Babadook
GENERE: Drammatico , Horror , Thriller
ANNO: 2015
REGIA: Jennifer Kent
ATTORI: Essie Davis (Amelia), Noah Wiseman (Samuel), Daniel Henshall, Hayley McElhinney, Barbara West, Benjamin Winspear
SCENEGGIATURA: Jennifer Kent
FOTOGRAFIA: Radek Ladczuk
MONTAGGIO: Simon Njoo
MUSICHE: Jed Kurzel
PRODUZIONE: Causeway Films, Smoking Gun Productions
DISTRIBUZIONE: Koch Media
PAESE: Australia, Canada
DURATA: 93 Min
La regista Jennifer Kent è alla
prima regia di un lungometraggio, ma sembra avere già le idee molto chiare.
Quella che racconta in Babadook è una storia di affetto familiare malato e
minato da un trauma. La morte del marito di Amelia, coincidente con la nascita
del figlio, ha prodotto una insanabile frattura psicologica nella donna che non
riesce a risolvere il dolore per la perdita se non rimuovendo il dolore stesso.
Questo però si ripresenta come senso di colpa che attanaglia la donna, senso di
colpa che si materializza nella percezione della propria inadeguatezza come
madre e nei dubbi affettivi che la legano al figlio Samuel. Tutto ciò ha prodotto
una dissociazione anche nel figlio che vive in modo astratto il proprio
passaggio edipico immaginandosi un mostro notturno che lo insidia e che poi
insidia la madre impossessandosene. I fantasmi dell’uno derivano da quelli
dell’altro e viceversa e in fondo il film racconta anche questo, ovverosia la
redenzione della madre che passa attraverso il sacrificio di prendere su di sé
i fantasmi del figlio fino ad annullarsi. A quel punto il bambino avrà la
conferma dell’amore materno, troppo flebile prima, tanto da sentirlo incerto e
continuamente richiamato con quelle insistenti invocazioni “mamma, mamma”,
ossessive e lancinanti. Vediamo nel dettaglio.
Amelia, la madre, sogna di un
incidente, lei è dentro una macchina, guidata da un uomo, che si ribalta; probabilmente
lei è incinta; colui che guida sta mettendo a rischio la vita del bambino che
porta in grembo (è il riproporsi dell’incidente in cui morì il marito di Amelia
che era incinta di Samuel) una voce infantile la richiama alla realtà è suo
figlio Samuel che, come lei, ha fatto un brutto sogno. Madre e figlio hanno gli
incubi, le loro notti sono viaggi nelle paure nascoste e represse.
La favola
dei tre porcellini che racconta la morte del lupo cattivo, rassicura il
bambino. Questa la premessa di Babadook. Una madre sola, un figlio impaurito e
disorientato.
Su una copertina di un libro di
magia c’è una domanda: gli spiriti ritornano? Qual è lo spirito che Amelia
potrebbe veder ritornare? Il figlio consola la madre.
Amelia, che si occupa di
accudire anziani sembra non essere in grado di gestire le difficoltà del figlio
che emergono, in tutta la loro evidenza, nei rapporti sociali a scuola dove, come può constatare la madre,
Samuel è semplicemente un bambino come tutti gli altri e non “Samuel”. Tanto
negli incubi, quanto nella realtà, la presenza di Samuel è ossessiva per Amelia
che non riesce mai a liberarsi del pensiero ed anche della presenza fisica del
figlio (quel continuo richiamo materno, una voce ossessiva, che è anche il segno di un estremo bisogno di affetto profondo, che non permette ad
Amelia alcuna distrazione).
Il film racconta questo rapporto esclusivo,
totalizzante che prosciuga le forze e le energie di Amelia. Nei primi dieci
minuti non vi è alcun cenno orrorifico tranne che negli effetti sonori di colpi
che svegliano la madre la mattina e che sono prodotti da un marchingegno anti
mostro prodotto dal figlio che è convinto che nella casa ci sia una entità maligna (ma questa in realtà non c'è ancora). Ecco però che compare un libro di cui Amelia pare
non sapere niente, il libro di Babadook. Ciò che contiene il libro attira
l’attenzione di Amelia ma ancora una volta le invocazioni del figlio la
richiamano ad altro. Tant’è vero che,
una volta da sola, Amelia torna a leggere le pagine di quello strano libro
rosso.
