Blaise Pascal
Regia: Roberto
Rossellini
Film per la
televisione
Italia 1971
Produzione:
Rai
Durata: 131’
Sceneggiatura: Roberto Rossellini, Luciano Scaffa, Marcello Mariani
Musica: Mario Nascimbene
Costumi: Marcella De Marchis
Scenografia: Franco Velchi
Interpreti: Giuseppe Addobbati (Etienne Pascal)
Pierre Arditi (Blaise Pascal)
Claude Baks (Cartesio)
Christian De Sica (Intendente criminale)
Rita Forzano (Jacqueline Pascal)
Sceneggiatura: Roberto Rossellini, Luciano Scaffa, Marcello Mariani
Musica: Mario Nascimbene
Costumi: Marcella De Marchis
Scenografia: Franco Velchi
Interpreti: Giuseppe Addobbati (Etienne Pascal)
Pierre Arditi (Blaise Pascal)
Claude Baks (Cartesio)
Christian De Sica (Intendente criminale)
Rita Forzano (Jacqueline Pascal)
Blaise Pascal è un film per la
televisione del 1971, uno dei migliori tra quelli realizzati da Roberto
Rossellini nell’ambito del suo progetto ( iniziato anni prima con L’età del
ferro, docufilm del 1964) che guardava alla televisione come ad uno strumento
di comunicazione potenzialmente in grado di elevare la cultura dell’italiano
medio, attraverso opere divulgative come questa. E’ un film trascurato, che
potremmo definire crepuscolare, ma che è carico di significati e di spunti per
una riflessione sul cinema del maestro e sulla sua visione della vita. Pensato per essere trasmesso in due puntate tv di un’ora ciascuna, vede nella prima il
Pascal scienziato, nella seconda, con il filosofo sempre più malato e vicino alla
morte, il Pascal uomo di fede. Una scansione che ricalca in pieno lo spirito
della filosofia del pensatore francese sul filo di un tormentato equilibrio tra
ragione e fede, anticipatore di tanto esistenzialismo novecentesco.
Sul film,
che è la riproposizione delle vicende di vita del filosofo francese, a partire
dal suo arrivo a Rouen nel 1639 al seguito del padre nominato intendente del re
Luigi XIII, fino alla sua scomparsa avvenuta a Parigi nel 1662 (era nato nel
1623), aleggia un atmosfera di morte che sembra precorrere ed adombrare gli
ultimi anni di vita del regista. Il protagonista, malato e sofferente, si muove
lungo tutto il racconto con l’incedere malfermo di chi non può vivere a pieno
l’esistenza, corroso dal male fisico e morale (spesso, al riguardo delle
diagnosi espresse da pittoreschi dottori dell’epoca, si parla di umori melanconici). La sua fede
vacilla, chiede continue conferme, pone domande, la ragione si ostina in un
percorso di ripensamento dei limiti dell’uomo, di presa di coscienza della sua
inevitabile finitezza e non si può ignorare il parallelo con il percorso
politico del re Sole, al centro di uno dei capolavori di Rossellini, La presa del potere di Luigi XIV con la
sua finale ammissione di impotenza di fronte ai misteri della vita.
Come avverrà
in Cartesio due anni dopo, Rossellini
offre lo spunto didattico didascalico per conoscere uno dei grandi filosofi del
passato, nascondendo dietro l’intento educativo una visione del mondo molto
personale e problematica. Il Pascal scienziato è colui che sperimenta la
pressione atmosferica (confutando le tesi torricelliane), che inventa una rudimentale macchina per calcoli
matematici (antesignana delle moderne calcolatrici) e cerca di dimostrare l’esistenza
del vuoto come necessità anche metafisica (contravvenendo le teorie
aristoteliche e rischiando l’accusa di ateismo).
E in quale mondo, ancora pieno
di contraddizioni, si muova Pascal lo chiarisce la scena del processo della
strega, apparentemente una inutile appendice, che è però emblematico, nel
quadro che ci vuole offrire Rossellini, dell’idea di una permanenza di elementi
arcaici e medievali in una società che tramite uomini come Pascal e Cartesio,
sentiva la necessità di voltare pagina, rimettere in discussione le certezze
del passato ed offrire strumenti più moderni di decodificazione della realtà
(vedi l’acceso confronto con un non meglio identificato denigratore delle
ardite idee di Pascal). Una visione insomma complessiva di una realtà storica
che probabilmente era il riflesso di una realtà, quella italiana anni Settanta
in cui si muove Rossellini, fortemente
attraversata da spinte innovative e rivoluzionarie, ma ancora orientata
da altre forze più reazionarie e conservatrici.
