Guerra e pace
Titolo originale: Voyna i mir Anno di produzione: 1966 Produzione: Unione Sovietica
Regia: Sergey Bondarchuk
Interpreti: Sergey Bondarchuk as Pierre, Lyudmila Savelyeva as Natasha, Vyacheslav Tikhonov as Andrei, Victor Stanitsyn as Count Rostov, Oleg Tabakov as Nikolai
Il film di Bondarchuk è un’opera
immane che ha preso corpo negli anni Sessanta con l’intento di riappropriarsi
del mondo di Tolstoj attraverso il linguaggio cinematografico restituendo al
popolo russo una versione filmica del grande capolavoro della loro letteratura (e rispondendo al film di King Vidor, una coproduzione italo americana che aveva ottenuto un grande successo anche in Unione Sovietica.
Il film ebbe il sostegno dello stato sovietico che mise a disposizione l’Armata
Rossa ed aprì alla collaborazione dei più importanti musei dell’Unione
Sovietica. Nonostante la supervisione dello stato sovietico il film, maestoso e
grandioso, non tradisce lo spirito di Tolstoj anche nei suoi aspetti che
potrebbero stridere con l’ideologia comunista, evidenziando un grande
sentimento religioso che pervade evidentemente il popolo russo e celebrando la
pace come necessità affinché l’uomo, al di là delle razze e delle idee, possa
vivere appieno l’esistenza nel suo scorrere vitale e naturale.
Tolstoj: L’artista per poter influire sugli altri deve essere in costante
analisi, perché la sua opera sia una costante ricerca. Se sa e ha trovato tutto
e se vuole insegnare o divertire, non può agire. Il lettore, lo spettatore,
l’ascoltatore si associa al suo studio solamente se è alla ricerca
La gente deve vivere in pace
La guerra, che fenomeno incomprensibile per l’umanità
Non faccio differenza tra le razze, per me è indifferente se un uomo è
russo o giapponese. Io sono per i lavoratori, gli oppressi e gli infelici di
ogni razza…cosa avranno da guadagnare da questo conflitto? Stampelle,
sofferenza, morte…
Incipit
Tutte le idee che generano grandi conseguenze sono semplici: poiché i
malvagi fanno lega tra loro per costituire una forza è necessario che gli
onesti facciano altrettanto
Così una voce off, un ideale
narratore, introduce il film. Pierre compare nella sequenza d’apertura a
Pietroburgo, nel palazzo aristocratico di Anna Pavlovna Scherer, nel 1805. Una
musica che allude a qualcosa di magico accompagna tanto le iniziali sequenze
aeree, tanto quelle negli interni del palazzo frequentato da personaggi che
parlano francese tra loro (la lingua della nobiltà europea del XIX secolo).
La genesi del Mondo
In realtà il film si apre con una
sequenza che mostra il generarsi della vita (preceduta, sui titoli iniziali,
dal suono di una campana), dalla cellula al rifiorire della natura che trova il
suo compimento nel mondo. L’uomo diventa il frutto più maturo di questa catena
vitale, colui che mette in scena il conflitto tra il Bene e il Male, ma colui
anche che dovrà essere sottoposto al giudizio di Dio (l’echeggiare del Dies
Irae nelle musiche non è casuale).
L’uomo sembra materializzarsi tra le nuvole
come se una parte dell’essere umano avesse a che fare con una dimensione
diversa da quella semplicemente biologica, pur facendone parte (la stessa
colonna sonora accompagna le immagini della natura e quelle dei nobili alla
festa di Anna Pavlovna). Cinque minuti di incipit potente e mistico.
Pietroburgo 1805
I personaggi sono statue di carne
tra statue di marmo, una società quasi immobile ed estatica in attesa del vento
napoleonico che rischia di spazzarla via
Uno degli ospiti allude ad una
alleanza tra stati europei, con a capo la Russia, che sia in grado di spazzare
via la minaccia napoleonica. In un sol colpo i presupposti esistenziali della
premessa trovano una loro immediata corrispondenza politica. Per analogia la
Russia rappresenta gli onesti, Napoleone, nella sua identificazione con
l’Anticristo, i malvagi.
Perché gli uomini non possono
fare a meno della guerra, si chiede la voce off, mentre vediamo Andrej in
procinto di partire al seguito del generale Kutuzov.
Pierre di fronte ad Andrej
conferma la sua convinzione che questa guerra sia assurda da parte dei russi
che si impegnano nell’aiutare Inghilterra ed Austria contro un grande uomo come
Napoleone. Non è una guerra per la libertà; Andrej non parte per inseguire
grandi ideali ma per correre dietro alla sua personale ambizione e dare un
senso ad una esistenza che trova priva di bellezza e grandezza. Lo stesso
matrimonio è per Andrej una sorta di tomba delle ambizioni che ti condanna ad
una vita di frivolezze e banalità, un’esistenza che non morde la vita e non ne
assaggia il succo più profondo. Napoleone ha azzannato la vita mentre Andrej,
come una delle statue che lo circondano è immobile nella sua vita trascorsa tra
salotti, balli e noiosi inviti di circostanza.
Pierre ha però anche un lato
oscuro, la sua mansuetudine contrasta con una ebrezza di vita che esplode nelle
riunioni notturne a casa dei Kuragin; orge di vino e donne che stordiscono Pierre
e lo conducono in una dimensione irreale che gli fa dimenticare la sua condizione
di bastardo e figlio illegittimo, tollerato in un ambiente di figli purosangue
(la mdp traballa con lui che pur di farsi accettare sfida la morte di fronte ai
compagni di bisboccia). Il dramma di Pierre è quello dell’esclusione, sentita
più che effettiva, da quel mondo di cui fa parte illegittimamente; i baccanali
dai Kuragin sono una sorta di rito di iniziazione con il quale spera di veder
certificata la sua appartenenza a quel mondo che Andrej sembra al contrario
fuggire con disgusto.
