politici, economisti
e banchieri, al di là delle divergenze di facciata, trovano modo di venirsi
incontro su un comune piano di interessi incrociati.
Ma Salus non è il solo
personaggio divergente, c’è anche una scrittrice per bambini, Claire Seth
(interpretata da Connie Nielsen il cui personaggio richiama quello della
scrittrice di Harry Potter, J. K. Rowling) la cui presenza sensuale e discreta
ammanta di ulteriore mistero l’atmosfera del film. Una intellettuale e un
religioso scombinano i piani dei potenti e portano una ventata di scandalo
pasoliniano (un “Teorema” aggiornato) tra i corridoi e le stanze del potere.
Ma
la presenza più misteriosa del film è quella di un cane, Rolph, di fronte al
quale i potenti, in una sequenza di grande forza, sembrano nutrire una sana e
genuina paura. Rolph si aggira furtivo nei corridoi dell’albergo nella notte
della morte del banchiere Rocher (Daniel Auteuil), si ribella al padrone (il
ministro tedesco) ed è attratto da Salus che seguirà nella sequenza finale del
film.
Chi è Rolph? Salus lo ribattezzerà Bernardo (nome monacale per
eccellenza) facendone una sorta di domenicano in senso letterale (cane del
signore), quasi a voler riconoscere in quell’animale una presenza trascendente
che ha richiamato i potenti alla fragilità della loro condizione umana. E qui
sta forse il succo tematico del film: gli uomini che decidono le sorti del
pianeta, chiusi nei lussuosi, ma ugualmente angusti spazi del potere, non
possono evitare di fare i conti con la propria umanità, fragile e sofferente.
Rocher scopre di avere un tumore e di fronte alla morte sente il bisogno di aprirsi
ad un confessore che porta tra i G8 lo scandalo della presenza di Dio.
Salus
cita a più riprese Sant’Agostino (chiamato in causa fin dal titolo) ricordando
a coloro che lo incrociano la precarietà della condizione umana (in questo
senso il discorso di Andò sembra riprendere il rosselliniano “La presa del
potere di Luigi XIV”): Lei parla del
tempo come se lo potesse dominare, dice Salus a Rocher, ma il tempo è una dimensione dell’anima
e la frase, detta da un uomo che dice di non possedere altro che il silenzio,
suona ancora più destabilizzante per chi ha creduto di possedere il mondo.
Tra
equazioni incomprensibili e segreti non svelati, tra l’evocazione di
ingiustizie palesi ed apocalissi economiche, la presenza del personaggio del
monaco offre l’unica serena certezza che il film sembra nutrire, quella della
percezione dell’esistenza di qualcuno o qualcosa che giudica ed osserva gli
uomini nel loro muoversi tra i corridoi dell’esistenza: Il servo conosce solo l’azione del padrone ma non lo scopo. Dio soltanto
conosce i fini. (citazione di Pascal evocata da Salus).
Pubblicato dall'autore del blog sulla rivista Oreundici
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