Nel
ritratto che ci restituisce Rossellini, Pascal, al contrario di Socrate e
similmente a Cartesio, si offre come un personaggio solitario, vagamente
misantropo, lacerato da un desiderio interiore di comprendere il mondo
visceralmente, coinvolgendo l’istinto e la ragione. In Pascal sembra prevalere
l’istinto, la cosiddetta intuizione, che si lascia preferire alla ragione, strumento
inadeguato per sondare il mistero dei misteri, ovvero il trascendente,
l’infinito. Così, stretto nella morsa tra due infiniti (il sommamente grande e
il sommamente piccolo) l’uomo è destinato a rimanere in un limbo di
incompiutezza, ponendosi come traguardo la massima sapienza del non sapere,
l’ammissione socratica della propria ignoranza. Pascal, matematico e fisico dal
talento geniale trova nei suoi
studi di geometria e nelle sue sfide alla logica un momentaneo sollievo al male
di vivere, all’irrequietezza della sua anima che va cercando risposte più
profonde. La fede salda e coerente della sorella è un contraltare doveroso ai
suoi enigmi irrisolti e diventa un punto di riferimento irrinunciabile
all’approssimarsi della morte.
Nella scena chiave del film Blaise è di fronte
al fuoco, che invoca quasi con tono sacrale; egli, come Cristo
all’approssimarsi della Passione, richiama le forze dello Spirito a sostenerlo,
grida la sua rinnovata fede e con essa la fiducia nello stesso Redentore portatore
di gioia e consolatore di affanni. Rossellini si sofferma sulla sagoma
sofferente del filosofo con un bellissimo piano sequenza di quasi sei minuti.
Sembra raccogliersi insieme al suo personaggio, poco prima inquadrato con un
movimento di macchina avvolgente inginocchiato all’interno di una Chiesa e
silente, per cogliere il senso della sofferenza di una vita che ora si trova a
dover fare i conti con il mistero supremo. Rossellini si stringe ancor di più
su Pascal fino ad un soffocante primo piano per poi riallontanarsi e muovere la
mdp con un nuovo movimento avvolgente che per un attimo incastona il
protagonista tra due figure, due oggetti d’arredamento certo non casuali.
Pascal è al centro di un quadro come uomo dolente tra un crocifisso
particolarmente drammatico nella sua composizione anatomica, con un Cristo
stirato sulla croce ancor più sofferente di quanto l’iconografia cristologica
classica di solito raffiguri, ed un mondo, stilizzato, pura impalcatura
sferica, immagine della razionalità e delle finitezza umane.
Tra l’infinito e
il mondo sta l’uomo. I fogli che contengono quelle fondamentali parole che legge, Pascal li cuce nella tasca
di un vestito, quasi a volerli stringere a sé in maniera indissolubile.
Rossellini insiste sul personaggio che con fatica e lentezza cuce ciò che
risulterà essere una sorta di estrema voce della sua coscienza prima del
calvario finale, che si svolgerà sotto gli occhi della sorella e del fedele e
superstizioso servo. Pascal, sul letto di morte, inutilmente rassicurato da tre
medici ciarlatani (rappresentanti la scienza con le sue certezze) chiederà con
insistenza l’estrema unzione per chiudere serenamente un’esistenza travagliata
e sofferta.
C’è molto
di Rossellini in tutto questo, molto della sua travagliata esperienza
biografica, molto del suo percorso cinematografico con il suo continuo
oscillare tra la razionalità più rigorosa e scientifica (non a caso il
successivo film per la televisione sarà il Cartesio, trionfo del razionalismo e
della fiducia nel progresso che ha inizio proprio nel XVII secolo) e
l’intuizione che è ora nell’arte (Viaggio in Italia), ora nella bellezza
(Stromboli), ora nella fede (Francesco giullare di Dio, Europa 51, Paisà,
specie nell’episodio dei monaci).