Che sia in una parola o in uno
sguardo non puoi liberarti di Babadook, recita una delle frasi contenute nel libro, un monito ad Amelia a non ritenere semplice liberarsi dei fantasmi. Con la notte, per Amelia, non arrivano
soltanto gli incubi ma anche i turbamenti erotici tutt’altro che sopiti dopo la
morte del marito (evidenti le allusioni erotiche nei programmi tv che sta
guardando Amelia).
Madre e figlio, per motivi diversi, sono entrambi svegli nel
cuore della notte. Anche l’orgasmo viene interrotto dal figlio. Il figlio vuole
proteggere la madre di cui percepisce la debolezza e fragilità ed edipicamente
dorme con lei nel lettone interrompendo la pulsione erotica della donna,
nuovamente frustrata e rinviata. “Non voglio che ti succeda niente di brutto”
gli dice il bambino, che non ha un padre da uccidere simbolicamente e così lo
crea facendone un mostro terribile. Tale mostro possederà la madre e il figlio
lo ucciderà simbolicamente nella scena dello scantinato in cui lega la madre
stessa.
La madre sembra avere più paura
del figlio. Uscendo prima dal lavoro, Amelia si ritaglia uno spazio tutto per
sé in cui riesce a gustare un gelato e a sentire risvegliarsi i sensi. Ma
ancora una volta la telefonata della sorella che guarda Samuel interrompe il
suo momento magico (la sequenza è caratterizzata dalla predominanza cromatica bianca).
Il figlio ricorda alla madre la presenza di
Babadook che se la mangerà. Amelia vede materializzarsi il mostro che si crea
dalla sua paura di abbandonare il figlio, di non amarlo abbastanza e dunque di
lasciarlo solo con i suoi fantasmi. Ecco perché lei sembra avere più paura di
Samuel. Samuel, al contrario, sente di dover prendere il posto del padre e
difendere la madre, dunque adempiere al ruolo maschile di protezione che manca
nella casa.
Il complesso edipico prende forma, la madre non può essere di
nessun altro, il padre è ormai soltanto una fotografia sul comodino, i fantasmi
di un suo sostituto vengono allontanati con tutte le armi possibili. Nella
cantina dove Samuel si reca per compiere le proprie magie si trovano gli
oggetti del padre che lui ora vuole sostituire. Amelia non pare gradire che
Samuel abbia la chiave della stanza del padre. I vestiti neri dismessi
all’ingresso della cantina danno forma ad una sagoma che ricorda quella di
Babadook, dall’ombra del padre (che vuole tornare, ricordiamo la copertina del
gioco di magia) nasce il mostro.
Il figlio ha ricostruito una sagoma del padre,
che era un musicista. C’è dunque l’ambivalenza, in Samuel, del mago che vuol
far tornare gli spiriti in vita (quello del padre) dall’altra la paura che
questi spiriti siano maligni e neri, mostri minacciosi che vogliono portargli
via la mamma. Nel momento che la madre pare allontanarsi ecco materializzarsi
il fantasma di Babadook. Amelia distrugge il libro e con esso spera di
distruggere tutto ciò che implica (la foto con il marito deturpata è la materializzazione della minaccia edipica che lei pensa stia portandogli il figlio).
Nel compleanno di Ruby vengono
fuori tutte le verità tenute fin lì nascoste: Amelia non ha superato il trauma
della scomparsa del marito; lei ammette di non nominarlo mai ed in questo modo
non si rende conto di dare ulteriormente ragione alla sorella che la accusa di non
essersi ancora ripresa da quella tragedia (non lo nomina, i suoi oggetti li ha
relegati nella cantina e così ne ha creato un enorme fantasma che aleggia per
la casa); se la madre non ha mai affrontato il trauma della perdita, il figlio
ha i sensi di colpa per non avere un papà e se ne è creato uno immaginario che
però fa paura perché comunque Samuel ama in modo esclusivo la madre e quel papà
immaginario è un avversario ancora più pericoloso e letale di un padre vero, un
concorrente terribile che contende a Samuel l’amore per la mamma.