Da contraltare al mondo del libertinaggio e della
depravazione risuonano le campane delle mille chiese di Mosca nelle quali riecheggia il fervore mistico del popolo russo.
Pietroburgo è il luogo della frivolezza e della superficiale gioia di vivere,
Mosca rappresenta la Russia più composta e devota e qui Pierre viene spedito
dopo la bravata in casa dei Kuragin, quasi ad espiare le proprie colpe.
Pietroburgo delle statue è in contrasto con la Mosca di coloro che lavorano, è
dinamica, in movimento pur nella sua compostezza indirizzata da una forte
presenza religiosa.
In casa Rostov:
La comparsa di Natasha, figlia
del nobile Rostov, è come un fulmine di luce in questo ambiente così composto e
Pierre ne è abbacinato. Natasha, una bambina che è sulla soglia della scoperta
del mondo, dell’amore e della sofferenza che ad esso si lega. Nel bacio della
cugina Sonia e di Nicola, fratello di Natasha, cristallizzato in una
immagine fantasmatica, di fronte agli occhi di Natasha, sembra materializzarsi
per la prima volta tutto questo. Tra le piante e i fiori di una serra Natasha
bacia il suo Boris e la colonna sonora mescola gli effetti dell’incipit con le
campane a creare una atmosfera di sogno e a suggerire come l’amore sia una
delle forze vitali emerse dalla natura madre. Natasha ha con sé il dono
dell’amore come energia, impulso e forza primigenia ancora non inquinata dalla
società e dalle esperienze della vita.
Pierre si sente come un corpo
estraneo in quella società:
Nel banchetto a casa di Natasha i
notabili discutono della guerra, ogni famiglia sembra avere qualcuno che è
partito per combattere, perché la guerra in nome dello zar è sacra, è un atto
dovuto e non la si deve discutere. Pierre ascolta assorto quelle discussioni,
anche in questo lui è fuori dai giochi.
La morte del conte Besukov
Il ballo in casa Rostov a cui
partecipa un disorientato Pietro, si alterna con le immagini dell’estrema
unzione del conte Besukov, patrigno dello stesso Pietro. Quest’ultimo fa da
collante tra le due sequenze che sono però strettamente collegate attraverso
dissolvenze a tendina che mescolano la vacuità delle danze in casa Rostov con
la solennità della cerimonia in casa Besukov. La vita e la morte si intrecciano
in modo quasi ossimorico e quando Pietro, richiamato al capezzale del patrigno,
vede la mano del conte protesa in una innaturale posizione che sembra
prepararlo al trapasso, questi non può che collegare quel momento carico di
pathos con la frivolezza della vita delle feste, una frivolezza che mostra tutta
la propria inconsistenza di fronte ai grandi quesiti della vita.
Il conte che
accenna un sorriso guardando verso il cielo sembra essere un segno di una
trascendenza che Pierre va cercando e sembra aprirsi ai suoi occhi; in lui il
dolore sembra essere sovrastato da questa interiore inquietudine, che è ricerca
di risposte esistenziali. Nello stesso momento però i suoi fratellastri stanno
litigandosi i documenti dell’eredità ed ecco che la vita, nei suoi aspetti più
superficiali, torna prepotentemente ad affacciarsi. E’ sorprendente, in un film
“di regime” come questo, l’insistenza sull’elemento trascendente, sottolineata
anche dalla solennità mistica delle musiche e degli effetti sonori che
accompagnano la cerimonia dell’estrema unzione. “Tutto finisce con la morte…e
la morte è terribile” dice il fratellastro a Pierre sgomento e pallido, un
richiamo ad un nichilismo che lo stesso Pierre cerca in cuor suo di dominare. A
Pierre non resta che dormire perché risposte non ne ha.
I Bolkonski
Andrej è in partenza per la
guerra e si concede un ultimo saluto con i suoi familiari, la sorella, la
moglie e il padre che sono ospiti del palazzo di campagna di quest’ultimo. E’
una sorta di prigione dorata al cui interno la severe disciplina del generale
Nicolaj Bolkonski non viene meno nemmeno di fronte alla partenza del figlio.
Questi lascia la moglie incinta nelle mani del freddo genitore. La sorella
Maria gli regala un crocifisso e gli ricorda che solo in Cristo vi sono verità
e vita. Andrej non è convinto, non crede ma accetta l’omaggio della sorella. Il
rapporto con suo padre scorre sul filo del timore misto al rispetto e
dell’amore misto al dovere filiale. Andrej teme il padre ma gli chiede di
prendersi cura del nascituro togliendolo dalle mani della madre inaffidabile
che Andrej proprio non riesce ad apprezzare. L’onore in guerra prima di tutto;
la morte del figlio sarebbe, per il conte, preferibile alla vergogna di una sua
condotta pavida.
La guerra in Austria
Le truppe russe in Austria
sfilano di fronte ai contadini festanti (echi di Eisenstein). I soldati cantano
in armonia con il mondo e il cielo sembra osservarli con ammirazione.
L’esercito russo inviato da Dio per liberare il mondo dal tiranno. I buoni
contadini e i buoni soldati uniti contro il Male. Un esercito che canta è in
marcia ma gli alleati sono sconfitti e Kutuzov è solo contro Napoleone.
La prima scena di battaglia che
vediamo rappresentata nel film vede la retroguardia di Kutuzov resistere e
tenere la posizione per rallentare l’avanzata dei francesi e permettere alle
avanguardie russe di ritirarsi con ordine. E’ una prima scena di massa di
grande impatto che prelude alle magnifiche scene delle battaglie successive.
Non vi è retorica bellica se non a sprazzi, vi è però la ricerca di una
rappresentazione che ci restituisca la grandiosità numerica dell’evento e la
sua cruente ferocia. Figure di soldati di secondo piano prendono la scena
offrendoci un mosaico composito dell’indomabile spirito russo che dovrebbe
scaldare i cuori degli spettatori sovietici.
