Preferisco l'ascensore (Safety Last)
Regia: Fred Newmeyer, Sam Taylor
Interpreti: Harold Lloyd (Harold), Mildred Davis (Mildred), Bill Strother (Limpy Bill)
Sceneggiatura: Harold Lloyd, Hal Roach, Sam Taylor, Tim Whelan
Produttore: Hal Roach
Stati Uniti 1923 Durata: 73’
La sicurezza prima di tutto; parafrasando e
ribaltando il popolare modo di dire (per ultima la sicurezza è la
traduzione letterale del titolo americano del film), Harold Lloyd e la sua
fidata troupe di autori (ricordiamo i registi Fred Newmeyer e Sam Taylor che
hanno lavorato con il comico anche in altri film) danno vita ad una commedia
scatenata che qualche critico delirante ha piazzato tra i 100 migliori thriller
(?) della storia del cinema. Certo è che l'immagine di Harold appeso alla
lancetta dell'orologio di un grattacielo è diventata uno dei simboli
dell'intera epopea del muto, ripreso e citato anche in seguito (ricordiamo Ritorno
al futuro di Zemeckis e Hugo Cabret di Scorsese).
Harold presenta un personaggio fisso da
commedia dell'arte e diventa una sorta di archetipo del cinema muto alla pari
di Chaplin e Buster Keaton.
Se Charlot era il vagabondo, l'emarginato, il
povero senza fissa dimora, l'archetipo del personaggio senza arte nè parte
nella società di massa, Keaton si situa in una sorta di terra di mezzo pur
indossando i panni di un piccolo borghese impacciato e taciturno. Lloyd
costruisce un personaggio decisamente borghese, a partire dall'abbigliamento
sempre invariabilmente impeccabile (basti ricordare che rimane appeso
all'orologio del grattacielo ma non perde il suo inseparabile cappello).
Se la
bombetta di Charlot era il simbolo (insieme al bastone) della rimanenza di un
lontano ricordo o di una insoddisfatta aspirazione nobiliare (ma anche un forte
e costante richiamo alla necessità di non perdere la propria dignità), in
Keaton e in Lloyd il cappello rinforza la connotazione borghese di chi insegue
principalmente la rispettabilità e il decoro, indispensabili nella lotta per la
sopravvivenza nella giungla della dominante società di massa.
Lloyd coniuga, senza contraddizione, queste caratteristiche di compostezza ad una spericolatezza quasi circense, che ben si addice ad un personaggio in continuo movimento e chiamato alla "lotta" per la sopravvivenza sociale (fra l'altro raramente Lloyd fa uso di controfigure, anche nelle scene più ardite e sul suo corpo talvolta porta i segni del suo ardimento, come alla mano destra che dal 1919 manca di due dita, perse a seguito di una accidentale esplosione in uno studio fotografico durante la posa per realizzare delle fotografie promozionali).
Lloyd coniuga, senza contraddizione, queste caratteristiche di compostezza ad una spericolatezza quasi circense, che ben si addice ad un personaggio in continuo movimento e chiamato alla "lotta" per la sopravvivenza sociale (fra l'altro raramente Lloyd fa uso di controfigure, anche nelle scene più ardite e sul suo corpo talvolta porta i segni del suo ardimento, come alla mano destra che dal 1919 manca di due dita, perse a seguito di una accidentale esplosione in uno studio fotografico durante la posa per realizzare delle fotografie promozionali).
I
grandi occhiali tondi contribuiscono a restituirci l'immagine del bravo
ragazzo, pulito, ma allo stesso tempo determinato. Il cappello di Lloyd è il classico capo d'abbigliamento da grande magazzino, luogo per eccellenza del mondo borghese e luogo chiave del film Safety Last. Attorno al grande magazzino in cui lavora
Harold (nome del personaggio e dell'attore coincidono) si costruisce la storia
che è la storia del tentativo di ascesa sociale di un giovane proveniente dalla
provincia e che cerca fortuna nella grande metropoli.