Pascal ha
deciso di scommettere per la fede, perché è una scommessa che non lascia niente
da perdere e perché è forse l’unica risposta convincente che la nostra
razionalità può trovare alle sue molte domande irrisolte. Il testamento
notarile del filosofo viene lasciato in sottofondo, dissolto da altre voci
(quelle pedanti dei medici nella stanza accanto), ma quello più profondo è
chiaro e ribadito da quell’insistente richiesta di Viatico, che lo stesso prete
ha reticenza a impartire, che permette a Pascal di avvicinarsi con gioia alla
morte.
Pensieri e
riflessioni pascaliane estrapolati da sequenze chiave del film
Affermazione giansenista: "Noi
siamo nelle mani di Dio, che acceca gli uni illumina gli altri e soffia dove
vuole..."
Risposta di Pascal: "Come se la verità fosse un oggetto che si possiede e
non una cosa viva che si coltiva con la ragione e con il cuore. Io sono
diffidente di tutte le certezze dei dotti"
"Il vuoto esiste anche se ripugna la mente degli Scolastici"
"Platone e Aristotele erano brava gente, e, come gli uomini qualunque,
non erano pedanti ma ridevano con gli amici e quando hanno insegnato le loro
teorie lo hanno fatto divertendosi...la parte più filosofica della loro vita
era proprio nel loro vivere con semplicità e in tranquillità…"
In risposta a Cartesio (parlando con la sorella di fronte ad un pozzo,
momento emblematico della connessione tra ragione e fede): "Il vuoto è una
immagine dell'infinito (e io lo vado cercando) e il vuoto della natura è
corrispondente a quello dell'uomo... quando avrò messo a nudo il vuoto della
mia insensata limitatezza, della mia vanità...Dio che ho cercato con la ragione
e per questo non conosco...voi amate qualcuno con la sola ragione?... Dio
guarderà al posto che avrò lasciato dentro di me, un posto che non avrà la
dimensione finita e miserabile della mia ragione ma quella infinita del
vuoto...che Dio si mostri e io lo conoscerò...(non solo nei Vangeli vi è la
parola di Dio) ma la Natura ha in sè il segno di Dio e la carità non è carità
se non è illuminata dalla chiarezza della conoscenza e la sola conoscenza
necessaria è di riconoscere che esiste una infinità di cose che sovrastano la
ragione e questa è ben poca cosa se non si rende conto di ciò"
Discussione con un tradizionalista:
Di fronte alle nuove intuizioni scientifiche (l'affermazione del vuoto): "Rinnegare gli antichi? Io (Pascal) non li disprezzo li onoro. Gli antichi erano
uomini nuovi a tutto, l'infanzia dell'umanità... noi abbiamo aggiunto alle loro
conoscenze l'esperienza dei secoli che ci separano da loro...Fate uso della
ragione...gli antichi erano scusabili...noi saremmo imperdonabili se
rimanessimo su quelle posizioni adesso che con il telescopio abbiamo scoperto
una infinità di nuove stelle…bisogna far coraggio ai timidi che non osano
inventare nulla in fisica...l'incoerenza della nostra epoca la si vede da come
in teologia si trovino molte opinioni nuove e sconosciute accolte con
plauso...mentre le nuove opinioni in fisica sembrano invece essere convinte di
falsità solo perchè urtano di poco contro le opinioni tradizionali...la ragione
ci insegna il rispetto per gli antichi la ragione deve limitarlo"
Confronto con Cartesio:
Cartesio: "Come un uomo che cammina solo e nelle tenebre...perciò presi
la decisione di non prendere niente per vero che non risultasse evidente alla
mia ragione...più verità nei ragionamenti della gente comune che difende i
propri affari che negli studi degli uomini di lettere chiusi nel loro
mondo...appresi a correggere gli errori dei nostri sensi...scrivendo in
francese e non in latino per essere comprensibile ai più"
Pascal: "Io ho preso una strada diversa dalla vostra..."