Andrej si muove tra queste masse
di uomini destinate a versare sangue ed in questo contesto la voce di un
soldato lo richiama al confronto con la morte che di quel contesto è padrona: Se ognuno di noi sapesse cosa c’è dopo la
morte non ci sarebbe più motivo per averne paura, dice il soldato. Ma la
paura, la paura dell’ignoto resta ugualmente, l’anima andrà in cielo? Sono
quesiti che attanagliano la mente dei soldati (raccolti da lunghe carrellate)
nel loro laborioso, ma allo stesso tempo angoscioso prepararsi allo scontro.
Il Cielo non esiste, esiste solo l’atmosfera,
prosegue una voce di un soldato (il capitano Tushin). I colpi dei cannoni
improvvisamente fermano queste riflessioni (tagliate nella versione italiana).
Un sacerdote nasconde testi sacri in un baule la cui effige, un angelo, è
evidenziata da un dettaglio.
Per Andrej comincia una esperienza terribile ed eccitante.
I campi lunghi delle masse in movimento si alternano ai primi piani dei
soldati, spaventati, spavaldi, attenti, puri, pronti al sacrificio. La
soggettiva di una bomba, voci indistinte che sembrano accompagnare il passo
marziale dei soldati, gli effetti sonori e visivi contribuiscono a comporre il
quadro di un evento, la battaglia, di cui non si vuole esaltare la dimensione
epica ma di cui si vuol restituire l’elemento tragico dell’umanità coinvolta e
vittima. Che Dio sia con noi, esclama
il comandante russo alle sue truppe. L’abbondanza di riferimenti religiosi ci
restituisce si un quadro realistico del tempo ma, allo stesso tempo, prende le
distanze da un mero cinema di propaganda in cui si voglia demonizzare o
ridimensionare un aspetto fondamentale della vita dell’Ottocento ma che nel
presente sovietico era bandito. Se Eisenstein è richiamato in certe scelte
iconiche siamo però lontani dal suo spirito dissacrante e dissacratorio e si è
distanti dall’accostamento tra religione e potere oppressivo. I sacerdoti
ortodossi si muovono con discrezione, non sono i gretti profittatori descritti
da Eisenstein, tra gli eventi cui non manca una decisa aspirazione
trascendente.
Il fratello di Natasha, Nicola,
colpito invoca Dio per la propria salvezza. Non
è possibile che vogliano uccidermi tutti mi vogliono bene…è l’ingenua
affermazione di un ragazzo che non ha ancora capito cosa sia veramente la
guerra. L’epica dell’eroismo del popolo russo riemerge qua e là, come quando
vediamo una batteria di cannoni del piccolo capitano Tushin (inquadrata con
potenti carrelli dal basso) resistere strenuamente all’avanzare delle truppe
francesi nel mezzo di un fuoco che oscura il cielo e lo rende notturno,
irreale; resistere fino al sopraggiungere delle vere tenebre. La retroguardia
di Kutuzov ha fatto il suo dovere, il generale Bagration ha resistito
permettendo la ritirata dei 35000 uomini che componevano il grosso delle truppe
russe.
Pierre a Pietroburgo
In contemporanea ai grandi eventi
bellici si consumano le piccole storie dei nobili pietroburghesi e Pietro,
rimasto isolato tra i giovani partiti in buona parte per la guerra, si unisce
in fidanzamento con Helena, la cugina acquisita, in un contesto di immobile e
silenziosa pace, rotto dal rumore dell’acqua di una fontana, stridente
contrasto con il frastuono proveniente dai campi di battaglia. Amore e morte,
amore e guerra, guerra e pace (in un senso più superficiale, vedremo che con
Andrej assumerà un significato più alto) le dicotomie in atto.
La battaglia di Austerlitz
Andrej si muove tra le sagome dei
soldati pronti alla battaglia confidando a se stesso la sete di gloria,
l’inestinguibile desiderio di essere ammirato e amato da persone che non
conosce, una sorta di tarlo che lo corrode e lo consuma e gli mostra Napoleone
come un modello da raggiungere, un simbolo da imitare (uno split screen
chiarifica in modo esemplare quello che è uno dei temi dominanti del film e del
romanzo: Andrej rappresenta l’uomo dominato dall’ambizione, accecato da un
desiderio più forte di lui di afferrare la vita attraverso la gloria e il
riconoscimento altrui, sacrificando i beni più dimessi, quelli della famiglia e
del matrimonio, che alla lunga però si riveleranno i più solidi e profondi). Andrej
intraprende un percorso senza uscita e destinato al fallimento. Prima della
battaglia Napoleone e Andrej sembrano uno di fronte all’altro, sembrano
guardarsi come se la sfida fosse prima di tutto tra di loro e le loro
ambizioni. Napoleone non ha un volto, è una sorta di sagoma, una icona.
Andrej rimane ferito brandendo la
bandiera e il suo volto pare scoprire il cielo: Tutto è vano, tutto è illusione
tranne il cielo e forse nemmeno quello, forse non c’è altro che silenzio,
quiete e riposo (parole pronunciate su un significativo black screen); che Dio
sia lodato, sono le parole conclusive di Andrej cui per la prima volta si apre
una dimensione nuova che lo obbliga a vedere il mondo con una prospettiva
diversa. Il cielo è l’oggetto del suo sguardo e non più Napoleone. La guerra e
la pace, quella più profonda, dell’animo umano, pace in vita o pace eterna, ma
anche guerra non solo con le armi, ma guerra interiore che costringe al
conflitto e non consente tregua. Ma sotto quel cielo compare nuovamente
Napoleone che richiama Andrej sulla Terra: Ecco una bella morte, sono le parole
di Napoleone di fronte al corpo inerme di Andrej. Il vorticare del cielo e il
vorticare della battaglia inghiottiti nel cielo che si apre di fronte a noi con
una inquadratura che ci conduce verso lo spazio infinito.