La molla della sua corsa
è nell'amore per la giovane fidanzata (anche lei chiamata nello stesso modo dell'attrice che la interpreta, Mildred, che diverrà poi sua moglie nella vita reale) che lascia alla stazione del paesino
d'origine, Grand Bend.
Imprigionato dietro delle sbarre, sovrastato
dall'immagine di un cappio penzolante ed accompagnato da un prete e un
poliziotto, Harold sembra prepararsi ad una esecuzione.
La sua partenza dalla
stazione è costruita su questo iniziale equivoco che rimanda all'idea della
condanna sociale cui Harold è costretto, la condanna alla affermazione
personale, alla conquista di quella posizione che permette al singolo di
emergere dalla massa (Harold solitario sulla cima del palazzo e la folla
sottostante ci rimandano in pieno a questo tema), vero crivello piccolo
borghese che tornerà come tema dominante, ad esempio, nel capolavoro di Murnau,
L'ultimo uomo.
Il destino piccolo borghese lo imprigiona verso un
percorso di ascesa sociale per il quale, almeno inzialmente, Harold non sembra
essere attrezzato. La sua sbadataggine (monta su un carro piuttosto che su un
treno), la sua insicurezza e bonomia non sono un ottimo biglietto da visita
tenuto conto delle aspettative di coloro che lo salutano alla partenza.
Giunto Harold nella grande città ecco proporsi la presenza costante del poliziotto che, non solo
ci rimanda all'idea del contrasto tra la libera iniziativa del cittadino ed il
sistema che impone regole e leggi talvolta oscure (ricordiamo come in Chaplin,
analogamente, la presenza del poliziotto assume i connotati di un richiamo
continuo all'ordine che si fa incubo e persecuzione vera e propria),
ma, nel caso
di Safety Last, diventa anche l'oggettivazione del tema del cittadino che
ha raggiunto l'obiettivo, che si è fatto da solo ed è arrivato alla meta della
posizione sociale rispettata e temuta; a questo proposito è paradigmatico
l'incontro di Harold con il vecchio amico di paese, Jim Taylor, ora divenuto
poliziotto, nel quale vediamo il nostro protagonista ammirare l'amico
orgoglioso di indossare la divisa, che certifica la sua avvenuta e completa
integrazione nel mondo massificato della grande città (qualche anno dopo Vidor
ne La folla ci fornirà un quadro meravigliosamente aderente a quella
realtà).
Il poliziotto è colui che contrasta l'ascesa, la libera iniziativa del
cittadino e in questo senso il cinema muto americano sembra assorbire gli umori
di un'epoca, quella del proibizionismo, carica di venti autoritari e castranti,
in contrasto con la folle e senza freni corsa al benessere che si concluderà
con la Grande Crisi del 1929.
In questo
percorso di affermazione, tipicamente americano, si parte con il distacco dal
luogo di origine, passando per la completa dedizione al lavoro per poi
imbracciare completamente l'etica del sacrificio (in questo senso è magistrale
la sequenza della rinuncia al pasto in cambio dell'acquisto della catenina per
la fidanzata, catenina che Harold acquista da un negoziante senza scrupoli
tratteggiato in modo vagamente ebraico);
la ricompensa è in cima al grattacielo
(lo stesso luogo di lavoro da cui evidentemente non ci si può staccare) con il
coronamento del sogno d'amore che garantirà pace e benessere, sempre che
qualche scarpa non rimanga incollata al catrame fresco...
Ma la ricompensa è
anche nel dare volto all'uomo che sale alla ribalta, dare volto al misterioso
uomo di successo, come certificato dalle prime pagine dei giornali (e così tocchiamo anche il tema del ruolo
della pubblicità e della propaganda).
Chi non è riuscito a scalare il
grattacielo, o meglio chi non è riuscito a farlo di fronte alla folla è
destinato ad allontanarsi dal sogno (inseguito dal frustrante principio di
realtà e di autorità incarnato nel poliziotto) che diventa piccolo e distante
come la scritta dell'ultimo cartello del film.
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