"Cartesio, voi affermate di aver appreso a condurre con ordine i vostri
pensieri dai problemi più semplici ai complessi: Per edificare la vostra
costruzione occorrono fondamenta senza
alcun dubbio, fatta salva la vostra ragione, ma la ragione è un fondamento poco
sicuro e si trova costretta tra ciò che è infinitamente grande e ciò che è
infinitamente piccolo...delusa dall'incostanza delle apparenze e incerta dalla
consapevolezza dei propri limiti...è un sottile intuito che ci fa intendere che
ci sono diverse dimensioni nello spazio con il nostro cuore riusciamo a
condividere uniti alcune certezze...e alcune dimensioni che sono nello spazio
non sono misurabili con la ragione...l'universo infinito nel quale siamo sarà
sempre infinito e le nostre conoscenze saranno sempre finite...Il metodo ci può
dire la distanza che intercorre tra questo oggetto e un altro ma non la qualità
del percorso...lo spirito geometrico che sostiene il vostro metodo non è capace
di cogliere la diversità di tutto quello che ci circonda. Può forse distinguere
tutti i toni delle voci?...non dobbiamo partire dagli argomenti più complessi e
arrivare a quelli più semplici?...viviamo tra una infinità e un abisso di
quantità...pensieri che valgono più di qualsiasi geometria...per penetrare l'infinito
abbiamo bisogno di infiniti metodi e solo Dio può conoscerli"
Pascal frequenta i salotti mondani per cacciare gli umori malinconici:
"Ma gli svaghi mondani non mi attirano, dice
Pascal...non ne sono mai stato così disgustato...ho un grande desiderio di
abbandonare tutto e tutti...ma mi sento abbandonato da Dio...ma è la mia
ragione che mi guida ora piuttosto che un impulso che mi viene da Dio e sono
caduto nell'incertezza"..."voi aspettate grandi segni, dice la sorella, ma con
gli spiriti profondi Dio si serve di piccoli segni"
Il gioco dei dadi:
Obiezione di un giocatore: "I Cristiani professano una religione che non
possono spiegare con la ragione"
Pascal: "Ma ciò che affermano non manca di logica. Perché Dio è assolutamente
incomprensibile e capirlo con la ragione è una contraddizione in termini perché
la nostra ragione è limitata…Dio esiste o non esiste? La ragione non può
determinare un bel niente, è proprio come se si giocasse a testa e croce. La
ragione non vi impone di puntare sull'una o sull'altra cosa ma scommettere
bisogna, non è possibile farne a meno…per il fatto stesso che vivete...non
scegliere nulla equivale a credere che Dio non c'é...Quale risposta scegliete,
come in un gioco spinto alle ultime conseguenze dovete puntare, ma né per la ragione
né per il cuore è soddisfacente scommettere sulla fine di tutto, perché se
scommettete su ciò che è finito e limitato vincendo non vincete niente e
perdendo perdete tutto, se invece scommettete sull'infinito vincendo vincete
tutto, perdendo non perdete niente…Nel frattempo rischiamo di restare
nell'incertezza ma possiamo sperare ed invece di contare unicamente sulle
vostre forze e rischiare la disperazione voi sperate nel valore incarnato di
una esistenza che vi è superiore e se perdete avrete condotto una onorevole
lotta e sarete diventato un uomo onesto e giusto"
Si appressa la morte:
1654 lunedì 23 novembre: "Fuoco; Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e
non il Dio dei filosofi e dei sapienti; certezza, certezza, sentimento, gioia,
pace, Dio di Gesù Cristo Deum meum et deum vestrum, il tuo Dio sarà il
mio Dio; oblio del mondo e di tutto fuorché di Dio, non si trova che per le vie
insegnate nel Vangelo, grandezza dell'anima umana. Padre giusto, il mondo non
ti ha conosciuto ma io ti ho conosciuto, gioia, pianti di gioia, io me ne sono
separato De reliquerunt me fontem acque vivae; mio Dio mi abbandonerete? Che io
non sia mai separato da lui per l'eternità. Questa è la vita eterna che
riconosce te solo e vero Dio e colui che ti ha mandato, Gesù Cristo, Gesù Cristo, Gesù Cristo, io me ne sono
separato, l'ho fuggito, rinnegato, crocifisso; che non sia mai separato da Lui.
Non si conserva se non per le vie insegnate dal Vangelo, rinuncia totale e
dolce, sottomissione completa a Gesù Cristo e al mio direttore. La gioia in
eterno per un giorno di prova sulla Terra"
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