Il padre di Andrej piange la
morte (presunta) del figlio ma soprattutto maledice l’avventatezza dei comandi
delle truppe che hanno mandato allo sbaraglio la miglior gioventù russa nella
disfatta di Austerlitz. La gioia dei Rostov per il ritorno di Nicola si
contrappone al dolore dei Bolkonski per la perdita di Andrej. Le vivide e mosse
immagini del ritorno di Nicola si contrappongono alle statiche inquadrature di
casa Bolkonski dove però una nuova vita va prendendo forma. Le due donne si
aggrappano a quella creatura in fieri mentre il principe non sa trovare alcuna
consolazione. La visione della vita di Andrej è profondamente influenzata da
quella del padre incline all’esaltazione di valori che si rivelano poi,
all’atto pratico, effimeri e vacui.
Il duello tra Pierre e Dolochov
Nessuna donna soffocata da un marito insulso rinuncerebbe a trovarsi un
amante. Con questa frase Elena umilia il marito Pierre che si è sporcato le
mani di sangue in duello con Dolochov presunto amante della moglie.
Pierre ed
Elena sono distanti anni luce, vivono insieme ma non hanno niente in comune,
del resto Pierre pare essere un oggetto estraneo in tutto l’ambiente nobiliare
moscovita. Anche alla cena di celebrazione di Bagration Pierre, unico giovane
presente a non aver preso parte alla guerra, è additato come un cretino dallo
stesso Nicola Rostov. Il duello diventa per Pierre l’occasione per toccare con
mano la paura della morte, per avvicinarsi a quei giovani che la morte l’hanno
conosciuta da vicino in guerra. L’inetto Pierre è disprezzato per la sua
codardia che in realtà nasconde una sensibilità singolare ed inascoltata. Il
gelo dell’inverno avvolge le relazioni umane in casa di Pierre.
La “resurrezione” di Andrej
coincide con il momento del parto della moglie di fronte alla quale egli invoca
Dio misericordioso. Una vita sta nascendo ma un’altra si va spegnendo, come la
luce della candela, un’altra ancora è tornata a nuova vita. Volevo tanto bene a tutti, non ho
mai fatto del male a nessuno e voi cosa avete fatto di me. La voce di Lisa
echeggia nella mente di Andrej che proietta su di lei i sensi di colpa di
averle portato via la vita sacrificandola alla necessità di un figlio. E’ la
voce della coscienza di Andrej che si materializza nel corpo inerme di Lisa. Il
gelo invernale della morte avvolge la casa dei Bolkonski.
L’esplosione della primavera e
della vita
Andrej e Pierre si ritrovano dopo
tempo a un confronto che diventa un primo consuntivo della loro vita (questo
passaggio si trova nel romanzo al capitolo XII del libro II e si compone di
riflessioni che hanno a che fare con la recente ammissione di Pierre alla
massoneria, cosa che il film omette completamente; dentro la fratellanza
massone Pierre sembra poter trovare quelle risposte
esistenziali convincenti e definitive che mancano invece ad Andrej); immersi nella natura che sta per
esplodere nei suoi colori primaverili i due si scambiano confidenze che ci
offrono un senso della loro maturata visione della vita: l’uomo è parte di un
tutto che non muore, si trasforma e imperituramente rinasce.
Andrej di fronte
alla morte della moglie ha maturato un pessimismo che lo rende simile alla
quercia che non vuole fiorire nel rigoglio primaverile. Egli sente che tutto è
ingannevole e destinato a svanire e si affaccia in lui un velato nichilismo che
amaramente lo conduce a ritenere la sua, l’età della presa di coscienza e del
distacco dalle cose terrene che solo nell’ingenua vitalità giovanile possono
assumere un significato. Pierre sembra non demordere e al contrario dell’amico
prova ancora a cercare un senso etico e mistico alla vita, un inno al panteismo,
ma anche all’apertura al prossimo: Bisogna
vivere, vivere e amare e credere profondamente che non viviamo soltanto
l’attimo che passa in questo lembo di terra, ma che abbiamo già vissuto e
vivremo ancora eternamente in tutto quello che esiste nell’universo…; un
senso che è nell’amore e nel Bene, nel rispetto del prossimo e nel fuggire la
sofferenza e il dolore soprattutto se inferti agli altri.
La voce di Natasha è come un
improvviso richiamo per Andrej, una scossa che lo coglie nella notte e lo
conduce verso una nuova apertura alla vita. La quercia è ora verde e lui, a 31
anni, è pronto nuovamente a vivere riflettendo se stesso nella vita degli
altri. Il cielo che ha scorto nella battaglia di Austerlitz è nuovamente pronto
ad aprirsi ai suoi occhi.
Il ballo a Pietroburgo
Giugno 1807 a Tilsit incontro tra
Napoleone e lo zar Alessandro inquadrato in uno split screen essenziale che si
contrappone ad una inquadratura non in split screen ma analoga nella
composizione tripartita (un lungo piano sequenza) che vede Natasha confidarsi
con la madre dei propri sogni e dei propri sentimenti. Il pubblico e il privato
scorrono paralleli senza ancora incontrarsi decisamente. Nel dialogo con la madre si accenna
all’appartenenza di Pierre alla Massoneria. Natasha è come un folletto notturno
che vaga tra i dormienti ambienti del palazzo signorile.