Tuo padre ha
preferito morire così non stava con te, dice la cugina a Samuel e rincara la
dose dicendo che anche la mamma non lo vuole.
La madre esasperata urla al
bambino che Babdook non esiste, ma in realtà sta parlando anche a se stessa,
sta gridando a se stessa, quel fantasma non esiste. Amelia ordina al dottore
una cura di sedativi per il figlio e il dottore rimarca come solitamente le
madri evitino di arrivare a tali estremi. E’ una ulteriore dimostrazione di
come Amelia possa sentirsi inadeguata nel crescere da sola il figlio. Samuel ha
paura di perdere la madre e il mostro rappresenta colui che può condurla via (il sostituvo del padre).
Con il bambino sedato le paure sono tutte della madre che vede ricomparire il
libro di Babadook alla porta.
Nel libro ritrovato c’è una frase chiave: più tu
neghi più io sarò forte. Più tu neghi la presenza ingombrante del fantasma del
marito più questa presenza si fa forte. Fammi entrare, si legge nella pagina in
cui il mostro minaccia la donna. Amelia produce un’ombra enorme dietro di sé.
Babadook cresce proprio sotto la tua pelle!!!!
La polizia, a cui Amelia si
rivolge, rappresenta un principio di autorità maschile, un principio di realtà
equiparabile a quello del padre e non è un caso che Amelia veda nel commissariato
una sagoma del vestito di Babadook. Lei ha paura di quegli uomini che la
guardano con sospetto.
Con il crescere del senso di inadeguatezza materno (la
cucina in disordine, l’invasione degli insetti, il bambino che non viene più
mandato a scuola, l’arrivo degli assistenti sociali) il fantasma si fa più
concreto, quel fantasma che può portare via Samuel, l’autorità paterna che
giudica la madre e la condanna alla solitudine.
Babadook compare per la prima
volta in casa della vecchia signora che guarda occasionalmente Samuel; il padre
assente minaccia chi ha preso il suo posto e cresce suo figlio. Un nero e
mostruoso padre sta giudicando Amelia e la sta mettendo di fronte alle proprie
mancanze.
Dov’è la mamma Skip? I koala non
abbandonano mai i figli. Questo dice un ragazzino alla tv e quella frase
risveglia Samuel che si stava addormentando. Oscure ombre si addensano sulla
casa. Le paure ora sono tutte della madre che inconsciamente si fa carico della
presenza che ossessiona il figlio affrontandola lei al posto suo. Babadook è
ora lì per lei e non per Samuel. Lei arriva al sacrificio estremo facendosi
possedere dal fantasma, introiettando il mostro dentro di sé. In questo modo
ingloba in sé la figura paterna mancante, dall’altra libera il figlio dal fantasma
paterno, assume su di sé il carico di angoscia di quella situazione.
Babadook
ora è dentro di lei per salvare Samuel dalla persecuzione. Ormai il mostro è
talmente dentro di lei che lo vede in immagini televisive come quelle dei film
di Melies che compaiono di fronte a lei (il mostro è entrato anche nel suo personale spazio di evasione fantastica che era rappresentato dalla tv). Amelia è ora la vera malata e sempre
più isolata; tratta Samuel con la decisione e la cattiveria di un padre severo
abbandonando i modi materni e protettivi che non avevano fruttato alcun
beneficio. Un sussulto fa ritornare in Amelia un sentimento materno ma
l’ambivalenza interna, il dissidio che la consuma si materializza nel dolore al
dente che la assilla. Proprio come il marito, Amelia riprende il violino tra le
mani. Si è sostituita a lui prendendone lo spirito ed annullando lentamente, o
quasi, la propria componente materna (sono sempre più frequenti gli scatti
d’ira e i rimproveri verso il figlio).
