Effetti Collaterali
Cast: Jude Law,
Rooney Mara, Catherine Zeta-Jones, Channing Tatum, Vinessa Shaw
Regia: Steven
Soderbergh durata: 106'
Produzione: Endgame
Entertainment sceneggiatura: Scott Z.
Burns fotografia: Peter Andrews montaggio: Mary Ann Bernard musiche: Thomas Newman
In un appartamento di New York,
che sembra far parte di un alveare, composto di celle tutte uguali, si è
consumato un delitto. Il rosso del sangue si associa a quello del rossetto che
tinge le labbra della protagonista, Emily Taylor, una grafica di 28 anni che
lavora nella Grande Mela; Emily si sta truccando in macchina per poter andare a
trovare il marito, Martin, in carcere da ormai 4 anni; il dettaglio del trucco
ci dice due cose: che lei si trucca come se dovesse andare in scena qualcosa
(l’allusione alla doppiezza del suo personaggio) e l’allusione al trucco in sé,
all’inganno che vedremo mettere in atto.
La successiva sequenza di lei che
cammina per strada, inquadrata di spalle, ci cela il suo volto, che è specchio
dell’anima, perché la sua vera anima è celata dietro un velo, è nascosta,
pronta ad emergere. L’immagine emaciata e sofferente della ragazza, gli occhi
azzurri che trasmettono un velo di malinconia sono dettagli che sviano dalla
vera identità del personaggio e sembrano presentarci una vittima.
Nel colloquio
con la madre del marito si accenna all’Insider trading. Lei appare come una
figura dentro a un quadro (in un colloquio con lo psicologo Emily ammetterà che
Martin, quando erano fidanzati, la guardava come fosse un dipinto), di nuovo di
spalle a celare la sua identità più profonda. Il tentativo di suicidio è in
realtà una via di uscita da una situazione opprimente, come allude l’enorme
scritta Exit che è stampata sul muro dove va a sbattere con la macchina.
Il dottor John Banks è colui che
prende in carico il caso della paziente Emily Taylor. Sembra un uomo
ragionevole che sa leggere nelle situazioni, come quella dell’haitiano che vede
il padre morto (è il dolore che fa vedere le persone morte) ed ammette, con una
battuta, che la chimica aiuta a vivere. Dietro di lui, di fronte alla Taylor,
di nuovo una enorme scritta Exit (rossa stavolta).
Le viene indicato un farmaco che
agisce sulla serotonina impedendo al cervello di farti sentire infelice. Nel
bagno Emily è di fronte ad uno specchio, è doppia, nella stessa posizione la
suocera viene inquadrata in modo che non vi siano due donne. Il colloquio con lo psicologo serve ad
inquadrare definitivamente il personaggio di Emily, che arriva dalla provincia
e che già in passato ha sofferto di depressione. A questo proposito chiama in
causa una certa dottoressa Siebert che l’ha già avuta in cura. La prima volta
che vediamo la dottoressa la mdp indugia sul suo tesserino medico prima di
mostrarci il volto della donna. Costei parla di Emily come di una donna a cui
manca una figura maschile di riferimento, non essendosi mai sentita amata dal
padre. Quando la dottoressa consiglia al dottor Banks di usare il farmaco Ablixa,
di nuovo alle loro spalle compare la scritta Exit. Un farmaco per uscire dalla
depressione.
Di nuovo si insiste sul volto di
Emily che si sta truccando, che è pronta a recitare, a truccare le carte. La
recita questa volta avviene in società, di fronte a tutti. Spesso la figura di
Emily emerge da uno sfuocato accentuato come se ci fosse qualcosa che non si
vede chiaramente in lei. Del resto, lungo il film, si moltiplicano le immagini
cariche di senso legate al riflesso degli specchi, anche deformanti, come ad
esempio nella scena della festa.
La depressione è l’incapacità di
costruire un futuro, dice il dottor Banks non sapendo che Emily è proprio
quello che sta facendo, giocando sulla depressione stessa. L’attenzione della
donna è catturata da una barca a vela in una vetrina ed è la barca che abbiamo
visto nella sua casa insanguinata nella sequenza iniziale. La confezione delle
pillole domina il comodino della ragazza mentre la foto dei due sposi è
nell’ombra in un angolo. Nei sogni Einstein ha intuito la teoria della
relatività e Paul Mc Cartney ha elaborato canzoni, Emily addirittura uccide
colui che ama.