Il ballo a Pietroburgo,
una vera esplosione di vitalismo, nel quale, alla presenza dell’imperatore,
sembra festeggiarsi la ritrovata pace, nello sfarzo di una grandiosa sala,
segna anche l’incontro tra Andrej e Natasha ed è l’apice della mondanità
spensierata che avvolge le vite dei russi prima della nuova tempesta
napoleonica (nel romanzo di Tolstoj si sottolinea la provincialità della
nobiltà moscovita come quella dei Rostov a confronto con l’alta società
pietroburghese e il disagio iniziale di Natasha, il suo sentirsi trascurata
sembra sottolineare anche questa sfumatura del romanzo). Il ballo, visto con
gli occhi raggianti di Natasha e dunque filtrato dal suo entusiasmo ingenuo nel
credere tutti i partecipanti ugualmente felici, è rappresentato con avvolgenti
movimenti di macchina, sfavillanti giochi di luce e addirittura carrelli aerei
che ricordano quelli delle battaglie e che non possono non richiamare allo
stridente contrasto tra gli eventi di Guerra e gli eventi di Pace che
irrimediabilmente verranno ad incrociarsi (analogamente farà Bondarchuk in
Waterloo, ponendo l’arrivo di Napoleone e il suo esercito in parallelo allo
svolgersi di una festa da ballo).
L’amore di Andrej e Natasha
L’amore di Natasha e Andrej si
compie secondo un rituale molto compassato dentro cui i sentimenti paiono
congelati e trattenuti nella sola interiorità. Da parte di Andrej vi è poi una
sorta di ripensamento dovuto al naturale meccanismo del desiderio che, quando
realizzato, pare perdere il proprio fascino e la originaria energia
(Schopenhauer docet).
Pierre è sempre più cupo nelle
sue continue riflessioni sulla vita che pare essere un assurdo affaccendarsi
per dimenticare il nulla che l’avvolge. La terribile “lei”, la vita così la
definisce Pierre.
La caccia e il carnevale
Natasha sembra invece voler
succhiare il nettare della vita fino in fondo e con il fratello Nicola si
concede una caccia al lupo e un momento di intense emozioni nella casa dello
zio dove musica e cibo si accompagnano in modo mirabile. Il pensiero dell’anno
che deve attendere affinchè possa sposare il suo Andrej sembrano
immalinconirla, ma la sua fiducia nella vita non viene mai meno anche quando si
confida con il fratello e ragiona sui massimi sistemi confermando a se stessa
che l’anima è eterna e che il mondo non è destinato a dissolversi nel nulla.
Natasha è veramente il contraltare del cupo e contrastato pessimismo di Pierre
e Andrej.
L’arrivo del Carnevale è il materializzarsi di questi contrasti, la
maschera nasconde le inquietudini ed è un ennesimo richiamo alla vita che
esplode nell’ebbrezza della corsa delle slitte sulla neve.
L’umiliazione di Natasha in casa
del conte Bolkonskji (che la riceve in pigiama) chiarisce bene la distanza che
c’è tra le aspirazioni del conte, proiettato verso l’alta nobiltà
pietroburghese e le scelte matrimoniali del figlio, innamoratosi di una
giovinetta della nobiltà provinciale moscovita. Ma ecco che Natasha cade nella
passione per il principe Kuragijn, fratello di Helena moglie di Pierre e per la
prima volta la fanciulla può consumare quella energia amorosa che la pervade
baciando intensamente l’ufficiale, così come aveva sempre sognato. La magia dell’amore
nei salotti che diventano incantati ed eterei grazie ad immagini di grande
raffinatezza e ricercatezza compositiva.
Natasha è veramente
l’oggettivazione del desiderio e tutte le figure maschili principali le ruotano
attorno come predatori sulla preda (emblematico lo split screen in cui vediamo
ei dormiente e Kuragjin ebbro di desiderio muoversi con eccitazione e fermento).
La sa vitalità accende di passione coloro che alla vita sembrano aver poco da
chiedere. Natasha rappresenta veramente la vita con la sua forza e la sua
energia inestinguibile.
La cometa del 1812
Ma se le vicende di Natasha
rientrano nel normale corso della vita non altrettanto si può dire
dell’invasione napoleonica, preceduta dall’apparizione di una stella cometa, un
evento che è “contro la ragione e la natura umana” come dice una perentoria voce
off mentre vediamo le truppe della coalizione europea entrare in Russia. Il
ballo di corte è bruscamente interrotto, le vicende della vita pacifica sono
stravolte dalla tempesta in arrivo. Ecco che la religione diventa un approdo
verso cui volgere le speranze. Il cannone e le croci diventano i simboli di
questa vita stravolta.
La madre Russia
In un contesto autunnale, mentre
all’orizzonte divampano le fiamme dovute alla tattica della terra bruciata, una
parte della Russia muore (come il conte Bolkonskji) e si inaridisce come gli
alberi d’autunno.
La Russia oltraggiata si aggrappa ai suoi uomini più
valorosi. Kutuzov rappresenta la saggezza, Andrej rappresenta la gioventù
valorosa che ha sacrificato se stessa per il bene della patria e il bagno dei
giovani soldati, il bagno di massa nel fiume della madre patria unisce in una
sola immagine tutta la gioventù gagliarda (così la definisce Kutuzov) che
difende la patria dall’invasore, a costo della vita e del sacrificio supremo
(ai corpi frementi dei giovani che si bagnano si contrappongono i corpi
straziati degli stessi soldati feriti).
La Russia come microcosmo in pericolo
che si stringe attorno ai suoi figli (meno consiglieri e più soldati invoca
Kutuzov guardando verso la mdp, è un appello al popolo russo, anche agli
spettatori dell’epoca). Pierre diventa il testimone muto di quegli eventi. Il
regista, protagonista getta il suo occhio su quegli avvenimenti e vi si
introduce anima e corpo per restituirci il senso di un evento collettivo che ha
contribuito a forgiare lo spirito del popolo russo. Il vestito bianco ed
immacolato di Pierre si muove tra le divise insanguinate dei compatrioti.
La Vergine di Smolensk
Di fronte alla pianura di
Borodino Pierre vede svolgersi una scena potente e toccante. Una processione
taglia le fila dei soldati, la Madonna di Smolensk viene portata nel mezzo
delle truppe e c’è un momento di forte commozione e accensione spirituale.