Il nuovo atteggiamento aggressivo di
Amelia è nel nome di un autoritarismo paterno che lei ora incarna. Niente
entrerà in casa stanotte dice la mamma col tono autoritario del custode
maschile che protegge la proprietà (padre, custode, poliziotto). Io sono la
mamma e tu sei il figlio, prendi la pasticca (come un ordine). Il bambino
eludendo l’ordine trasgredisce alla regola del padre e compie e rinnova un
rituale edipico di lotta al padre che vede con il coltello in mano, e dunque
suo potenziale carnefice.
L’impulso finale della madre-padre è quello di
sopprimere il figlio che ha causato la morte del marito e ricomporre l’idillio
iniziale, idillio che si materializza nella cantina dove la madre immagina di
ritrovare il marito e abbracciarlo. Possiamo stare insieme, devi solo portarmi
il bambino (il vero colpevole del distacco) dice il marito. Babadook è il
padre e viceversa, e per lui Samuel è semplicemente il bambino come lo era per
il preside della scuola.
Ora che Amelia ha chiarito a se stessa che il marito
non c’è più perché il figlio glielo ha portato via (e quindi inconsciamente giustifica i suoi dubbi sull'affetto che prova per il figlio), ecco che la possessione è
completa, lei ora è Babadook. Fammi entrare ora lei parla come Babadook.
Guarda che maiale a sei anni te la fai ancora sotto è veramente la voce del
padre che si fa sentire. Quante volte ho sperato che a morire fossi stato tu e
non lui. Tu non sei mia madre risponde Samuel e la combatte con le armi preparate per
Babadook realizzando finalmente la lotta edipica di liberazione dal padre. Il figlio imprigiona la madre-padre deve nuovamente operare un
delitto edipico confermato dalla frase di Samuel rivolta alla madre: Tu non mi
vuoi bene, lo so, Babadook non te lo permette…l’hai fatto entrare lo devi far
uscire….
Le carezze del bambino mentre lei cerca di strangolarlo fanno
riemergere il senso materno soffocato dalla bile nera portata da Babadook che a
questo punto viene espulso dal corpo della donna. Per uccidere definitivamente
Babadook la madre deve di nuovo uccidere il marito che cade morto ai suoi piedi
(il sogno si interrompeva prima del sopraggiungere della morte del marito).
Con
la decisione e l’autorità di un padre, Amelia sembra riuscire a cacciare il
mostro che emerge letteralmente dal buio della propria casa e sappiamo che la
casa rappresenta la mente, il buio dunque del suo inconscio da cui deve
rimuovere quella sagoma ingombrante.
Una volta affrontato e sconfitto Babadook,
l’ombra del padre, torna nello scantinato per rimanervi confinato per sempre,
ma accudito dalla madre che ha capito che il fantasma non può essere rimosso ma
si deve convivere con esso. La ritrovata armonia affettiva è come un rifiorire
degli alberi attorno alla casa, che è tornata completamente nelle mani della
donna.
Finalmente Samuel può tornare a scuola e può festeggiare il compleanno
che sostituisce il lutto per la scomparsa del marito che coincideva con quella
data. Sotto le rose permane il buio però (una sequenza lynchiana è lì a
ricordarcelo), nello scantinato sopravvive il mostro, coltivato, proprio come
le rose, da Amelia. Il mostro è nella stanza del padre e qui lo rinchiude Amelia non rimuovendolo ma curandolo ed accudendolo. La sofferenza che esso porta con sé è lì, una compagna per Amelia, non più un fantasma nascosto.
Finalmente Amelia può augurare buon compleanno al figlio.
Finalmente Amelia può augurare buon compleanno al figlio.
Il film, nello zapping compulsivo
della protagonista, mostra alla tv sequenze da film horror del passato, ma non
solo. Partendo da Melies, passiamo per Il fantasma dell’opera con Lon Chaney,
fino a I tre volti della paura di Mario Bava, senza dimenticare che la sagoma
di Babadook riecheggia, in alcuni tratti, quella del vampiro di Murnau.
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