John assiste ad un programma tv
in cui si discute del farmaco Ablixa e del suo legame con l’omicidio di Martin;
il farmaco è illuminato al centro della scena mentre la sagoma della moglie di
Banks è scura e sfuocata. Il farmaco è una presenza dominante che sembra in
grado di cambiare i destini degli uomini ed annullarne la volontà cosciente,
prendendo possesso di quella inconscia. John è sotto esame, il suo intero
comportamento deontologico è sotto osservazione. Ciò che ci distingue dagli
insetti è che abbiamo una coscienza, dice Banks all’udienza per il processo. Nelle sue personali indagini il
dottore ripercorre le tappe dei tentati suicidi di Emily la cui foto compare di
fronte a lui appesa ad una parete: l’immagine è, come di consueto, sfuocata, il
dottore non sembra ancora riuscire a mettere a fuoco le coordinate mentali
della paziente. Le scritte Exit addirittura si moltiplicano nel corridoio del
tribunale.
Chi vede le bugie, il passato o
l’infelicità? Si chiede la dottoressa Siebert che aveva scritto un articolo sul
sonnambulismo provocato dalla Ablixa.
Ogni giorno alle tre è come se
una nebbia velenosa mi calasse sulla mente e mi paralizzasse, citazione da
William Styron (Darkness visible. A memoir
of madness) che è la stessa frase che Emily aveva pronunciato in precedenza
al dottore.
Nella verità raccontata da Emily
uno squarcio di sole in una vicenda immersa in una nebbia velenosa; questa
lenta uscita dalla nebbia è allusa nel movimento di macchina che ci porta dalla
parete bianca allo studio del dottore che sta ormai svelando la verità. La
felicità assaporata e bruscamente interrotta e la discesa nella nebbia che è
nel bianco in cui è immersa Emily dopo che hanno catturato il marito e che
diventa lo scuro grigiore in cui compare la dark lady dottoressa Siebert.
Se lui sparisce (il marito) andrà
tutto meglio, dice Emily. Il comportamento passato è il miglior modo per
predire quello futuro, se hai tradito una volta lo farai di nuovo, Emily ha
tradito Martin e così fa anche con la dottoressa Siebert.
Emily è in nuovo casermone di
finestre tutte uguali (vedi l’inizio del film), un labirinto inestricabile come
la sua mente da cui non può fuggire. La famiglia di Banks è ricostituita,
l’innocenza è ristabilita, innocenza incarnata nei bambini che escono
dall’asilo e che decisamente si è perduta negli adulti coinvolti nella vicenda.
L’abuso di psicofarmaci nelle
terapie psicologiche che evidenzia una scarsa individuazione delle vere e
profonde problematiche che sono alla base dei disturbi psichici analizzati, con
diagnosi talvolta approssimative ed incomplete. Le lobby dell’industria
farmaceutica che influenzano il mercato ed hanno stretti legami con la finanza.
Sono tutti temi civetta che in realtà nascondono il vero e più profondo
discorso di Soderberegh che è quello di descrivere un mondo cinico,
rappresentato da Emily, finta innocente e vittima, che in realtà ha la
spietatezza di una lady Macbeth, una donna capace di recitare una parte, di
autocondannarsi alla solitudine pur di mantenere uno status di benessere che ha
assaporato e che poi si è vista portare via.
Quello che insegue Emily è un puro
miraggio, la rimanenza di un sogno spezzato i cui contorni sono incerti ed
indefiniti, come del resto è incerta ed indefinita, spesso, la sagoma di Emily,
intrappolata nella propria mente, vittima di una depressione latente cui cerca
di sfuggire inseguendo il sogno vago ed indefinito di un benessere puramente
materiale (la villa, la barca, il conto in banca); quelle scritte Exit
continuamente esposte, onnipresenti nel film, ci dicono che l’uscita è quanto
ricerca la ragazza, l’uscita dal dramma della sofferenza interiore, ma l’uscita
è impossibile, è sempre lì a portata di mano, ma non percorribile (ad un certo
punto le Exit sembrano moltiplicarsi), tanto che alla fine Emily è prigioniera
di un cubo (l’ospedale psichiatrico) come lo era all’inizio (l’appartamento
grigio nel cuore di New York).
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