Tutti pregano, tutti si inginocchiano, dal più umile contadino al generale
Kutuzov, l’anima religiosa russa sembra risorgere e fortificare tutti gli
uomini. Anche Pierre non può sottrarsi alla generale devozione mentre il cielo
avvolge quelle masse pronte al sacrificio. Una sequenza lunga e suggestiva che
permea di un profondo senso spirituale l’intero film (stiamo parlando della
produzione di stato di un regime comunista, non dimentichiamolo).
Di fronte al dramma collettivo si
consuma quello individuale di migliaia di uomini. Andrej compendia in sé le
paure di tutti questi: la paura del dolore e della morte, la paura
dell’annientamento, della trasformazione (perché niente abbandona questo
universo ma cambia forma e sostanza).
Nel suo ultimo incontro con
Pierre, Andrej confida di essere convinto che lo spirito di chi combatte sia
decisivo nella vittoria di una battaglia e non le tattiche, non il numero, non
la disposizione delle truppe, ma è anche convinto che in guerra non ci debba
essere pietà per i nemici, specie se, come i francesi, vengono nella tua patria
per depredarla e distruggerla. Napoleone è un’ombra nella notte e ancora non ha
un volto.
La battaglia di Borodino
Evocato, ingiuriato e ammirato,
Napoleone trova finalmente un volto in questo racconto filmico all’inizio della
battaglia di Borodino, una sequenza spettacolare ed epica che si dipana per
oltre trenta minuti. Napoleone compare tra le nubi delle esplosioni e chiede: Cosa fanno i russi? Mentre Pierre
osserva il campo dalla parte russa ed è colpito dalla terra smossa da una di
queste esplosioni. La soggettiva di Pierre ci fa decisamente entrare nel cuore
della battaglia per quanto un soldato si frapponga tra il nostro narratore e la
stessa invitando l’ospite a farsi da parte.
Napoleone
Napoleone è presentato come il
grande nemico del popolo russo e dunque se ne accentuano l’arroganza, la
supponenza e il disprezzo per la vita dei suoi soldati e dei suoi nemici. La
sequenza della colazione (che peraltro lo accomuna all’analogo pasto d Kutuzov)
accentua questa coloritura negativa del personaggio che assume contorni
grotteschi. I volti dei soldati russi, segnati dalla fatica e dal dolore, ma
mai privi del giusto spirito, si alternano a quelli dell’alto comando francese,
impassibile, immobile, inespressivo. Il popolo russo contro la prevaricazione
del potere francese e il nobile Pierre che decisamente abbraccia la causa dei
compatrioti (che pure sbeffeggiano la sua goffa presenza).
La battaglia si trasforma
repentinamente in un inferno in cui, per assurdo, i due protagonisti occupano
posizioni antitetiche (Andrej a tenere la retroguardia, Pierre tra le
artiglierie del fronte), sempre ad un passo dalla morte che Andrej vede in
faccia quando una bomba sibila di fronte a lui; la natura sembra ribellarsi con
lui che lancia un disperato grido di amore alla vita, forse troppo tardivo.
Entrambi i personaggi si muovono in quell’inferno nel tentativo di dare un
senso alla loro presenza, cercando di sentirsi utili ed importanti, ma entrambi
forse falliscono nella loro impresa rimanendo ai margini della contesa (Pierre
vorrebbe portare delle casse che però esplodono di fronte a lui; Andrej
vorrebbe combattere ma è costretto all’inazione nelle retrovie che intanto
vanno comunque riempiendosi di cadaveri).
Come una sinfonia che va in
crescendo, le scene della battaglia diventano sempre più concitate, i lunghi
carrelli si alternano a dettagli e campi lunghi che danno l’idea di un muoversi
convulso e concitato di migliaia di uomini in un frastuono di rumori e
deflagrazioni e in un accendersi continuo di esplosioni che producono un fumo
irreale, veramente infernale. Come Pierre anche noi spettatori siamo dentro la
battaglia, immersi nei suoni e nei colori. Più che i singoli duelli Bondarchuk
ci restituisce un dramma collettivo in cui la confusione è lo specchio della
paura e della violenza in cui il singolo si perde e si annulla, in cui la
follia e la morte sono compagne di viaggio (Pierre sta per uccidere un uomo poi
si ferma e fugge al pari del suo avversario). Nel mezzo della contesa si sente
un suono indistinto di campane quasi un richiama alla umanità che si perde quel
contesto e che un Dio comunque misericordioso sta probabilmente osservando con
senso di pietà (Kutuzov parla della sua terra come “la santa Russia”).
Andrej si inserisce con il suo
dramma personale e il suo carico di umanità e ricordi (il riecheggiare delle
nenie della balia che lo accudiva) e trova di fronte a sé l’odiato Kuragin che
condivide ora la sua stessa triste sorte.
Fantasmi si aggirano per il campo
di battaglia mentre le campane suonano a morte e su tutti loro risuona la nenia
della balia nel comune destino che accomuna gli uomini di quella tragedia.
L’ammasso dei corpi, le luci e i colori sembrano riportarci alla pittura di
Gericault, il tutto introdotto da un effetto che sembra collegare le lacrime di
Andrej alla visione del campo di battaglia carico di cadaveri. Questo carico di sofferenza ricade tutto su un uomo cui non è risparmiato il giudizio impietoso del narratore (Napoleone sul suo cavallo ripercorre il terreno della battaglia carico di cadaveri, una croce sembra indirizzarsi verso di lui come una lancia puntata verso la sua persona); Napoleone è il solo, vero colpevole, un uomo che ha agito contro il Bene e la Verità e dunque contro l’umanità stessa.
Pierre –
Bondarchuk si aggira in quell’inferno implorando la fine di quell’assurda
carneficina. Una voce off imperiosa sullo scorrere dei primi piani
eizensteiniani di soldati del popolo russo celebra la vittoria morale dello
stesso popolo sul nemico invasore, è la vittoria del soldato semplice, è la
vittoria dello spirito russo che si eleva al cielo nell’ultima inquadratura
della battaglia.
Consiglio di guerra
Di fronte allo sguardo di una
bambina (che rappresenta il popolo russo innocente e da difendere) Kutuzov
decide di abbandonare Mosca e ritirarsi.
I francesi a Mosca
Prima di abbandonare la propria
casa i Rostov si riuniscono in raccoglimento e preghiera. Pierre vaga come un
folle tra le fila dei moscoviti che stanno abbandonando la città mentre
Napoleone è trionfalmente all’orizzonte. I francesi invadono Mosca e mentre
Pierre salva un ufficiale invasore da morte certa, Napoleone e le sue truppe si
trovano a sfilare in una Mosca deserta in cui sono rimasti imponenti e silenziosi
i simboli di un popolo e del suo retroterra culturale e religioso (Napoleone è
spesso inquadrato in prospettive che lo pongono di fronte a campanili, a croci,
a guglie di chiese). Gli invasori sono sotto gli occhi invisibili di uno
spirito (lo spirito hegeliano di un popolo) che li giudica e li prepara al
giudizio finale. Napoleone, ebbro della propria ambizione, che si materializza
nella statua fatta arrivare da Parigi è circondato da croci ed icone verso cui
non sente, almeno in apparenza, alcun richiamo. Un piccolo Napoleone scompare
letteralmente in un salone pieno di icone, mentre il dettaglio di alcune di
esse sottolinea il contrasto tra l’uomo e la divinità, tra il singolo e la fede
di un popolo, tra l’ambizione politica e la profondità del sentimento
religioso.
Il soldato con cui pranza Pierre
glorifica Napoleone che ha ormai finito di essere ammirato dal conte Bezuchov.
Natasha, che nel frattempo ha saputo della presenza, tra i profughi di Mosca,
di Andrej ferito, sembra aver spento ogni entusiasmo vitale.
Pierre vaga per Mosca
Napoleone, con il suo arrivo,
rappresenta una sorta di resa dei conti per tutti i personaggi principali della
storia. Ecco allora che, mentre Mosca sta bruciando, Andrej e Natasha si
incontrano sul letto di morte del giovane, mentre Pierre, che ha in cuore di
uccidere Napoleone, si trova suo malgrado a salvare una bambina dalle fiamme ed
una giovane fanciulla dalle attenzioni di un soldato francese.
Andrej vede di
fronte a sé scivolare via la vita con il carico di rimpianti che lo angustia,
Natasha si pente del dolore che ha causato e capisce il vero senso dell’amore
devoto e sincero, Pierre trova un senso alla propria esistenza spendendosi per
il prossimo pur senza un progetto coerente ed organico (il suo è un vagare
casuale tra i grandi avvenimenti che si svolgono attorno a lui). La ferma
volontà di uccidere Napoleone pare in realtà una sorta di impulso deviato da
altri eventi che catturano l’attenzione di Pierre e lo allontanano da quanto in
apparenza andava cercando con maggior convinzione. La sua incapacità di
dominare gli eventi e se stesso (iniziata con l’intenzione di abbandonare le
orge di Kuragin) rappresenta il lato più tragico della personalità di Pierre
tormentato, inetto, cerebrale fino all’inazione, governato da impulsi buoni che
non trovano una sufficiente forza d’animo che li sostenga (Natasha ha la forza
e l’energia ma probabilmente ha meno profondità d’animo di Pierre e per questo
la sua carica vitale si perde in rivoli che la conducono ad azioni
contraddittorie ed avventate; Andrej ha la forza d’animo e la volontà ma manca
dell’acutezza di Pierre e per questo finisce per perdere se stesso dietro alle
parvenze di valori che si dimostrano fatui ed illusori).
Anche la parte centrale
dell’incendio è vista e filtrata attraverso lo sguardo di Pierre. Un ospedale
in fiamme, un Cristo che brucia ed un giovane che pare proprio un Cristo
vivente, un bambino che piange. Di nuovo il dramma individuale si mescola e si perde
nelle imperiose scene collettive. Il fuoco è negli occhiali di Pierre. Ciò che
simbolicamente vede Pierre è soprattutto la degradazione dell’uomo, la sua
bestialità, l’annientamento di ogni valore e di ogni senso più profondo della
vita. Il fuoco non purifica ma distrugge in un inferno quasi alla Bruegel.
Pietroburgo e Mosca
Torna anche il contrasto con
Pietroburgo, città quieta, sfarzosa, lontana dalle sofferenze di Mosca, del
popolo, chiusa nella sua aristocratica immobilità, lontana dallo spirito vitale
della vera Russia e dunque falsa e impalpabile come un fantasma.
I tre
protagonisti si sono immersi nel ciclo vitale e ne sono stati travolti. Le
statue del salotto Pavlovna (che ci riportano alle statue del palazzo d’Inverno
che già Eisenstein aveva immortalato come immagine di un potere indifferente e
distante dal popolo) sono un lontano ricordo, ora di fronte a Pierre ci sono
volti sfigurati dal dolore, Andrej stesso è una icona vivente del dolore.
Pietroburgo, vista con occhi più moderni, rappresenta lo spirito russo che la
rivoluzione comunista ha soffocato facendo emergere quello più profondo e
vitalistico del popolo. Pietroburgo è veramente il luogo della conservazione
reazionaria, Mosca il cuore della nuova Russia che si realizzerà nel Ventesimo
secolo. In realtà in Tolstoj la dicotomia non era così evidente (a Pietroburgo,
ad esempio, egli sottolineava come si preparasse la strategia per difendere la
Russia) o meglio non si colorava di sfumature politiche ma prendeva una
dimensione diversa, più simbolica; se vogliamo Pietroburgo era padre e Mosca
era madre. A Pietroburgo prima la frivola superficialità dei salotti, poi la
fredda distanza razionale della decisione strategica della guerra a tavolino; a
Mosca la vita pulsante più vera e il dramma vivo della distruzione e
dell’offesa, ma anche il luogo natale di Natasha, simbolo della vitalità e
della Natura.
La resurrezione di Pierre
Pierre, imprigionato dai francesi
assiste anche ad una orribile decimazione, con la fucilazione di un ragazzo
innocente. E’ il punto più basso della sua esperienza terrena, quello nel quale
appare egli stesso più vicino alla morte.
Ma nel luogo di prigionia (non prima
di aver giaciuto disorientato tra reliquie distrutte all’interno di una chiesa
in disfacimento) egli conosce un uomo misericordioso e carico di una saggezza
popolare (Platon Karataev, ex contadino ed ex soldato) che sa vedere la vita in
modo semplice e diretto (Dove c’è giudice
non c’è giustizia; Ciò che accade al mondo è per volere di Dio…) e che agli
occhi di Pierre appare come l’incarnazione di una rivelazione. Lo stesso
Tolstoj scriveva a proposito: (Pierre)
aveva l’impressione che quel mondo, caduto poc’anzi in rovina, con una bellezza
nuova, in questi momenti, su non so quali nuove ed incrollabili basi,
risorgesse nel suo animo…
Ancora una volta l’incontro con l’altro apre nuove prospettive di
pensiero per Pierre che scopre la possibilità di una visione chiara, semplice e
decisiva della vita.
Andrej, La morte è un risveglio
Andrej muore all’interno di un
convento, tra bianche e spoglie pareti che contrastano con lo sfarzo dei luoghi
in cui ha vissuto, ma la verità si apre di fronte a lui in tutta la sua
evidenza, non vi possono essere orpelli od ornamenti inutili; la morte è un risveglio, è l’estrema
verità che Andrej percepisce (e qui entrano anche vicende autobiografiche del
regista che era stato colto da un grave malore durante la lavorazione del film
ed era stato considerato clinicamente morto per alcuni minuti). Il bianco, il
nero, il cielo dentro tutto questo finisce la vicenda terrena del principe che
pare dissolversi nel nulla.
Pierre, La vita è tutto
La morte di Platon compagno di
Pierre, nella ritirata al seguito delle truppe francesi in fuga da Mosca, segna
il punto di arrivo della riflessione di Pierre: la vita è tutto, questa la semplice deduzione che il conte Bezuchov
trae quasi al termine delle sue ultime esperienze. Ecco allora la sua beffarda
risata di fronte al soldato che lo tiene prigioniero: Vogliono fare di me uno schiavo, ma io ho un’anima libera, dice
Pierre guardando verso la mdp in una affermazione dal sapore kantiano in cui
anche visivamente si accomuna l’uomo alle stelle, è mio l’universo perché io vivo, vivo in ogni cosa e ogni cosa vive in
me.
Petja Rostov
Si apre quasi come una parentesi
la vicenda del giovanissimo Rostov che entra in un drappello di milizie non
ufficiali russe per dare la caccia ai francesi e muore in una delle incursioni
in cui viene liberato Pierre. Ciò che vive Petja è la stessa vicenda umana dei
protagonisti della storia; egli vuole partecipare alla Storia, ma deve fare i
conti con il destino e la morte. Così la notte rima della battaglia anche per
Petja si aprono gli orizzonti della riflessione che lo conduce a vedere la vita
e la morte nel loro indissolubile legame. Dalla Terra al Cielo anche per Petja
si celebra il rito del ciclo vitale. Il suo sacrificio è necessario affinchè
poi Pierre e Natasha si ritrovino e lo stesso ciclo vitale possa aprirsi in una
nuova vicenda esistenziale.
Pietà per i vinti
Benedetto il popolo che trasforma
il sentimento di vendetta in pietà. Inseguendo la massa dei francesi vittime
della vuota retorica di Napoleone (le cui parole riecheggiano beffarde sulle
immagini dei soldati sofferenti e prostrati), i Russi sembrano avere
misericordia e Kutuzov ordina di non accanirsi ulteriormente sui francesi. La
retorica si ribalta e da quella pomposa e prepotente di Napoleone si passa a
quella della concordia dei russi. L’omissione del massacro della Berezina e
della feroce vendetta dei russi è un falso storico che si concede il film
proprio in dirittura d’arrivo quasi a voler stemperare ogni possibile accusa di
manicheismo nel nome invece di una idea di concordia universale (i francesi in
difficoltà sono uomini come i russi vincitori e tutti insieme cantano una
canzone in lingua francese), ma è soprattutto l’estremo omaggio al pensiero di
Tolstoj così intriso di pacifismo e così decisamente avverso alla guerra e alle
divisioni tra gli uomini che essa provoca. Lo stesso Tolstoj inoltre tendeva a
minimizzare l’episodio della Berezina ritenendolo non così catastrofico, in
quanto il frutto di un imbottigliamento naturale dell’enorme massa di
fuggitivi. I Russi non è che non volessero aiutare i francesi, dice Tolstoj,
non potevano perché avevano giusto il necessario per sopravvivere. Inoltre
l’idea di Kutuzov di non accanirsi sui francesi era spiegata da Tolstoj in modo
meno semplicistico: Kutuzov conosceva bene lo stato delle proprie truppe e non
le trovava pronte a nuovi scontri pur con un esercito in rotta. Lo zar lo
avversava e propugnava una controffensiva verso Occidente, molti ufficiali non
lo approvavano e Kutuzov era ormai stanco di guerre.
Epilogo
Il ritorno di Pierre a Mosca vede
l’aprirsi del suo amore per Natasha, ora sagoma nera, quasi irriconoscibile ma
pronta a sbocciare nuovamente e ritrovare il candore bianco perduto. La voce
off su immagini aeree riprende il filo del discorso iniziale ricordando come
l’unità di intenti tra uomini buoni sia garanzia del rinnovarsi del miracolo
della vita.
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